Ondacinema

recensione di Carlo Cerofolini
6.0/10

antebellum 

Tra virtuosismo e ricerca di senso, il pianosequenza con cui si apre "Antebellum", esordio di Gerard Bush e Christopher Renz, suggerisce uno dei concetti che sta alla base del film e cioè la violenza che si nasconde dietro a una rappresentazione edificante dell’esistenza. Coadiuvata  da una fotografia ai limiti della leziosità, la mdp attraversa un presepe oliato al millimetro, dove l’operosità collettiva sembra suggerire un'armonia discussa sul finire dell’escursione visiva e raggelata per contrasto con quello appena visto dall’esplodere di un conflitto che si trasforma in tragedia. Siamo negli Stati Uniti della guerra civile e la piantagione di cotone in cui si svolge l’avvenimento è il luogo del contendere, ovvero l’avamposto di una schiavitù teorizzata dalla nazione più democratica del mondo. Contraddizione in termini ma anche nei fatti su cui "Antebellum" costruisce la parabola narrativa del binomio temporale che vede da una parte Eden, schiava riluttante ma sottomessa negli Stati Uniti del 1861, e Veronica, scrittrice di successo e attivista nell’America dei nostri giorni. Opposte per ceto e condizione in realtà le due donne sono la stessa persona, per motivi che il film farà scoprire allo spettatore attraverso le forme di un cinema definito horror sociologico in cui i codici del genere sono messi a disposizione di un testo e soprattutto di un sottotesto che riflette sulla condizione di iniquità a cui è ancora sottoposta l’esistenza della comunità afroamericana e sul razzismo storico, culturale e antropologico  che le fa da corollario.

Prodotto dagli artefici della stessa QC Entertainment che si era resa partecipe della realizzazione del dittico rappresentato da "Get Out" e "Noi", "Antebellum" segna un ulteriore capitolo della saga metacinematografica inaugurata da Jordan Peele al quale Bush e Renz si rifanno innanzitutto nell’utilizzo di forme e codici di genere riletti alla luce di personaggi, eventi  e tematiche cari alla cultura  afroamericana,  filtrate dallo spirito di denuncia nei confronti del sistema paese sotteso alla narrazione. In questo caso "Antebellum" compie un ulteriore recupero tornando al cuore del problema rispolverando la questione della schiavitù come retaggio atavico della classe dominante - di ieri e di oggi - in un dramma storico (frequentato di recente da titoli come "12 anni schiavo", "Django Unchained" e soprattutto "The Birth of a Nation") che si interseca con un presente normalizzato solo in superficie. Del modello di riferimento il film riproduce da una parte la nota dialettica servo/padrone; dall’altra, l’ossessione per il doppio che anche qui mette in scena l’idea di duplice coscienza teorizzata da W.B.A. Du Bois relativa alla difficoltà di conciliare le origini (africane) della propria cultura con quella (americana) d’elezione, espressa a livello narrativo dagli opposti responsi delle due sezioni che compongono il film, spia della criticità di un processo d’integrazione (il tanto propagandato melting pot) possibile solo in presenza di una sudditanza alla quale Eden si ribella (da cui la punizione)  mediante la proposizione di un american way of life alternativo e vincente come quello di matrice WASP. 

"Antebellum" compie però uno slittamento significativo facendo a meno di quell’umorismo grottesco e per certi versi surreale di cui Peele si era servito per contaminare l’orrore di un non-sense capace di rispecchiare la follia e la sconsideratezza del pensiero dominante. In questo senso il doppio fondo narrativo di  "Antebellum" regala invenzioni e sorprese non più nei singoli momenti del film quanto piuttosto nei meccanismi del suo impianto generale  e dunque per come riesce a conciliare - in una maniera che lasciamo scoprire allo spettatore - il passato e presente della protagonista e il paradosso che si nasconde dietro il suo allestimento. Interpretato da un’icona del nuovo cinema afroamericano come Janelle Monáe ("Moonlight", "Il diritto di contare") e nella parte della sua antagonista dalla cattivissima Jena Malone, oramai abbonata ai ruoli scomodi, "Antebellum" segnala la sua intransigenza anche in termini di casting offrendo alla Gabourey Sidibe di "Precious" (film simbolo nella new wave del cinema afroamericano)  il ruolo più eccentrico e politicamente scorretto di tutto il film.    


20/12/2020

Cast e credits

cast:
Jena Malone, Eric Lange, Janelle Monáe


regia:
Gerard Bush, Christopher Renz


distribuzione:
Eagle Pictures, Prime Video


durata:
105'


produzione:
QC Entertainment, Lionsgate Films


sceneggiatura:
Gerard Bush, Christopher Renz


fotografia:
Pedro Luque


scenografie:
Jeremy Woodward


montaggio:
John Axelrad


costumi:
Mary Zophres


musiche:
Nate Wonder, Roman Gianarthur


Trama
Tra passato e presente l'orrore persegue una donna che visse due volte.