Ondacinema

recensione di Claudio Zito
6.5/10
I traumi delle madri ricadono sulle figlie. Fausta, nel Perù di oggi, è terrorizzata da ciò che ha vissuto la generazione precedente la sua. Dalla violenza diffusa nel Paese, dagli stupri ricorrenti. Per scampare a un analogo destino, mantiene la massima distanza possibile dagli uomini, vivendo con una patata inserita nella vagina. Un film furbetto e morboso? No, la storia di un travaglio esistenziale, di una giovane donna che vive con la morte nella sua vita (quella della madre, con cui mantiene idealmente una comunicazione anche successivamente al di lei decesso) e nella sua testa, mentre la comunità circostante continua a celebrare matrimoni. Una vicenda raccontata con il massimo riserbo, e con un approccio non convenzionale, fatto di allusioni, contrappunti, metafore, dove grande importanza è attribuita alle musiche (struggenti i brani in colonna sonora, variazioni sul tema principale comprese), mai ingombranti: al canto, utilizzato da Fausta come un veicolo per essere trasportata fuori dai suoi momenti più dolorosi, al ruolo simbolico assegnato agli strumenti musicali. L'indagine, inoltre, di ciò che del passato rimane nel presente: non tanto la memoria, quanto piuttosto le conseguenze sociali.

Claudia Llosa, alla sua opera seconda, gira con uno stile compassato, dominato dai silenzi, ideale per rendere al meglio il travaglio con cui Fausta convive. E riesce a far intravvedere molte delle caratteristiche tipiche della realtà del suo Paese e di tutto il subcontinente americano: differenze di classe che coincidono con quelle etniche, povertà e scarsa alfabetizzazione diffuse tanto quanto il parallelo sogno consumista, influenza della religione nella sua forma paganizzata, persistenza di superstizioni e di riti comunitari: tutti elementi che ostacolano notevolmente il percorso di uscita dalle proprie ossessioni timidamente intrapreso dalla protagonista.

Premiato con l'Orso d'oro all'ultimo festival di Berlino, "Il canto di Paloma" è film riuscito in parte, non del tutto. Cerebrale piuttosto che intellettuale, filosofico, complesso, a tratti visionario, sconta ad esempio un'eccessiva ricerca della bella inquadratura, che aggiunge, oltre che antinaturalismo alla messa in scena, una certa vischiosità alla narrazione. Un'opera insomma interessante, insolita, ma non proprio per tutti i gusti. La cui distribuzione demenziale impedisce comunque che troppi italiani riescano a vederla.

09/05/2009

Cast e credits

cast:
Magaly Solier, Susi Sánchez, Efraín Solís


regia:
Claudia Llosa


titolo originale:
La Teta Asustada


distribuzione:
Archibald


durata:
94'


produzione:
Oberón Cinematográfica S.A., Vela Producciones, Wanda Visión S.A.


sceneggiatura:
Claudia Llosa


fotografia:
Natasha Brier


scenografie:
Patricia Bueno, Susana Torres


montaggio:
Frank Gutiérrez


musiche:
Selma Mutal


Trama
Fausta, per evitare di essere stuprata come molte donne della generazione precedente alla sua, vive con una patata nella vagina. Quando sua madre muore, vuole darle una degna sepoltura. Ma i soldi di familgia sono stati tutti spesi per il matrimonio di sua cugina