Poiché ancora la Lucky Red non ha distribuito il nostro annuale film miyazakiano, tocca a "Arrietty" farne le veci. Ultimo prodotto dello Studio Ghibli, presentato in anteprima al Festival di Roma 2010 in occasione dell'omaggio alla factory fondata da Miyazaki Hayao e Takahata Isao, il film segna l'esordio in un lungometraggio di Yonebayashi Hiromasa, animatore di punta della casa, che ha collaborato a stretto contatto col maestro in tutte le sue opere dell'ultimo decennio.
Yonebayashi si presenta quindi con il compito di un delfinato pesante, lavorando ancora sotto la supervisione di Miyazaki che, scrivendo la sceneggiatura insieme a Keiko Niwa, ha portato a termine un progetto che sia lui che Takahata volevano realizzare da quasi quarant'anni. La pellicola è tratta dai racconti dell'autrice inglese Mary Norton, noti in Italia come "La saga degli Sgraffignoli", ma il regista ghiblinizza - ci si passi il neologismo - l'opera della scrittrice: a partire dal setting, non più l'inghilterra di metà Novecento, ma il Giappone contemporaneo, sono l'estro narrativo e le tematiche perseguite a inserirsi perfettamente nel percorso del cinema "made in Studio Ghibli".
Shō si trasferisce nella casa dell'anziana zia per passarvi l'estate: quella è la casa dei ricordi di infanzia della madre, che ora, oberata di lavoro, non può prendersi cura di lui, nonostante la sua salute cagionevole e un intervento al cuore ormai prossimo. La voce narrante di Shō, che dice semplicemente che non avrebbe mai dimenticato quell'estate, ci pone subito in una dimensione nostalgico-rievocativa non dissimile dal realista "Only yesterday" di Takahata, ma la vena fantastica fa presto a manifestarsi, poiché, appena arrivato, camminando per il giardino della casa, il ragazzo intravede nell'erba un piccolo esserino, somigliante a una ragazza, con dinamiche che omaggiano "Il mio vicino Totoro".
La persona in miniatura è Arrietty, quattordicenne come Shō ma appartenente alla specie dei "raccoglitori", piccoli esseri che stanno nascosti sotto le case degli umani e da cui rubano lo stretto indispensabile per poter vivere serenamente. I "raccoglitori" (o "prendimprestito") trascorrono nascostamente la loro quotidianità e temono l'invadenza degli uomini: infatti, Arrietty, facendosi vedere casualmente da Shō mette a repentaglio la sicurezza della propria famiglia.
Hiromasa Yonebayashi dirige questa favola ricca di magia e delicatezza facendo attenzione alle differenze tra i due mondi limitrofi, che portano avanti due esempi di società e valori che si muovono su binari paralleli. La ricchezza visiva dei dettagli che debordano dall'interno della casa della famiglia di Arrietty (la sua stanza somiglia molto alla camera segreta di Nausicaä), così come nella casa delle bambole, sembra quasi sottolineare la ricchezza e la bellezza delle piccole cose, rispetto al grigio gigantismo umano. Durante la prima notte di furto di Arrietty, il mondo degli uomini ha caratteristiche inquietanti: le inquadrature deformanti su oggetti per noi di normale uso domestico, dalla prospettiva dei "raccoglitori", assumono le dimensioni di ostacoli per i quali bisogna essere ben preparati per poterli sormontare; anche il comparto sonoro, molto curato, si abbina a sottolineare gli scricchiolii, i rumori più metallici e artificiali della dimora. La natura ha ovviamente un ruolo principe essendo il vero luogo di incontro per i due personaggi, che ne hanno una visione nettamente antitetica: è luogo di fusione e possibile convivenza armonica per gli "sgraffignoli", mentre per gli uomini ha una funzione quasi decorativa, un'estensione delle grandi magioni che abitano, escludendoli dalla natura.
Il rapporto tra Shō e Arrietty va letto nel senso dell'avvicinamento degli antipodi: il ragazzo è un convinto darwinista che vede nella minuscola coetanea un esemplare da proteggere perché appartenente a una specie secondo lui in via di estinzione. La debolezza intrinseca dei "raccoglitori" li fa sentire idealmente vicino, ritenendosi destinato, visto il suo stato di salute, a non sopravvivere all'operazione al cuore. La testarda combattività di Arrietty - soprattutto contro la grettezza della domestica, che mette a repentaglio la famiglia quasi soltanto per una questione di orgoglio personale - lo spingono a ricredersi riguardo i meccanismi che regolano la natura e ad avere più fiducia nei propri mezzi.
"Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento" non è forse omogeneo in tutte le sue parti: le sequenze che precedono la scoperta della casa della famiglia della protagonista, da parte della domestica Haru, soffrono forse di poca forza narrativa e lo stile di Yonebayashi, come sempre molto pittorico, non ha però la florida visionarietà del suo maestro ed è incline a una certa staticità. Poi però c'è quel finale così brioso e quelle ultime sequenze suggestive: un poetico addio alle prime luci del giorno, il fiore dell'amicizia che sboccia tra due esseri diversi ma che hanno imparato a fidarsi l'uno dell'altro, mentre cominciano a scorrere i titoli di coda e l'arpista bretone Cécile Corbel intona il tema principale del film (cantato in italiano per l'uscita nostrana). Un incanto.
regia:
Hiromasa Yonebayashi
titolo originale:
Karigurashi no Arrietty
distribuzione:
Lucky Red
durata:
94'
produzione:
Studio Ghibli
sceneggiatura:
Hayao Miyazaki, Keiko Niwa
fotografia:
Atsushi Okui
scenografie:
Yôji Takeshige; Noboru Yoshida
montaggio:
Rie Matsuhara
musiche:
Cécile Corbel