Kang, un detective della polizia invischiato in attività illegali per pagare le spese ospedaliere per curare la moglie in coma, viene incaricato di seguire le indagini su uno stupratore seriale. In un'altra parte della città, assistiamo all'incontro tra Min-wu e Su-yeon, che si innamorano e decidono di sposarsi. Ma la loro storia è destinata ad avere un tragico epilogo e Kang vedrà nell'uomo il collegamento che cercava per spiegare l'incidente occorso a sua moglie.
Scritto e diretto da Jin Kwang Gyo questo "Beautiful Sunday" è un
thriller che riserva una buona sorpresa, ben nascosta all'interno di una trama già avvincente.
Il racconto comincia con la retata che ci rivela le attività illegali di Kang, e solo dopo apprendiamo che le sue motivazioni hanno origine nelle condizioni in cui la moglie giace in un ospedale che lui non può pagare. Quasi subito non è più possibile vedere i personaggi da un'unica angolazione, in questo film non esistono persone buone o cattive, solo impulsi e conseguenze.
Anche la storia parallela dei due giovani che arrivano a concepire un figlio prima che la faccenda precipiti nella più nera delle conclusioni, sembra fare da contraltare alla triste vicenda di Kang e da sottofondo alle gesta dello stupratore seriale di cui anche Su-yeon è vittima prima di incontrare il futuro marito, che noi sappiamo fin dal principio essere coinvolto più di quello che ci piacerebbe nella faccenda. Nel momento in cui si scopre incinta Su-yeon ricorda lo stupro e risale così alla data del concepimento, avvenuta prima del suo matrimonio, ma il dramma è assai peggio di come appare al momento alla giovane donna, che verrà ferita non solo metaforicamente dalle sue inquietanti scoperte.
A questo punto, Min-wu cerca l'incontro con un poliziotto, lo stanco Kang, e una domenica pomeriggio mentre sono da soli al commissariato gli confessa i suoi crimini, trasformando l'intera faccenda in un confronto rivelatore.
Il colpo di scena si consuma interamente negli ultimi dieci minuti di film, che soli valgono il prezzo del biglietto, è nel confronto tra i due uomini e nel finale imprevedibile, anche se non originalissimo, che scopriamo di avere di fronte un lavoro ben fatto.
L'ambientazione è tetra e fa da sottofondo all'espressione dei mali dell'anima che a più riprese affliggono i personaggi, i quali si trascinano dolenti e senza speranza verso l'unico destino possibile in una situazione totalmente fuori controllo.
La fotografia molto curata rende il racconto assai realistico e sottolinea con il solo uso dei chiaroscuri l'ineluttabilità della triste conclusione della storia e del destino ultimo dei personaggi coinvolti.
Un inquieto Park Yong Woo, già visto in "Blood Rain" regala un buona interpretazione del dolore che lentamente si trasforma in consapevolezza e poi in orrore, senza una sola sbavatura, né un eccesso espressivo. La compostezza del suo interlocutore, un gelido Nam Gung Min, agghiaccia più delle rivelazioni che le sue parole e la sua presenza portano ad un pubblico totalmente impreparato al finale che lo aspetta nella scena successiva. La bella Min Ji Hye, già in "The Fox Family" presta il volto all'unica vittima dell'intero racconto che non abbia cercato attivamente la sua fine.
La regia pulitissima offre più di uno spunto innovativo dall'ottica della rappresentazione di un male che è tanto più doloroso perché inspiegabile e mai neanche per un attimo motivato.
06/07/2008