Dai palazzi del Prenestino-Labicano agli edifici della zona universitaria e del cimitero del Verano. I locali notturni del Pigneto al centro. Sono i luoghi di transito del Phaim personaggio e regista. "Bangla" parte dal vissuto di Phaim Bhuyian, classe 1995, per farsi racconto popolare attraverso il cinema, commedia autoironica di un microcosmo romano fluidificatosi nelle arterie della Capitale in un intreccio di religioni, culture e tanti altri termini ombrello che potrebbero venire in mente.
Phaim, bangladese, incontra Asia, italiana, se ne innamora ma non potrebbe: l’Islam, la famiglia, le diverse concezioni di come l’incontro e l’amore si sviluppano verso il passaggio alla vita adulta. "Bangla" parte da questi temi senza pretendere mai di rispondere, prediligendo il confronto. Chiarissimo fin dai toni, il film di Bhuyian, che scherza dell’italiano, del bangladese e soprattutto dei nati della seconda/terza generazione. La generazione divenuta cittadina ancora attraverso uno ius soli limitato.
"Bangla" diventa esemplificazione generazionale e anche subculturale, con quell’approccio stereotipico dell’hipster, delle famiglie alternative, dei punkabbestia, della musica indipendente. Scrittura che calza alla commedia dei localismi inseriti nello scenario urbano poiché non chiusa in se stessa ma trasversale, nazionale soprattutto nel suo particolare. S'intravede un cinema della distinzione prima che delle differenze o dell'adombrante concetto di multiculturalità.
Il divertimento dietro alle battute nasconde un film che nasce dal privato (la madre del protagonista è proprio quella di Bhuyian) e che parla al pubblico col linguaggio acerbo ma ficcante di un giovanissimo. "Bangla" appare appunto il film di un ventenne sui ventenni, che prende a braccetto la generazione nata nei Novanta per descriverla all’interno di dinamiche globalizzate e in corso di stabilizzazione. La vita in Italia diviene dunque un eterno passaggio, un "forse" che dovrebbe condurre a Londra, ipotetica meta finale di questa condizione sospesa tra regole religiose e nuove spinte sociali.
L’amore di Phaim per Asia sollecita il parallelismo con l’amore di Bhuyian per l’audiovisivo: nasce come una sfida su YouTube tra videoclip ed esperimenti, continua in televisione e infine trova la sua collocazione al cinema. Una spinta crescente che brucia le tappe perché pronta a concretizzarsi. Mostrare, per il giovane regista di Torpignattara, diviene raccontare di sé con un naturalissimo approccio al mezzo. La commedia non scade nelle sole gag da siparietto, ma riflette una condizione filtrando. Alleggerendo.
Forzature ce ne sono, ma connaturate al risultato del cinema di una periferia che partecipa del racconto, anzi ne è l’autrice stessa.
"Bangla" regala anche una sentita progressione del racconto, fatto di piccole e conclusive microstorie. A risuonare più forte però è la contaminazione culturale che viene dal basso, come l’opera di street art che si completa con l'evolversi dei sentimenti di Phaim, o ancora le musiche di Bob Corn suonate tra una veranda e un marciapiede delle serate romane.
Nelle immagini di quest’opera prima si vive la stessa sensazione del cinema dei fratelli D’Innocenzo, non di certo per la forte cinefilia che contraddistingue il duo, quanto per la commistione di personalismi e voglia di emergere, di portare il cinema a ragionare sulle domande prima che sulle risposte. Per questo "Bangla", alla fine, appare tanto insicuro su come comportarsi: cosciente di non avere risposte definitive sulla continuazione della relazione, decide di fermarsi nella cameretta di Asia. Che potrebbe benissimo essere quella del Phaim Bhuyian regista.
cast:
Pietro Sermonti, Simone Liberati, Carlotta Antonelli, Phaim Bhuyian
regia:
Phaim Bhuyian
titolo originale:
Bangla
distribuzione:
Fandango
durata:
84'
produzione:
Fandango, Tim Vision
sceneggiatura:
Phaim Bhuiyan, Picciarelli Vanessa
fotografia:
Simone D'Onofrio
scenografie:
Mauro Vanzati
montaggio:
Roberto Di Tanna
costumi:
Patrizia Mazzon
musiche:
Dario Lanzellotti