"Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva". Nel 1995 lo scrittore premio Nobel Josè Saramago introduceva con queste parole il suo nono romanzo, "Cecità", capolavoro imprescindibile sulla condizione umana e promotore grazie al quale riuscirà ad ottenere la massima onorificenza svedese, arrivata solamente tre anni dopo la pubblicazione dell'opera.
Vedere. Guardare. Osservare. Un semplicissimo climax capace di denunciare la sfuggente potenzialità dell'esistenza umana attraverso il senso più considerevole in nostro possesso: la vista.
Vedere non significa guardare. Guardare non significa osservare. Non siamo dinnanzi ad un semplice sillogismo ma ad un problema di vitale importanza che, se non combattuto al più presto, rischia di farci scomparire progressivamente dalla faccia della terra. O forse quello di Saramago è un semplice e triste messaggio disfattista, un veleno dall'antidoto inesistente. "La letteratura non consola". Lo sostiene proprio il poeta portoghese.
Tredici anni. Perché sono passati così tanti anni prima di decidere finalmente di trasfigurare le parole di Saramago sullo schermo? Perché il coefficiente di difficoltà per eseguire questo tuffo è altissimo e l'esito non può che risultare troppo rischioso. È quasi impossibile infatti, riuscire a tradurre in cinema il linguaggio dello scrittore, forse il più grande contemporaneo ancora in vita. La durezza della denuncia, la retorica delle sue espressioni, la capacità di rendere tutto semplice, comodo, a portata di mano anche quando il tema in questione è di una gravità tale che occorrerebbe di cadere inevitabilmente nel particolare.
Ma nel 2008 qualcuno è finalmente riuscito a salire sulla pedana del trampolino: il suo nome è Fernando Meirelles, regista brasiliano al suo terzo lungometraggio dopo l'affresco votato alla sopravvivenza di "City of God" (2002) e lo spirito no global di "Constant Gardener" (2005).
Non vi aspettate che "Blindness" trasudi la stessa meravigliosa melanconia del libro. Ne emerge piuttosto una fedelissima trasposizione (Saramago ha lottato in pre-produzione affinché non venissero attribuiti nomi propri ai personaggi degli attori e affinché non venisse modificato nient'altro del suo scritto), arricchita da una bellissima fotografia intrisa di un bianco candido (ad opera di César Charlone) e da un montaggio originale anche se a volte un po' troppo banale (le sovrapposizioni che accelerano lo sviluppo narrativo della vicenda risultano mediocri e superficiali).
Don McKellar, sceneggiatore e parte integrante del cast (interpreta il ladro), è riuscito sufficientemente a ricreare la caotica atmosfera iniziale e le luride ambientazioni che caratterizzano l'ex manicomio e le strade. Tuttavia lo sviluppo delle immagini è nettamente meno attinto di pathos e crudezza che non nelle pagine del romanzo. E non poteva essere altrimenti. Non ci si aspettava certo che l'allievo superasse addirittura il maestro.
Una delle caratteristiche del film (e del libro) è inoltre la coralità dei personaggi. Nonostante la moglie del dottore rappresenti l'unica vita umana esente dal morbo della cecità (un chiaro messaggio di speranza), non vi sono protagonisti principali. L'intera peripezia ruota tutta attorno all' "uomo" in senso stretto. È lui il vero protagonista, il responsabile di una politica che involve fino a ritornare all'istinto animale darwiniano, il responsabile di una cecità di fondo che caratterizza la sua visione distorta del mondo.
Davvero grande l'interpretazione di Julianne Moore. Distribuito dalla Miramax, la pellicola non è ancora uscita nelle sale italiane.
Vedere. Guardare. Osservare. In queste tre parole si nasconde il pensiero di Saramago: "Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono. Ciechi che, pur vedendo, non vedono".
cast:
Julianne Moore, Mark Ruffalo, Danny Glover, Gael García Bernal
regia:
Fernando Meirelles
titolo originale:
Blindness
distribuzione:
Miramax Films
durata:
118'
produzione:
Bee Vine Pictures, O2 Filmes, Rhombus Media
sceneggiatura:
José Saramago, Don McKellar
fotografia:
César Charlone
montaggio:
Daniel Rezende
musiche:
Marco Antônio Guimarães