Un tour attraverso la natura incontaminata e selvaggia della Basilicata con tanto di introduzioni storico-culturali ai luoghi toccati dai quattro protagonisti. Questo potrebbe sembrare a uno spettatore disattento e un po' spietato l'esordio alla regia di Rocco Papaleo, noto attore di cinema, televisione, teatro, più volte scelto da Leonardo Pieraccioni e dagli altri registi eredi della commedia all'italiana. Ma "Basilicata Coast To Coast" è molto di più. E' il tentativo di risvegliare l'orgoglio e l'attenzione per una regione spesso dimenticata, anche dalla sua gente, di raccontare in modo poetico bellezza e contraddizioni dei luoghi e della sua gente. Una sorta di atto d'amore di un lucano fiero delle sue origini.
Il tempo è come sospeso: i protagonisti sembrano vivere in anni lontani con il loro abbigliamento dal sapore
vintage, le loro pettinature un po' retrò e quella semplicità d'animo che pare non essere più di moda; gli anziani hanno ancora la coppola in testa, i capelli grigi racchiusi in una crocchia e siedono sulle loro sedie di paglia appena fuori dalla porta di casa o della piccola bottega; le automobili rare, sono miraggi di una modernità che in questo film fa fatica a trovare spazio.
I quattro protagonisti in una sorta di pellegrinaggio catartico decidono di attraversare la Basilicata a piedi dal Tirreno sino allo Ionio per partecipare al festival di teatro-canzone di Scanzano Jonico. Armati dei loro strumenti di un carretto, un cavallo, l'immancabile panino con la frittata e piccoli pannelli solari (che esempio di eco-sostenibilità!) si mettono in marcia verso se stessi. E lungo il cammino riscopriranno antiche passioni, troveranno nuove anime in crisi e si misureranno con i propri limiti per arrivare a destinazione più consapevoli e uniti.
Ognuno di essi rappresenta un tipo umano abbastanza stereotipato: il professore che ha rinunciato ai suoi sogni per assestarsi in una via medio borghese, il depresso che ha abbandonato medicina per rinchiudersi nella tabaccheria di famiglia, l'innamorato deluso che ha chiuso i ponti con il mondo per trasformarsi in un asceta sereno e muto, l'attore fallito sempre alla ricerca dell'occasione da sfruttare per emergere nello sfavillante mondo dello
star-system.
Papaleo firma una regia dai ritmi frenetici e leggermente caricaturali nella prima parte del film, ma che poi si rilassa per dare spazio ad ampi movimenti di macchina rivelatori di mozzafiato panorami western della Lucania. La macchina da presa è spesso stretta sui visi dei personaggi e su quei dettagli in grado di far partecipe lo spettatore delle emozioni provate dai protagonisti. Nonostante ciò, molti momenti di puro divertimento (la sequenza quasi surreale dell'attacco del fratello di Maria Teresa e i suoi baldi uomini a cavallo ad esempio), la musica e l'ironia dei testi cantati, il film coinvolge solo in parte. Eccezion fatta per Giovanna Mezzogiorno, intensa nel ruolo della tormentata, annoiata e apparentemente strafottente e meridionalissima giornalista Tropea Limongi e Max Gazzé, sorprendentemente attore nel ruolo dell'ascetico innamorato disilluso, che riescono a incuriosire, a strappare sorrisi e sguardi di complicità.
15/04/2010