Hassan non devi avere fretta, i frettolosi sono morti. L'ho dovuta convincere Olivia, per andare al cinema. In effetti c'era il sole e non aveva tutti i torti. Così invitiamo anche una sua amica d'infanzia. Fra di loro si chiamano "amiche d'infanzia", ora che hanno nove anni compiuti. Allora in due possiamo guidare la macchina? chiedono, siamo maggiorenne, e ridono come pazze e impazziscono quando vien fuori che la sala è tutta nostra. L'ho affittata, dico, tutto serio, ah davvero!? sembrano soprese, ma vogliono solo accontentarmi. Scegliamo i posti centrali in fondo. Le luci sono ancora accese e loro ne approfittano per correre un po' davanti allo schermo, poi fra le poltrone, a un certo punto planano bassissime, scompaiono tra le prime file e mi risbucano proprio davanti, a un metro, e ridono ancora, a me invece viene in mente "The Ring". Cominciano i trailer dei prossimamente. C'è quello di "Epic" per esempio, se penso a me a nove anni, avrei preso un colpo, invece queste due non battono ciglio, si scambiano pareri come due inglesi all'ora del tè, ci manca solo che accavallino le gambe.
La prima scena è di notte, il piccolo Maki si accorge che la catena al suo piede è troppo larga e fugge via, Soula invece non trova il coraggio. Lo schiavista si sveglia e lancia il suo cane bavoso all'inseguimento. Dalle poltrone al mio fianco, sento un silenzio pesante di disapprovazione. Maki per fortuna trova rifugio nel tronco di un baobab. Ci vogliono cento bambini per abbracciare un baobab. Cerco di smorzare la tensione. Scampato al pericolo il mattino seguente Maki viene adottato da una famiglia di giraffe e grazie a dio la situazione si distende. Ma ecco che mentre Maki gioca con una cucciola, torna lo schiavista e spara a mamma giraffa. Le due novenni al mio fianco, hanno perso tutta la loro baldanza. Le sopracciglia unite in un broncio solo. Maki sta per essere catturato. Fortuna che arriva Hassan, un bel beduino a cammello - Ben Hur si chiama, il cammello - a salvare Maki e due su tre degli spettatori paganti.
Da qui in avanti comincia l'avventura di Zarafa, la giraffa giramondo.
E con un salto nel presente, a raccontarcela, è un vecchio seduto ai piedi forse dello stesso baobab che aveva nascosto Maki. Un gruppo di bambini del villaggio è schierato in attesa. I personaggi della storia vengono presentati attraverso delle statuette che il vecchio depone per terra. La voce narrante è quella di Vinicio Capossela, e non poteva starci voce più azzeccata. Capace di dar corpo alle parole, di modellarne la consistenza, come se la bocca fosse uno strumento d'intaglio.
Oltre a una rivincita del 2D sulla spocchia imberbe delle tre dimensioni, "Zarafa" è un film che si riappropria del significato delle cose, dei gesti, e della lentezza necessaria a coglierli. "Nel deserto e in ogni dove, mai accontentarsi di ciò che si vede" dice il vecchio saggio attraverso Capossela. Eppure, per merito di Remi Bezancon (autore della sceneggiatura assieme a Alexander Abela) la storia non perde di vivacità. Ispirata a un tentativo diplomatico realmente accaduto (non so se anche la successiva "giraffite" parigina, sia una moda realmente esplosa) la trama è semplice ma arricchita da un'umanità bizzarra e variopinta. I personaggi "europei" sono abilmente tratteggiati nelle loro manie e ricordano molto quelli di Sylvain Chomet, come nel caso del "pallonauta" Malaterre o del logorroico Mahmoud mercante dell'oasi, o anche del re di Francia e delle sue venerande dame di corte. E qui il merito è invece di Jean-Cristophe Lie che oltre ad aver collaborato con la Disney, ha curato l'animazione di "Rose" e de "Les Triplettes" nel bellissimo "Appuntamento a Belville" (di Chomet).
Hassan prende con sé la piccola Zarafa per portarla ad Alessandria d'Egitto. La città è sotto l'assedio dei turchi e il pascià ha avuto la brillante idea di inviare una giraffa in dono al re di Francia, sperando di ricevere in cambio un suo aiuto. Le parole del vecchio narratore spingono l'immaginazione, evocano paesaggi suggestivi, raccontano la morte ma anche la reincarnazione, il dolore della separazione e la gioia di ritrovarsi. Diventano un viaggio ricco di avventura e colpi di scena, attraverso il deserto, sorvolando il Mediterraneo a bordo di una mongolfiera inseguita dai pirati, passando per la bufera delle Alpi fino al giardino botanico di Parigi. Ma l'azione non è mai fine a se stessa. Ogni tappa del viaggio è conseguenza di una scelta, di uno scontro o dell'incontro fra le volontà dei protagonisti. Esseri umani piuttosto che supereroi, e pertanto predisposti all'errore, ma dotati pure di un grande potere, che è quello di correggere la rotta e proseguire.
Maki e Soula finalmente si riabbracciano.
Maki ricorda molto, nella sua determinazione (come nel disegno) il piccolo Kirikù dei due film d'animazione di Michel Ocelot. Fino alla fine non mollerà la sua promessa di riportare Zarafa nella sua terra.
Il viaggio di ritorno dura molti anni.
Il tempo che è stato si ricongiunge con il tempo presente, la storia è finita, e il vecchio si allontana. Soltanto il bambino più piccolo, fra tutti i presenti, sembra aver capito chi sia quel vecchio che si sta allontanando. La rivelazione mi sorprende, vorrei condividerla con le altre due spettatric, ma quelle scuotono la testa come a dire che era ovvio, ma di una tale ovvietà, che le obbligo a infilarsi immediatamente il giubbotto.
09/04/2013