Ridley Scott rinnova la retorica guerrafondaia americana, attraverso questo film che regala ben poco allo spettatore. Sicuramente non interpretazioni degne di nota (i soldati sono stereotipati e spersonalizzati dalle loro omologanti divise), né una visione a 360 gradi (i somali vengono trattati come carne da macello, imbecilli e primordiali come gli zombi di Romero). Quando prova a tratteggiare almeno una figura degna di nota, il signore della guerra Aidid, inscena l'ennesima figura del supercattivo, talmente di maniera da apparire spudoratamente falso.
Questa pellicola, finanziata dal Dipartimento della Difesa americano (ah, brighella!), mistifica la realtà sulla cosiddetta battaglia di Mogadiscio (1993), dove l'esercito americano inciampò in clamorosi errori strategici. E qui arriva la fottuta questione: adesso che la warzone più di moda si chiama Afghanistan, non giova a nessuno continuare a pensare che gli americanoidi siano senza macchia e senza paura. Un lavoro del genere sarebbe stato imbarazzante e inadeguato; infatti arriva puntualmente in tutte le sale. Ridley Scott non si limita a lanciare il suo ennesimo brutto film (dopo gli immondi spettacoli di "Soldato Jane" e "Il Gladiatore"), ma stavolta viene letteralmente corrotto. E' infatti chiaro e lampante che a quella flebile trama idealogica non ci crede neanche lui: lo fa per il Dio Quattrino, che da sempre manovra l'umane membra.
Nell'ansia di schivare un pericoloso nichilismo, l'antidoto che ci viene offerto è un teatrino scontato, dai risvolti grandguignoleschi. Semplicemente squallido. Magistrale l'utilizzo della telecamera, che spesso danza come un serpente impazzito fra schizzi di sangue e retorica; il dosaggio degli effetti speciali spesso diventa eccessivo, nel vano tentativo di stordire lo spettatore. Il mestiere registico di Scott è effettivamente notevole; ma la sua mente è un pozzo senza fondo, dove precipita ogni vaga impronta di abbozzo creativo. Inoltre un certo Spielberg potrebbe risentirsi: oltre a scopiazzare qua e là in generale (ma anche nell'idea di fondo), c'è una determinata scena praticamente identica a "Salvate il dolsato Ryan". La telecamera inquadra il volto sofferto del patriota americano nella polvere, salvo poi scoprire che è soltanto un repellente torso umano.
L'ultimo, ridicolo omaggio/oltraggio di un film che brucia a fuoco lento, nelle fiamme del suo stesso inquinante moralismo.
11/04/2008