“I fink U freeky
And I like it a lot”
Die Antwoord
Tina è una guardia di confine dall'aspetto sgradevole e dalla vita incasinata. Abituata a fermare i sospetti in base al loro odore, un giorno si trova ad affrontare il sorriso deforme e ammaliante di Vore, che le somiglia in più di un aspetto bizzarro del fisico e del comportamento. Il motivo è che sono entrambi troll.
“Border” usa il folklore scandinavo per gettare sale sulla ferita delle politiche adottate per decenni dai governi scandinavi contro la popolazione Sami (i “lapponi”) che includevano sterilizzazione, trasferimento dei bambini etc. Politiche che non distano molto da quelle applicate in altri paesi europei contro le popolazioni Rom e Sinti o nelle americhe contro le popolazioni native (nel caso del Perù di Fujimori fino a pochi anni fa). Probabilmente non è un caso che questa vicenda sia messa in scena da un regista che si è trasferito in scandinavia solo a 20 anni dopo essere nato e cresciuto in Iran. Giustamente però Ali Abbas ha dichiarato “se avessi voluto fare un film sui Sami, sulla migrazione o sull’identità di genere, l’avrei fatto molto più esplicito”.
La potenza di “Border” è proprio quello di saper costruire a partire da questo nucleo forte una storia stratificata e affascinante. Tina è convinta di non poter fare sesso, non solo perché non è desiderata, ma proprio per un difetto fisico. La relazione con Vore la porterà a scoprire la sessualità non-convenzionale dei troll, a metà tra fiaba e body-horror, filmata senza nessun timore grafico o mentale. Questo aspetto è innegabilmente uno dei colpi migliori allo spettatore, anche perché alla liberazione estatica e alla fusione della natura che prevedibilmente ne conseguono si associano anche aspetti più oscuri, che uniscono il lato orrorifico delle fiabe agli orrori quotidiani dentro alle case più o meno specchiate degli umani.
In modo funzionale allo sviluppo della storia, lo sguardo di Abbas si sofferma su un altro aspetto della civiltà scandinava impressionante per chi non vi è nato, cioè la comunione intensa con la natura, difficile da assimilare per chi proviene da paesi che una storia più lunga e una maggiore densità abitativa hanno portato a una maggiore antropizzazione. Persino in Svezia, che in confronto a Norvegia e Finlandia è tecnologica e asettica come una sala di attesa dell’aeroporto di Francoforte, la vista di un animale selvatico come un cervo una volpe una renna non è un evento eccezionale. E come insegna l’indimenticabile “Lo zio Boonme che si ricorda le vite precedenti”, a un confine sfumato tra società e natura si associano confini sfumati tra vita e morte, reale e irreale. Anche il finale di “Border” è molto interessante per il suo essere allo stesso tempo netto e sospeso, tanto dal punto di vista narrativo quanto da quello morale. Di più non si può anticipare, in un film che si fa apprezzare anche per le svolte radicali nella seconda parte della trama – la prima parte, per quanto concesso dal tema, è più convenzionale, ed è l’unico difetto del film.
Lynchianamente, l’editing del sonoro fa il suo lavoro invisibile e cruciale nel definire non solo l’atmosfera ma anche i personaggi. Quando i suoni sono percepiti nella soggettiva di Tina il rapporto tra segnale e rumore è alterato, ogni fruscio è amplificato oltre misura e basta che si accenda una macchina del caffè per rendere incomprensibile una conversazione. L’insistenza su primissimi piani e dettagli mossi fornisce il corrispondente visivo della sensorialità super-sviluppata di Tina, consentendo all’audiovisivo di sopperire all’impossibilità di trasmetterci direttamente le sue sensazioni olfattive. Doveroso notare come per sostenere i continui primissimi piani il lavoro di makeup sia incredibile, al punto da far ottenere al film una candidatura all’Oscar (anche se si sarebbe meritato quella come miglior film straniero). Più in generale il comparto effetti speciali offre una interessante versione contemporanea dello stile di Cronenberg. Sotto pesanti strati di trucco e appesantiti per la parte, Eva Milander e Eero Milonoff danno una lezione di recitazione interpretando personaggi complessi con i movimenti della testa, con l’uso della bocca, con movimenti incerti o sregolati.
Complici un susseguirsi rapido degli eventi e una breve durata il film è avvincente – è chiaramente un film per adulti, ma in un’epoca di infantilizzazione di massa anche questo è un complimento.
cast:
Eero Milonoff, Eva Milander
regia:
Ali Abbasi
titolo originale:
Gräns
durata:
108'
produzione:
META film
sceneggiatura:
John Ajvide Lindqvist
fotografia:
Nadim Carlsen
montaggio:
Olivia Neergaard-Holm
musiche:
Christoffer Berg
Tina è una guardia di confine dall'aspetto sgradevole e dalla vita incasinata. Abituata a fermare i sospetti in base al loro odore, un giorno si trova ad affrontare il sorriso deforme e ammaliante di Vore, che le somiglia in più di un aspetto bizzarro del fisico e del comportamento. Il motivo è che sono entrambi troll.