Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
9.0/10

burning lee chang-dong

Tutti vogliamo che ci raccontino delle storie, e le ascoltiamo come facevamo da bambini. Dentro le parole immaginiamo la vera vicenda, e a tal fine ci sostituiamo ai personaggi fingendoci capaci di comprenderli perché comprendiamo noi stessi. È una mistificazione. Noi esistiamo per noi stessi, forse, e talora cogliamo anche un barlume della nostra identità, ma alla fine non siamo mai sicuri, e col passare delle nostre vite diventiamo sempre più opachi al nostro sguardo, più consci della nostra disorganicità. Nessuno può sconfinare in un altro – per il semplice motivo che nessuno può accedere a se stesso.
Trilogia di New York
di Paul Auster

La rabbia giovane

"Burning - L'amore brucia" giunge finalmente nelle sale italiane grazie alla meritoria Tucker Film, dopo essere stato uno dei beniamini della critica al Festival di Cannes del 2018, dal cui palmarès era però uscito a mani vuote. Il regista sud-coreano Lee Chang-dong torna a otto anni da "Poetry" con un film tratto da un racconto breve di Haruki Murakami, "Granai incendiati", riuscendo nel miracolo di essere fedele allo spirito della scrittura dell'autore nipponico  pur riambientando la storia nella Seul contemporanea, ed estrapolando da quelle poche pagine una pellicola di quasi due ore e mezza. Lo scrittore senza nome, alter ego murakamiano, diventa un giovane di umili origini che, dopo la leva militare e la laurea, fa il fattorino in città, benché si stia preparando per tornare nella fattoria paterna nell'area rurale di Paju dove vorrebbe scrivere il suo primo romanzo. Questo cambiamento anagrafico è centrale nello sviluppo del film e permette di comprendere perché in ogni intervista il regista ci tenga a sottolineare come "Burning - L'amore brucia" parli dei giovani di questa generazione.

All'inizio del film c'è un long take che segue Jong-su sul marciapiede per poi fermarsi sulla figura di Hae-mi (ragazza immagine per i negozi) che fissa il ragazzo, ma il suo sguardo non viene ricambiato: è un segno che definisce lo stile adottato da Lee, con la macchina da presa mobile che segue i personaggi per poi spiazzarli, decentrarli, così come gli spettatori sono continuamente depistati rispetto all'effettiva direzione dell'opera. Lee affronta questo film utilizzando in apparenza l'apparato formale del cinema realista contemporaneo; osservando la realtà e sviluppandovi al suo interno i personaggi, dimostra però come le coordinate per mezzo delle quali ci orientiamo si facciano gradualmente impalpabili: in modo non dissimile dall'Olivier Assayas di "Personal Shopper", il regista coreano forgia un realismo fantasmatico.  
Il continuo spaesamento di Jong-su è la sua peculiarità caratteriale, quella di non sentirsi mai a proprio posto, in perenne imbarazzo nei suoi panni, riscontrabile sia dall'espressione spesso perplessa, sia dalle movenze goffe. Hae-mi e Jong-su hanno un fulmineo flirt, conclusosi perché la ragazza è in partenza per un viaggio in Kenya; prima di tornare dall'Africa, telefona all'amico per chiedergli di venirla a prendere all'aeroporto. L'entusiasmo di Jong-su si spegne immediatamente quando scopre che Hae-mi è in compagnia di un giovane qualche anno più grande di loro, Ben. Casual chic, sicurò di sé, Ben emana quel tipo di serenità e di bonomia di chi è nato ricco e non ha mai dovuto faticare per guadagnarsi da vivere. Il protagonista, vista l'enigmaticità della carriera di Ben, lo definirà un "grande Gatsby coreano" ed è interessante notare come in "Burning" Lee Chang-dong faccia emergere alcune ossessioni letterarie di Murakami, chiare per chi conosce la sua produzione, ma oscure se si tiene conto soltanto della short story da cui è tratto il film. Assistiamo infatti alla riscrittura di alcuni motivi del "Grande Gatsby" e, insieme, di "Barn Burning", un racconto di William Faulkner (omaggiato dal titolo da Murakami). Come nel racconto di Faulkner un figlio doveva fare i conti con l'eredità di piromane del padre, così Jong-su eredita dal proprio genitore la fattoria ormai in disarmo, dopo che egli è stato arrestato per aver aggredito un pubblico ufficiale: in questo senso, la vera eredità paterna è la rabbia che attanaglia il suo cuore. "Burning" è imbevuto di un concetto culturale tipicamente coreano, quello di Han: difficilmente traducibile, Han sottintende un'intensa emozione generata dalla memoria collettiva della secolare storia di invasioni e occupazioni straniere della Corea; la risposta a questo senso di vittimismo può essere quindi sia la tristezza, sia la rabbia. Per mezzo di Jong-su e della sua inesplosa competizione con Ben, possiamo notare come le fragili strategie di resilienza alle difficoltà della vita del protagonista si trasformino in rancore. Infatti, al contrario del Nick Carraway del capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, Jong-su non è un testimone che empatizza col suo Gatsby ma è direttamente coinvolto nella vicenda: è un figlio del proletariato che arranca nella vita di tutti i giorni, precario economicamente e senza un barlume di felicità sentimentale mentre lo yuppie Ben guida una Porche, vive in un spazioso appartamento a Gangnam (il quartiere più lussuoso di Seul) e gli ruba pure la ragazza di cui è innamorato.

Il mondo è un enigma

Lee Chang-dong ha dichiarato che il fascino del racconto di Murakami consisteva nella creazione di un mistero, rimanendo ambiguo fino alla fine. Egli ha deciso di dilatare e moltiplicare quel mistero su più livelli, ponendo diverse questioni su più temi senza sentire la necessità di sciogliere la complessità, che rispecchia quella del mondo in cui viviamo. Non è un caso dunque che in "Burning" ci siano tracce e indizi di oggetti e storie della cui esistenza non possiamo dirci certi: è la metafora della pantomima, spiegata all'inizio da Hae-mi quando asserisce che per essere bravi in quell'arte bisogna concentrarsi e visualizzare davvero la cosa che si sta mimando. Come nel finale di "Blow up" di Antonioni, dove una partita a tennis veniva mimata, anche "Burning" è un film in cui il mystery viene continuamente decentrato e moltiplicato fino a smaterializzarsi. Hae-mi è senza dubbio un portato sano di misteri, al contempo profondamente alla ricerca di un senso più grande della vita e ingenua davanti all'attitudine distaccata e a-sentimentale di Ben. Hae-mi, prima di partire per il Kenya, fa l'amore con Jong-su e gli lascia il compito di sfamare il gatto del minuscolo monolocale che ha in affitto. Il gatto non si vede né si sente, ma vi sono tracce escrementizie che confondono ancora di più Jong-su, il quale pensa a uno scherzo della ragazza. L'esistenza invisibile del gatto è un'invenzione di Lee che ricorda la sparizione del micio di Marlowe ne "Il lungo addio", ma è cristallina metafora della solitudine della ragazza, che sembra inventare aneddoti che la leghino al protagonista.

Più volte nel corso del film viene chiesto a Jong-su cosa stia scrivendo e lui risponde in modo vago, affermando di non saperlo ancora. In un accesso di sincerità confessa a Ben, che lo incalza al riguardo, che per lui "il mondo è un enigma", quasi a voler significare che senza una reale comprensione della realtà circostante sia per lui difficile portare a termine il romanzo. La scrittura consente di utilizzare strumenti epistemologici per processare il mondo esteriore e interiore restituendolo secondo un ordine o una logica diversa: forse Ben, Hae-mi e la relazione con loro sono il vero oggetto del suo primo romanzo. La scintilla scocca quando Ben celia della sua passione piromane per le serre abbandonate, a cui dà fuoco con cadenza bimestrale (e che ne brucerà presto una nelle vicinanze). Per Jong-su questa rivelazione diventa l'inizio di un'ossessione corrosiva: sul suo furgoncino gira per i campi circostanti segnandosi su una mappa la posizione delle serre vicine, ogni mattina va a correre per controllarle. Ovviamente, Jong-su non trova alcuna traccia di una serra arsa. Jong-su si identifica nella storia così tanto da sognare, la notte stessa, lui bambino mentre assiste al rogo di una serra, mescolando un suo ricordo d'infanzia (il rogo dei vestiti di sua madre, dopo che aveva abbandonato la famiglia) al segreto di Ben. Allo stesso tempo, non riesce più a rimettersi in contatto con Hae-mi. L'ultima immagine che abbiamo di lei è quando, sulle note di Miles Davis (la colonna sonora per "Ascensore per il patibolo" di Louis Malle), danza ondeggiando le braccia rivolte al cielo blu scuro: questo long take sensuale e mesmerico, ambientato al tramonto e al confine tra le due Coree, cambia direzione a "Burning" che entra in una dimensione diversa, costruita per sequenze in cui la catatonia del personaggio lascia spazio a una inedita frenesia. Jong-su indaga sul passato di Hae-mi, incontra la madre, la sorella e le ex colleghe di lavoro, poi pedina Ben, appostandosi sotto il suo appartamento e seguendolo ovunque col suo pick-up, posseduto dalla ferrea e ottusa volontà di scoprire la verità. Le domande che si pone Jong-su sono però senza risposta oggettiva e agisce solo in base alla sua interpretazione degli accadimenti.

Nei tre romanzi che compongono la "Trilogia di New York", Paul Auster utilizza un protagonista che deve indagare su un’altra persona: si tratta di scrittori che si improvvisano detective o di detective che passano il tempo a sorvegliare dalla finestra il dirimpettaio, redigendo accurati verbali. Più penetrano nella vita dell'altro, più perdono il contatto con la realtà disintegrando la propria identità. È quello che, in fondo, accade a Jong-su che riesce a trovare se stesso annullandosi, abitando luoghi altrui, aderendo all'Altro da sé. Per comprendere il processo artistico e intellettuale di Lee bastano due scene raccordate con geniale ambiguità: l'inquadratura mostra Jong-su scrivere di spalle nell'appartamentino di Hae-mi, con uno stacco siamo fuori dalla finestra e un dolly mostra in decadrage l'angolino di mondo occupato da Jong-su nel quadro urbano di Seul. Con un altro stacco siamo nel bagno dell'appartamento di Ben, dove lo vediamo allo specchio: per la prima volta l'enunciazione narrativa non è filtrata dal punto di vista di Jong-su, smarrendo la garanzia dell'autenticità di ciò che viene messo in scena. Che si tratti della scrittura o della riscrittura della realtà il mistero rimane intangibile.   


19/09/2019

Cast e credits

cast:
Yoo Ah-in, Steven Yeun, Jeon Jong-seo, Lee Joong-ok, Ok Ja-yeon


regia:
Lee Chang-dong


titolo originale:
Beoning


distribuzione:
Tucker Film


durata:
148'


produzione:
Pinehouse Film; Now Film; NHK


sceneggiatura:
Lee Chang-dong; Oh Jung-mi


fotografia:
Hong Kyeong-pyo


scenografie:
Shin Jum-hee


montaggio:
Kim Hyeon; Kim Da-won


musiche:
Mowg


Trama
Jong-su è un giovane neolaureato che svolge lavori saltuari mentre coltiva il sogno di diventare scrittore. Un giorno incontra Hae-mi, sua coetanea, che abitava nel suo stesso villaggio quando entrambi erano bambini e i due escono insieme qualche volta. Hae-mi è in procinto di partire per un viaggio in Africa e chiede a Jong-su di prendersi cura del suo gatto mentre lei sarà via; prima della partenza, i due fanno l'amore. Al ritorno di Hae-mi, in aeroporto Jong-su fa la conoscenza del suo nuovo amico Ben, ragazzo affascinante, indubbiamente benestante, ma che non rivela molto di sé. Jong-su, che avverte la competizione per Hae-mi, accenna a farsi da parte e tuttavia i tre escono saltuariamente insieme...