Dopo i successi di "The Fighter" e "Il lato positivo", David O. Russell si conferma uno degli autori più attivi e vivaci della Hollywood contemporanea. Forte di sette nomination ai Golden Globe e in pole position per gli imminenti Oscar, questo "American Hustle - L'apparenza inganna" potrebbe valergli la consacrazione definitiva.
Nell'America dei tardi anni 70, si incrociano le vicende umane e "professionali" di personaggi agli antipodi tra loro, ma tutti egualmente outsider alla ricerca di un riscatto personale.
Irving Rosenfeld e la sua amante Sydney Prosser, cresciuti alla scuola della strada con la smania della vita comoda, gestiscono con scaltrezza e sangue freddo un sofisticato sistema fraudolento, tra false opere d'arte e strozzinaggio. Pizzicati dal fisco, vedono come unica possibilità di salvezza la proposta di Richie DiMaso, agente Fbi giovane e ambizioso, che pensa di sfruttare le loro competenze per acciuffare qualche truffatore importante. Il gioco, apparentemente innocuo e ben oleato, si complica presto fino a coinvolgere politici, malavitosi, membri del Congresso e del Senato, sfuggendo (forse) al loro controllo. A imbrogliare ulteriormente la matassa, un manipolo di personaggi secondari sull'orlo di una crisi di nervi: la moglie psicolabile di Irving, un poliziotto fin troppo prudente, un sindaco corrotto ma di buon cuore, un pericoloso mafioso dalle conoscenze linguistiche inaspettate.
La vicenda è ispirata all'operazione Abscam, condotta dall'Fbi per denunciare la corruzione dilagante in diverse istituzioni governative Usa. Ma, come specifica chiaramente la didascalia posta in apertura, questo sembra interessare solo parzialmente Russell: il regista rimodella direttamente addosso al suo formidabile cast lo script di Eric Warren Singer, già presente nella Black List delle sceneggiature più interessanti del 2010, per costruire così un'opera collettiva, più personale che sociale, sulla ricerca dell'identità e dell'autenticità.
Ancora una volta, come nei lavori precedenti, i suoi sono personaggi ai margini, individui borderline la cui massima aspirazione è, parafrasando Sydney, diventare qualcuno di completamente diverso da se stessi. Ognuno di loro è infatti artefice e prigioniero del proprio piccolo castello di menzogne e falsità: Irving ha scelto la truffa come lavoro e stile di vita, sua moglie Rosalyn sogna un idillio domestico lontanissimo dalla realtà, il sindaco Polito nasconde una morale disinvolta dietro una facciata irreprensibile, Sydney si spaccia per una Lady inglese e simula (fino a che punto?) un trasporto sentimentale per Richie, il quale a sua volta spera nel successo dell'operazione per scappare definitivamente dal proprio grigiore quotidiano.
In questo elaborato e fragilissimo castello di carte, tutti fingono, persino nei propri attributi fisici (si pensi al vistoso riporto di Irving o ai bigodini di Richie), motivati tutti da uno sconveniente interesse personale, sia la carriera, il tentativo di evitare la galera o l'ambizione di un riscatto sociale.
Grazie a un gruppo di attori in stato di grazia, straordinariamente affiatato, emergono così puntuali e sinceri i ritratti di questi uomini e donne alla deriva, mine vaganti che alternano slanci passionali e meschinità, simpatia e sgradevolezza, in un'umanissima girandola di emozioni e colpi bassi. Se Bradley Cooper e Jeremy Renner hanno il giusto physique du rôle nei panni, rispettivamente, dell'adrenalinico Richie e del pacioso sindaco Polito, merita una menzione speciale Christian Bale, che stupisce più per profondità che per trasformismo: il suo bolso, vanesio, premuroso e cinico Irving è una delle interpretazioni più sfaccettate e affascinanti di una già ricca carriera. Sul versante femminile, Amy Adams, sempre convincente, dona alla sua Sydney una sofferta e inedita sensualità, ma Jennifer Lawrence, spregiudicatamente sopra le righe, le ruba la scena con poche, fulminanti apparizioni.
"American Hustle" è tutto abilmente costruito intorno a loro e ai dialoghi frizzanti e senza sosta, spesso ambientati in interni cupi o poco illuminati, di cui sembra di poter respirare l'aria viziata. Per il resto, David O. Russell, autore più astuto che intelligente, dirige il traffico con buon mestiere, ma senza guizzi: al suo affresco sulla crisi di valori dell'America post-Watergate e post-Vietnam mancano la visione e il respiro epico di uno Scorsese, mentre al plot (per la verità, piuttosto intricato) avrebbero giovato il ritmo e la pulizia di un "Argo".
La confezione è comunque solida e lussuosa, di sicuro impatto, e quando irrompono le canzoni d'epoca di Donna Summer, Tom Jones, Bee Gees o Elton John, il film trova decisamente il giusto groove.
cast:
Christian Bale, Michael Pena, Jack Huston, Louis C.K., Robert De Niro, Jennifer Lawrence, Jeremy Renner, Amy Adams, Bradley Cooper, Alessandro Nivola
regia:
David O. Russell
titolo originale:
American Hustle
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
138'
produzione:
Atlas Entertainment, Annapurna Pictures
sceneggiatura:
David O. Russell, Eric Warren Singer
fotografia:
Linus Sandgren
scenografie:
Judy Becker
montaggio:
Alan Baumgarten, Jay Cassidy, Crispin Struthers
costumi:
Michael Wilkinson
musiche:
Danny Elfman