Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
5.5/10

Tra le ragazze di "Friends", Jennifer Aniston è quella che meglio è riuscita a trovare successo al cinema, a differenza di Lisa Kudrow e Courtney Cox che, per quanto corteggiate a loro volta dal grande schermo, sono rimaste sostanzialmente personaggi televisivi. In effetti all'eterna Rachel Green la felice transizione è riuscita agrazie ad una serie di titoli molto fortunati al botteghino, fra cui "Io e Marley" e "Come ammazzare il capo". Anche l'interessamento mediatico alla sua vita privata ha contribuito in maniera determinante a renderla un volto caro al grande pubblico, tanto che anche il recente film francese "Sarà il mio tipo?" di Lucas Belvaux, racconta di una ragazza che non perde né un film né una notizia sulla ex signora Pitt. Come spesso succede con interpreti il cui successo è legato al genere brillante, la Aniston ha deciso ora di presentarsi al suo pubblico con un titolo ed un ruolo decisamente drammatici, di quelli che permettono ad una attrice di ottenere diverse soddisfazioni durante la stagione dei premi. In realtà non si tratta della prima volta per lei, visto che già negli anni del popolarissimo telefilm la si era vista in produzioni non comiche come l'indipendente "The Good Girl" di Miguel Arteta e la pellicola a tematica lgbt "L'oggetto del mio desiderio" di Nicholas Hyntner.

Grazie al personaggio di una donna, ferita nel volto e nell'animo, che si deve riprendere da un grave incidente che ha comportato anche un lutto tremendo, la vincitrice di Emmy si è aggiudicata la candidatura ai golden globes e in altre manifestazioni importanti, anche se però è mancata la più prestigiosa, quella agli Oscar, nonostante l'Academy non di rado si dimostri interessata a questo genere di performances. Diretto da Daniel Barnz, che si guadagnò la stima di molti con la sua opera prima "Phoebe in Wonderland", passata al Sundance, ma non coi successivi "Beastly" e "Won't back down", "Cake" ci racconta di come Jennifer/Claire debba convivere con il dolore cronico e il conseguente mal di vivere. Ci riesce in parte con l'aiuto di pillole cui ricorre fin troppo, e affrontando il quotidiano con sarcasmo e schiettezza davvero notevoli, che rendono però difficile avere a che fare con lei, come sanno bene la fisioterapista Mamie Gummer, la responsabile del gruppo di auto-aiuto Felicity Huffman e l'ex marito (probabilmente ancora affezionato a lei) Chris Messina. L'unica che sembra saperla prendere è la sua domestica messicana Silvana (la bravissima Adriana Barraza), che le è sempre vicina e non si tira indietro neanche quando si tratta di accompagnarla a fare rifornimento dei così indispensabili antidolorifici in Messico o trascorrere la serata guardando "Follie di jazz" in un drive-in ormai prossimo alla chiusura (ritorna spesso la fine della visione in sala come tema nel cinema americano recente). Sin dall'inizio del film la protagonista dimostra una certa curiosità verso Nina, una giovane madre che frequentava il suo stesso gruppo di sostegno e che si è tolta la vita. Claire non solo vuole conoscere il luogo e le dinamiche della sua morte ma con una scusa si spinge a incontrare anche il marito e il figlio della donna. Infatti l'amicizia con Roy (l'australiano Sam Worthington, stavolta in un ruolo non action), aiuterà Claire a tirarsi su, così come saranno inaspettatamente d'aiuto le apparizioni in sogno di Nina (Anna Kendrick), personaggio al quale tra l'altro è legata la spiegazione del titolo. Dimenticare il passato forse non è possibile ma continuare a vivere sì, e magari si potrà anche ricominciare ad andare in macchina seduti normalmente (vedere per credere).

La sceneggiatura di Patrick Tobin era apparsa nel 2013 nella "Black list", l'elenco degli script che non sono riusciti ancora ad essere realizzati, pur se considerati interessanti. Barnz se ne dimostra regista competente sia per come riprende la Los Angeles periferica sia per come guida gli attori (c'è anche William H. Macy in una sequenza particolarmente forte). Peccato che il risultato finale sia abbastanza prevedibile e convenzionale, quindi non troppo dissimile da tante produzioni televisive che vanno in onda su Lifetime, anche se è vero che questa considerazione potrebbe essere estesa a molti film che ottengono fortuna durante la stagione dei premi.

La Aniston, ligia alle regole del ruolo deglam, appare per tutto il film struccata, con qualche chilo in più e col volto e il corpo ricoperti di cicatrici ma alla fine regala comunque alla sua Claire quella simpatica ruvidezza che i fans ben conoscono. Sarebbe bene che l'attrice continuasse a mettere alla prova anche le sue doti drammatiche (malgrado gli incassi di "Cake" non siano stati paragonabili a quelli dei suoi titoli più leggeri) ma la prossima volta speriamo che scelga una storia meno risaputa e un regista un po' più ispirato. Magari potrebbe col tempo arrivare l'ambita nomination sfuggitale quest'anno.


11/05/2015

Cast e credits

cast:
Sam Worthington, Anna Kendrick, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina, Lucy Punch, Britt Robertson, Adriana Barazza, Jennifer Aniston


regia:
Daniel Barnz


distribuzione:
Warner Bros.


durata:
102'


produzione:
After Dark Films


sceneggiatura:
Patrick Tobin


fotografia:
Rachel Morrison


scenografie:
Joseph T. Garrity


montaggio:
Kristina Boden, Michelle Harrison


costumi:
Karyn Wagner


musiche:
Christophe Beck


Trama
Claire, la cui vita è stata devastata da un terribile lutto, si interessa al caso di una donna che frequentava il suo stesso gruppo di supporto e che si è suicidata
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