Il cinema horror da qualche anno a questa parte sembra pulsare di nuova, intensa vitalità e il vento buono spira direttamente da oltre Manica, dalla vecchia Inghilterra: lo scozzese Neil Marshall e Christopher Smith, con fortune alterne e con percorsi a tratti sovrapponibili ma con idee proprie, stanno portando avanti un percorso cinematografico che va oltre il semplice intrattenimento di genere. L'autore dell'imperfetto "Creep" (opera d'esordio di Smith, datata 2004), dopo il discreto successo di "Severance" (intelligentemente ironico) e il flop clamoroso dell'inquietante e bellissimo "Triangle" (2009, forse la sua opera migliore), torna dietro la macchina da presa e abbandona i nostri tempi (come di recente ha fatto il collega Marshall nel recente e snobbato "Centurion") per immergersi in un passato oscuro e letteralmente in putrefazione.
Anno del Signore 1348. Una delle epidemie più spaventose che la storia dell'umanità possa ricordare sta mietendo vittime, una dietro l'altra, nel Vecchio Continente. La morte nera, the black death. La peste, il male mandato da Dio per punire i peccati degli uomini. In un'Inghilterra cupa e decimata, un gruppo di mercenari, guidati da Ulric (Sean Bean), è stato incaricato dall'arcivescovo di raggiungere un villaggio che sembra non essere stato toccato dall'epidemia che imperversa. In realtà si pensa che in quel villaggio una negromante sia la vera causa della sua immunità. I mercenari di Cristo, pronti a condannare a morte la strega eretica, partono alla volta del villaggio guidati da un giovane novizio (Osmund), il cui vero scopo è raggiungere la ragazza di cui è innamorato e per la quale la sua fede sta vacillando.
Ambientato negli anni più cupi del Medioevo, "Black Death" (emblematico sin dal titolo) non è catalogabile come mero e semplice film horror, come puro film di genere, disturbante e sanguinolento. Anzi, laddove ci si aspetterebbero exploit splatter (vedi lo scontro nella foresta o gli ultimi atti nel villaggio) o digressioni/indugi su macabri particolari, Smith quasi sembra in parte celarci l'orrore (fisico) con cui convive(va) l'umana gente. Il vero orrore (come direbbe Schultz) è nel ritratto di un'umanità decimata (e terrorizzata) da un male che si diffonde ciecamente, sotto le vesti, un'umanità per la quale non sembra esserci spazio per alcuna speranza. Il mondo di "Black Death", disegnato da una fotografia algida e una regia spesso nervosa (con macchina a presa a portata di spalla), è cupo, tetro, fangoso, spesso senza sole. Un mondo che pare abbandonato da Dio e che lo cerca costantemente: i flagellanti che attraversano in processione il fiume, i contadini che vogliono bruciare una donna accusata di stregoneria. L'arrivo nel villaggio, che veste la maschera di un idilliaco Eden costruito in terra, stride nei toni e nei colori in mezzo al marcio in cui fiorisce. Ma anche in questa terra risparmiata dalla pestilenza, in realtà, l'uomo lotta solo per poter sopravvivere. Cosi le due fazioni che arrivano a scontrarsi sono guidate esclusivamente dai loro rispettivi fanatismi (quanto suona attuale al giorno d'oggi) e alla fine i metodi degli uomini senza Dio, violenza e repressione, sono identici a quelli dei mercenari che combattono in nome di Dio. Senza dimenticare la figura del giovane Osmund, dubbioso sulla sua fede e del tutto spaesato, fuori luogo in quel mondo dal quale verrà inevitabilmente fagocitato, in un percorso che accentua quel senso di condanna a cui l'umanità descritta da Smith sembra essere destinata.
Completamente snobbato dal pubblico, di certo "Black Death" non avrà la profondità di altre celebri pellicole (di bergmaniana memoria) che hanno cercato di indagare sull'uomo in cerca di Dio e forse nemmeno questo è il suo scopo, ma di certo colpisce per la sua concretezza e, sebbene corra precipitoso nel finale, ci consegna un ritratto di un'umanità senza grandi speranze.
cast:
Sean Benn, John Lynch, Tim McInnerny, Carice van Houten, Eddie Redmayne
regia:
Christopher Smith
titolo originale:
Black Death
distribuzione:
Revolver Entertainment, Wild Bunch
durata:
97'
produzione:
Egoli Tossell Film, German Federal Film Board, Kulturelle Filmförderung Mecklenburg-Vorpommern
sceneggiatura:
Dario Poloni
fotografia:
Sebastian Edschmid
montaggio:
Stuart Gazzard
costumi:
Petra Wellenstein
musiche:
Christian Henson