"Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy" è da alcuni considerato un classico della commedia americana degli anni zero, alla stregua di "Zoolander" e "Old School". Il motivo è duplice: rappresenta l'apogeo dell'umorismo dadaista di cui i fratelli Farrelly e in certa misura Judd Apatow sono stati a lungo portabandiera; dall'altra, è il film che ha consacrato il "genio" irriverente di Will Ferrell. Nove anni dopo, "Anchorman 2 - Fotti la notizia" raccoglie il testimone in una pellicola che ha la stessa follia e volgarità di un film che ha stilizzato i tratti di un genere.
Sette anni dopo gli eventi di "Anchorman", Ron Burgundy (Will Ferrell) è ancora lo stesso borioso e incolto mezzobusto da telegiornale. Siamo al volgere degli anni 70, e la televisione si appresta a non essere più la stessa: senza troppi apprezzamenti, il direttore Mack Tannen (Harrison Ford) decide di scaricare Ron e promuovere in prima serata la sua spalla e compagna di vita, Veronica Corningstone (Christina Applegate), che lo lascia. Ron cade in depressione, ma dopo qualche mese viene reclutato da un nascente network televisivo di New York che sta per introdurre una formula mai vista prima: un canale completamente dedicato alle notizie, 24 ore su 24. Ron riunisce la sua squadra: il reazionario giornalista sportivo Champ Kind (David Koechner), il casanova Brian Fantana (Paul Rudd) e l'idiota di turno, il "meteorino" Brick Tamland (Steve Carell). Nonostante a loro tocchi lo slot notturno, il successo arriva inatteso grazie a una formula mai pensata prima: raccontare agli americani solo quello che vogliono sentirsi raccontare. Grazie alle lunghe dirette a base di servizi paccottiglia su animali e paesanotti iperpatriottici, infografiche e collegamenti live con inseguimenti della polizia, Burgundy e i suoi diventano delle celebrità, ma il successo presto si scontrerà con la sua nemesi Jack Lime (James Marsden), e con le necessità di un figlio che lo ama nonostante tutto.
Se il plot sembra più coerente e strutturato del film precedente, ci troviamo davanti a un classico esempio di "more of the same": le maschere comiche dei quattro protagonisti non crescono e non sono cresciute, il tono delle gag e delle battute punta con più enfasi sulle leve del film precedente, il film non cerca di esplorare nuovi territori - ma si limita ad alzare il livello dei camei a livelli forse mai visti prima (aspettatevi una battaglia tra giornalisti con attori-celebrità). Ma dopo un epigono come "Anchorman", difficilmente ci si poteva aspettare qualcosa di diverso o più coraggioso, anche se emerge piuttosto chiaramente un messaggio più satirico e consapevole - anche se diluito - come quello sullo stato dell'informazione made in Usa, e del pubblico (che pure si nutre della stessa paccottiglia, consapevole o meno, che ha reso "Anchorman" un film di culto).
Il peso del film cade tutto sulle spalle di Will Ferrell, anche co-sceneggiatore del film. Rilievo importante, per quanto palese, è l'impossibilità di scrivere davvero un film di questo tipo, specie con un attore come Ferrell, ispirato improvvisatore, a cui il regista Adam McKay affida in toto le chiavi della pellicola. Accanto a lui, un fantasista eccelso come Steve Carell, che compensa i toni politically incorrect (anche se ormai pienamente ammaestrati) del protagonista per regalare al film i suoi momenti di surrealismo più limpido e alto, al limite del puro dadaismo. Non è certo la formula a stancare, ma è l'osare incontrollato che porta il film ai limiti del trionfo, quasi sul limite del disastro. "Anchorman 2" sa di sanissima rimpatriata e rinnovo di un patto con un personaggio memorabile, ma forse meglio chiudere questo capitolo prima di collassare nella vuotezza comica di altri franchise.
cast:
Will Ferrell, James Marsden, Judah Nelson, Meagan Good, Dylan Baker, Christina Applegate, David Koechner, Paul Rudd, Steve Carell, Kristen Wiig
regia:
Adam McKay
titolo originale:
Anchorman 2: The Legend Continues
distribuzione:
Paramount Pictures
durata:
120'
produzione:
Apatow Productions
sceneggiatura:
Will Ferrell, Adam McKay
fotografia:
Patrick Capone, Oliver Wood
scenografie:
Clayton Hartley
montaggio:
Mellissa Bretherton, Brent White
costumi:
Susan Matheson
musiche:
Andrew Feltenstein, John Nau