Per assimilare a pieno Barbarossa, il nuovo "kolossal" prodotto, sceneggiato e diretto da Renzo Martinelli, bisognerebbe possedere una panoramica ben chiara su ciò che lega la semplice opera filmica al fenomeno Barbarossa. Già, perché se in questi giorni stanno riscuotendo più pubblicità le "voci" che ruotano attorno al film che il film in se stesso, solo di fenomeno si potrebbe parlare. E allora, dopo essere stati i primi a brevettare il "cinepanettone", eccoci qua a dare notizie di "cinepolitica". Perché noi italiani siamo fatti così, cosa ci volete fare?
Ma andiamo con calma. Un film è prima di tutto cinema. Così prima (e durante) la visione ho promesso a me stesso di lasciarmi alle spalle qualsiasi critica esterna che avesse potuto influenzare il mio pensiero. Non senza difficoltà, ma posso ritenere di averla rispettata.
Al termine dei centoquaranta minuti della pellicola è impossibile non riuscire ad avere dei dilemmi da sciogliere, a cominciare da una recitazione ed una messa in opera chiaramente inclini al serial televisivo o al telefilm. Il risultato è quello di rendere più verosimili (cioè desolatamente falsi) gli avvenimenti storici che lo spettatore dovrebbe invece percepire propri del contesto reale, storico per l'appunto.
Il fatto è che se Barbarossa avesse scelto il piccolo schermo come primo ed unico canale di distribuzione, con tutta probabilità ora starebbe incassando un successo clamoroso di pubblico e critica, si candiderebbe addirittura come un nuovo potenziale tormentone alla "Elisa di Rivombrosa".
Tutto questo il cinema non glielo può permettere. Per tanti motivi: a fronte di più di trenta milioni di budget (tantissimi), Martinelli non è riuscito neanche ad incatenare lo spettatore dal punto di vista degli effetti speciali, decisamente non all'altezza e per di più utilizzati per alimentare una strana atmosfera gotica e splatter (mano mozzate, orecchi tranciati, frecce che squartano i volti). In un film dall'impronta così manifestamente storica erano invece degne di una maggiore caratterizzazione le figure di Federico I Hohenstaufen e di Alberto da Giussano (tra l'altro risulta incomprensibile la scelta del titolo visto che la vicenda ruota del tutto attorno alla figura e alle peripezie di Alberto).
Descrizioni tralasciate dal regista lombardo a beneficio di un melodramma (con l'happy ending ciliegina sulla torta) che dal punto di vista storico ha ben poco a che vedere.
Tuttavia il vero problema, quello che fa acqua da tutte le parti, è la sceneggiatura. Piuttosto spicciola e messa a punto con l'aiuto forzato di ralenty e cesure narrative, oltre che punteggiata da sequenze relativamente superflue (come quella che vede la scoperta delle reliquie dei Re Magi).
Niente a che vedere insomma con le urla di libertà di William Wallace ("Braveheart") o con le profezie mistiche del precettore Ambrosino ("L'ultima legione") da cui questa pellicola trae palesemente spunto (solo spunto?).
Siamo lontani dagli esordi, dall'audacia di Porzŭs (1997) o dal dramma nero di Vajont (2001). Martinelli, cineasta dalle indubbie qualità registiche (e soprattutto produttive) paga probabilmente dazio all'approccio politico che lo ha visto avvinghiato alla realizzazione di questa complessa ultima fatica.
Al di là del contesto filmico, infatti, riesce difficile comprendere come la politica sia stata capace di commissionare la produzione e la distribuzione di un film che sia per essa fonte di ispirazione (in questo caso leghista). Passi l'irrefutabile simpatia partitica del regista brianzolo (che ha girato le riprese tra le campagne della Romania assieme a comparse rom, alla faccia del patriottismo lombardo-legnanese!). Passi anche la buffa anteprima al Castello Sforzesco di Milano alla presenza dei vertici leghisti, dei dirigenti Rai e Mediaset e del Premier Silvio Berlusconi. Ma ciò che fa davvero riflettere è la polemica nata dallo storico e saggista Franco Cardini nei confronti della pellicola, rea, secondo lo stesso, di aver dichiarato false informazioni storiche sull'imperatore Barbarossa. Una disputa che rischia seriamente di consegnare al film uno scherzo di cattivo gusto.
cast:
Rutger Hauer, Raz Degan, Kasia Smutniak, Cécile Cassel, F. Murray Abraham
regia:
Renzo Martinelli
titolo originale:
Barbarossa
distribuzione:
01 Distribution
durata:
139'
produzione:
Martinelli Film Company Int.
sceneggiatura:
Renzo Martinelli, Giorgio Schottler, Anna Samueli
fotografia:
Fabio Cianchetti
scenografie:
Rossella Guarna
montaggio:
Osvaldo Bargero
costumi:
Massimo Cantini Parrini
musiche:
Pivio De Scalzi, Aldo De Scalzi