Johnnie To, maestro di Hong Kong, che in Italia non ha trovato ancora il riconoscimento che merita, tocca, con "Breaking News", le quaranta opere, firmando l'ennesima perla della sua vasta filmografia.
L'idea centrale è semplice e diretta e, soprattutto, evidente, nel mondo delle guerre mediatiche: "Breaking News" è un film sulle possibilità di regia e sulla regia degli eventi, e di come essi possano essere diretti dall'alto.
Si parte con un piano-sequenza di quasi sette minuti: un micro-film autoconclusivo in cui succede di tutto, sia per azione (sparatoria infinita e relativa fuga) che per i fluidi movimenti del dolly.
Il resto del film si svolge in un condominio, dove i rapinatori si nascondono in un appartamento, prendendo in ostaggio una famiglia composta da padre e due bambini.
Alla polizia non resterà altro che tentare l'assalto al forte.
"Breaking News", visivamente così esuberante, scricchiola a causa dello schematismo dell'intreccio.
L'autore spazia fra azione pura e western metropolitano,
j'accuse anti-mediatico e strizzatina d'occhio, nel finale, al melò. Nel magma di generi, la storia risulta fiaccata, e i personaggi eccessivamente "tipizzati". Non mancano gli stilemi cari a To: lo scontro fra due fazioni, la lealtà nel gruppo, l'immagine dei protagonisti che, come pistoleri, sparano immobili, guardando in faccia l'avversario, lasciando alla macchina da presa il compito di disegnare traiettorie che rasentano l'astrazione, tracciate intorno alla loro sublime fissità.
Come detto in precedenza, "Breaking News" ha al suo centro la regia degli eventi, la manipolazione della verità filtrata dall'occhio della videocamera e che questa sia la cinepresa del "
deus-To", la telecamera degli agenti, la webcam per mezzo della quale comunicano Yuan e Rebecca , poco importa.
E quello che impressiona davvero è, infatti, la regia di To. La sua padronanza del mezzo tecnico porta a picchi di puro godimento visivo. Mascherato da film-a-tesi, il lavoro di To è, invece, un vero e proprio
divertissement in cui la più grande preoccupazione è la costruzione e il cesellamento della singola scena e la sua virtuosistica direzione. Cinema di forma e forme di cinema: in scena si susseguono carrelli, dolly, steady-cam, grandangoli, split-screen. Sempre fresco, mai pesante, (quasi) mai fine a se stesso, le sue opere sono manuali di stile da far impallidire anche i più conclamati registi internazionali.
To gioca col Cinema e il Cinema ringrazia.
09/12/2008