America. Gesù. Libertà.
Capisaldi dell'impossibile. Specchietti per le pigre allodole elettorali. "
Candidato a
sorpresa", nuova commedia
di Jay Roach (in curriculum
primi due Austin Powers,
ma anche il biopic
televisivo "Game Changer"
su Sarah Palin), affronta
di petto l'attualissima discesa nell'abisso del Potere. In scena, la paradossale e sanguinosa campagna elettorale dei due contendenti a una poltrona del Congresso: il detentore del titolo, il democratico Camden Brady (Will Ferrell); dall'altra parte l'effemminato e improbabile Martin Huggins (Zach
Galifianakis), piazzato alla testa dello schieramento repubblicano dai fratelli industriali Motch, intenzionati a fare carte false per vendere fette di suolo americano a spietati imprenditori cinesi.
Roach cala l'asso del cinismo: nessun buono o cattivo, nessun personaggio per cui tifare. Solo un vago ideale morale che emerge e su cui va a tirare (provvisoriamente) le fila il discorso narrativo, dopo aver fatto strage della politica (americana?). In realtà, niente di nuovo sotto il Sole: modalità e linguaggio del massacro mediatico ormai ci sono familiari, se non per esperienza diretta, quantomeno per eco delle pittoresche boutades dei pretendenti al trono degli Stati Uniti. Per cui anche la critica mossa con questo film tocca un po' tutti i punti della questione - religione, ossessione del socialismo, politically correctness verso bimbi e animali, scrutinio pigro e superficiale della vita dei candidati - senza dire molto di nuovo. La scelta intelligente e al contempo obbligata di "Candidato a sorpresa" - parliamo comunque di una sboccaciata comedy sempre di scuola Frat Pack - è quella della caratura per lo più surreal-sessuale del suo linguaggio umoristico. Facile ricondurlo ai nostrani Bunga-Bunga e alle stagiste d'oltreoceano, ma si intravvede l'identificazione ancora stretta tra Potere e virilità, campo indiscutibilmente dominato dalla parodizzazione "animala" di Will Ferrell, che recupera in chiave politica il suo classicissimo Ron "Anchorman" Burgundy. Effetti collaterali, come ogni campagna elettorale che si rispetti, solo tra i compagni di vita dei protagonisti, la cui moralità è ispezionata ancor più morbosamente dei legittimi scrutinati: già classica la sequenza in cui i bambini di Huggins/Galifianakis confessano al padre i propri sordidi peccatucci, un climax di rara efficacia comica.
La macchina da presa sicura e ben patinata di Roach premia l'elettricità tra i due attorissimi Will Ferrell e Zach Galifianakis, un team-up/clash of the titans attesissimo tra i cultori del genere, ma non si concede molto spazio per detonarne il pieno potenziale comico. La già citata e deliziosissima sboccatezza allontana il film dal suo vero potenziale satirico che, in realtà, si smette ben presto di inseguire, lasciato a parodie più taglienti - Sacha Baron Cohen docet. Superate le risate e l'illusorio happy ending, "Candidato a sorpresa" descrive con malcelata rassegnazione un'America (ma non solo) incattivita e scarica, votata alla fede del meno peggio e dell'indignazione a comando. Finchè ci resta ancora credulità da demolire, niente ha regole e tutti sono interscambiabli. Grazie al cielo, riderne ha ancora senso, per ora.
25/09/2012