Più che un’entrata in scena la sua fu una vera e propria irruzione, tanto improvvisa quanto fragorosa era stata la sua apparizione sul grande schermo, avvenuta nella magnificenza della parola e dei significati desunti dall’universo shakesperiano di cui di li a poco sarebbe stato uno dei principali cantori. Nei panni di "Enrico V" Kenneth Branagh legittimò un esordio alla regia non solo esplicativo di un percorso artistico che lo aveva visto calcare la scena teatrale inglese sotto gli occhi di un mentore del calibro di Laurence Olivier del quale fu presto designato allievo e in qualche modo successore. Il fatto di esserne anche l’interprete principale oltreché regista rimarcava la volontà di Branagh di identificarsi con un preciso solco cinematografico che l’alleanza con le grandi produzioni americane chiarificò attraverso una serie di film, più o meno fortunati (“Molto rumore per nulla”, “Hamlet”, “Pene d’amor perduto”) per il tramite dei quali si tentò di rendere il Bardo uno scrittore se non mainstream quantomeno interessante anche al di fuori dei soliti cenacoli.
Il connubio tra Branagh e Shakespeare, andato avanti per una vita, si è di colpo interrotto con una regia, quella di “Thor”, se così possiamo dire anomala nel suo essere un prodotto di genere e per di più commerciale, rispetto al percorso del regista e attore e però destinata a fare da cesura in una filmografia da li in poi votata a mutare pelle. "Artemis Fowl" prodotto dalla Walt Disney che lo distribuisce sulla sua nuova piattaforma ne è esempio massimo. Tratto dai primi due libri dell’omonima saga scritta da Eoin Colfer il lungometraggio racconta la sfida tra bene e male con le stesse modalità della maggior parte dei fantasy contemporanei: da una parte mettendo a sistema i riferimenti di un immaginario tratto dai grandi successi di settore a partire dal seminale “Il Signore degli anelli”, dall’altra mescolando il contemporaneo al retrò per dare vita a un mix estetico narrativo in cui amor cortese ed epica cavalleresca si sposano senza colpo ferire con il giovanilismo scanzonato e irriverente dell’ultima ora. Il tutto messo in piedi per dare vita all’ennesima ragnarok. In cui a farla da protagonista in ordine d’importanza dovevano essere la capacità di saper dare vita alla pagina scritta immaginando un unicum visivo all’altezza delle sue premesse e poi quella di catalizzare l’interesse dello spettatore nei confronti di Artemis, geniale ragazzino destinato a ricalcare le orme dei tanti coetanei che lo hanno preceduto nell’impresa di salvare ii mondo dal cattivo di turno.
Ed è qui che si nasconde l’arcano perché a fronte della manualistica con cui Branagh si applica alla materia del contendere, corretta quanto scontata nella scansione delle meraviglie paesaggistiche (carrellate e panoramiche sulla maestosità della pianura irlandese come pure l’eccentricità di razze e caratteri ricalcano i principi e invenzioni di Lucas e Jackson) ovvero nella formulazione della cosmogonia che sta alla base del racconto e in particolare di quella conseguente alla coesistenza tra il mondo conosciuto e quello segreto, nascosto nel sottosuolo terrestre e abitato da fate, gnomi e troll di smisurata grandezza, a mancare è la simpatia del protagonista, troppo poco espressivo ed eccessivamente sapiente per suscitare l’empatia dello spettatore. Meglio di lui anche per merito degli interpreti i personaggi di contorno, primo fra tutti Spinella (l’ottima Lara Mc Donnell), “campanellino” dal cuore d’oro e il coraggio di un leone, a cui però sceneggiatura e montaggio (93’ non sono sufficienti per dare al racconto il passo della saga) non danno il tempo di crearsi un’autonomia che non sia asservita alle esigenze di riannodare i fili della vicenda. Intramezzata da sequenze riepilogative volte a facilitare la comprensione dello spettatore con spiegazioni e sottolineature e sovrastato dall’invadenza della voce fuori campo "Artemis Fowl" trasmette l’impressione di essere il primo a non credere a ciò che propone, affidandosi ad automatismi tanto sicuri quanto prevedibili. Privo dei suoi numi tutelari (Shakespeare ma anche Agatha Christie) Branagh si perde in una regia anonima, incapace di elevarsi al di sopra della routine a cui è destinata la visione di "Artemis Fowl".
cast:
Ferdia Shaw:, Lara McDonnell:, Nonso Anozie, Judi Dench:, Colin Farrell
regia:
Kenneth Branagh
distribuzione:
Walt Disney Studios Motion Pictures
durata:
93'
produzione:
Walt Disney Pictures, TriBeCa Productions
sceneggiatura:
Conor McPherson, Hamish McColl
fotografia:
Haris Zambarloukos
scenografie:
Jim Clay
montaggio:
Matthew Tucker
costumi:
Sammy Sheldon
musiche:
Patrick Doyle