Zurigo. La quindicenne Mia è costretta a cambiare scuola a causa del nuovo lavoro del padre; cerca di integrarsi, stringe amicizia con Gianna e le sue amiche, un gruppo di ragazze dedite a piccoli furti, all’alcool e alle prime, soffici esperienze con la droga. Eppure, Mia deve affrontare una trasformazione più radicale con l’arrivo del ciclo mestruale, accompagnato da alcuni cambiamenti fisici decisamente inaspettati: le dita dei piedi che cominciano a unirsi, una fame letteralmente mostruosa, l’impossibilità di dormire nel proprio letto; fenomeni che sconvolgono la giovanissima, perché sembrano non aver nulla a che fare con l’età dell’adolescenza, ma con qualcosa che viene da molto più lontano.
Visto nel 2017 nei festival di mezzo mondo, “Blue My Mind” esce ora anche in Italia e si rivela un esordio interessante, ponendosi come un coming of age di forte impatto, affilato nel suo approccio, originale nella trama che continuamente sfocia in un soft horror intrigante e malsano quanto basta. La regia è la bella sorpresa di questo film, perché colpisce sin delle inquadrature iniziali: una bambina a piedi nudi sugli scogli, il mare in tempesta che si agita incontrollabile, l’infante che sfida ingenuamente le acque. Poi lo stacco: dieci anni dopo, il frastuono delle onde e quel paesaggio oscenamente naturale e libero che si trasforma nel rumore assordante di un cantiere, i palazzi di Zurigo che opprimono la città, e un’adolescente, Mia, ingabbiata in un mondo non suo.
Lisa Brühlmann ha cominciato la sua carriera come attrice televisiva e cinematografica, prima di passare dietro la macchina da presa. È nata a Zurigo e si vede: la più importante città svizzera è tratteggiata con un piglio sicuro; i colori freddi, insensibili, a metà strada tra il grigio del cemento e quello del cielo, le facce scure e razionali degli adulti contrastano un’estate che avanza e brucia, abitata dai veri protagonisti della metropoli, gli adolescenti che riempiono le aule scolastiche, i centri commerciali e le feste negli appartamenti con la furia delle loro età.
Autrice anche della sceneggiatura, la Brühlmann costruisce un romanzo di formazione in maniera volutamente ingenua, perché in fin dei conti non abbiamo di fronte solo una favola nera, ma una metafora parossistica dell’adolescenza, di colore blu come il titolo: la ricerca giovanile della trasgressione, il sesso che bussa continuamente alla porta, com’è tipico a quest’età, insieme alla stravagante tinta violacea delle gambe di Mia. La sua bellezza, nell’interpretazione radicale e convincente della giovanissima Luna Wedler, non si sottrae all’attrazione dei maschi che la circondano, ragazzi e adulti; anzi, la studentessa li cerca con famelica, impellente voracità. Eppure, diversamente dagli altri, Mia cerca l’intorpidimento più che il piacere o lo sballo; adora scivolare nell’incoscienza, perché quel mare, l’acqua a cui è stata allontanata da bambina tornerà in sogno, quando il sipario è calato, a occhi chiusi. È l’altro mondo al quale la ragazza intuisce di appartenere, e dove dovrà finalmente tornare a vivere, a respirare, a nuotare, senza avere più paura.
cast:
Luna Wedler, Zoë Pastelle Holthuizen, Regula Grauwiller
regia:
Lisa Brühlmann
titolo originale:
Blue My Mind
distribuzione:
Wanted
durata:
97'
produzione:
Filippo Bonacci, Stefan Jäger, Katrin Renz
sceneggiatura:
Lisa Brühlmann
fotografia:
Gabriel Lobos
scenografie:
Marlen Grassinger
montaggio:
Noëmi Preiswerk
costumi:
Laura Locher
musiche:
Thomas Kuratli