L'obbiettivo critico principale di "Benvenuti a casa mia" è già intuibile nella prima sequenza del film: la mdp si insinua voyeuristicamente oltre i cancelli di una lussuosa tenuta nella periferia parigina, ne elenca agli occhi dello spettatore le stanze, gli agi, i fasti, il curatissimo giardino, la piscina, le amenità esotiche di arredamento, l'architettura in stile coloniale. È la lussuosa dimora di una famiglia fieramente progressista, convinta nel sostenere la necessità che la Francia spartisca le sue ricchezze con le classi meno agiate, a patto, chiaramente, che queste ricchezze non siano le loro. Limitandosi a utilizzare le immagini, il film rivela da subito la contraddizione che intende colpire con la sua satira: quella di una sinistra pubblicamente aperta e riformista, ma che mantiene nell'intimità un'anima saldamente conservatrice e reazionaria.
Si badi: nel pieno spirito della commedia, il regista Philippe de Chauveron (già autore del successo di "Non sposate le mie figlie") e gli sceneggiatori Marc de Chauveron e Guy Laurent non risparmiano nessuno dei personaggi e canzonano con una certa acredine non soltanto la famiglia di protagonisti e le contraddizioni politiche che la riguardano, ma anche la comunità rom, che si riempie qui dei cliché e dei pregiudizi che la circondano, nonché la destra lepenista, rappresentata qui da un saggista omosessuale.
Tuttavia, se la comunità rom risulta talmente caricaturale e parodistica da non poter essere considerata un vero e proprio obbiettivo satirico, così non è per la famiglia di Jean-Etienne Fougerole, il professore universitario protagonista, autore del libro "A braccia aperte", che si ritrova, a seguito di un'incauta promessa pronunciata in un dibattito televisivo, a dover ospitare in casa propria una famiglia di zingari.
La ferocia dello script non si rivolge soltanto contro le incoerenze ideologiche di Jean-Etienne e moglie, ma anche al modo in cui la politica è solita manipolare la componente populista, curandosi di volgerla di volta in volta a favore dei propri interessi.
Così Jean-Etienne accusa il proprio rivale di populismo quando lo invita a essere di esempio e a ospitare lui per primo una famiglia Rom, ma nel momento in cui si ritrova costretto a farlo saprà sfruttare l'occasione per incrementare le vendite del suo nuovo libro e dunque per arricchirsi.
C'è una scena che è forse la più drammatica e la più riuscita all'interno del film: i due coniugi decidono di cedere alle richieste dei loro ospiti e di concedergli l'accesso all'interno delle mura domestiche, ma si affrettano a nascondere in cassaforte i beni di lusso. La mdp inquadra dall'interno della cassaforte la coppia, che si guarda rammaricata. "Come siamo arrivati a questo?" si chiede Jean-Etienne, ricordando che in fondo il suo impegno teorico si è sempre fondato su ideali antirazzisti ed egalitari, volti ad abbattere i pregiudizi e ad aprirsi all'Altro. Per un attimo sembra che la contraddizione tra ideali e pratica si sia palesata, per un attimo ci si può illudere che i protagonisti torneranno sui propri passi, che saneranno il contrasto. Poi l'anta della cassaforte viene chiusa in faccia allo spettatore e il montaggio taglia sulla sequenza successiva. È l'apice satirico del film, il momento in cui anche i personaggi possono vedere in faccia la loro pochezza e la loro miserabilità.
Ma la nuova commedia di Philippe de Chauveron non è esente da difetti e non riesce alla fine a convincere. Non sono tanto i cliché e i pregiudizi sulla comunità rom a infastidire (come potrebbero infatti mancare i cliché in una commedia satirica?) quanto il fatto che il film non riesce a evolvere, rimane statico, i suoi personaggi non mutano, mantengono la loro maschera fino alla fine. Siamo davanti a un condensato di situazioni comiche, che rimangono però pesantemente inchiodate in uno stallo narrativo nel quale non c'è traccia di una parabola drammatica.
Anche nel (prevedibile) finale del film, nulla pare in realtà risolto, e questa mancanza di un convincente svolgimento fa sì che la pellicola non sia in grado di camminare con le proprie gambe, rimanendo bloccata in una critica politica tanto efficace quanto monotona.
08/03/2018