Agli inizi del 1972 Aretha Franklin è all’apice del successo. Ha già inciso "Think", "Respect", "(You Make Me Feel Like) A Natural Woman", "Chain of Fools", "I Say a Little Prayer". Il Grammy per il "Best Female R&B Vocal Performance" è costantemente suo appannaggio, tanto da venir ribattezzato "Aretha Award".
Quell’anno Aretha Franklin decide di tornare alle origini, alle canzoni Gospel, quelle che cantava insieme a suo padre, il reverendo C.L. Franklin, a Detroit e in giro per il paese. Viene invitata a registrare un album live alla New Temple Missionary Church di Los Angeles, in compagnia di una band di musicisti di prim’ordine, del Southern California Community Choir e del reverendo James Cleveland, che ha fortemente voluto quel concerto suddiviso in due serate.
Per immortalare l’evento la Warner Bros invia nientemeno che Sydney Pollack, regista che dopo aver fatto la gavetta alla televisione era già ascrivibile a guru della (non ancora codificata) New Hollywood grazie a un film come "Non si uccidono così anche i cavalli?", che gli aveva fruttato una nomination all’Oscar per la miglior regia. In quello stesso 1972 Pollack se ne uscirà con un altro tassello della Hollywood Renaissance, quel "Jeremiah Johnson" ("Corvo rosso non avrai il mio scalpo!") che costituirà uno dei film più importanti del filone revisionista della tradizione del western classico.
Ma intanto deve girare questo documentario su Aretha e il suo concerto, un film che non vedrà mai la luce a causa di questioni tecniche, un banale problema di lip sync che impedirà alla Warner di tentare di emulare il successo di un altro film musicale di quegli anni, il "Woodstock" di Michael Wadleigh.
"Amazing Grace" arriva nelle sale, infine, nel 2018, alcuni mesi dopo la morte della cantante, che figura tra i produttori del film (insieme a Spike Lee). Nel frattempo, anche Pollack è passato a miglior vita (dieci anni prima, nel 2008), per cui l’opera di completamento e perfezionamento del documentario è compiuta da Alan Elliott, produttore e musicista più che regista, che si fa coadiuvare nella fondamentale opera di editing da un ottimo tecnico come Jeff Buchanan ("Be Kind Rewind", "Her"), che ricorre a split screen depalmiani (ma usati ampiamente anche nello stesso "Woodstock") e a suggestive dissolvenze che mescolano rehearsal e live performance.
Dopo un passaggio alla Berlinale 2019, il film è arrivato nelle sale italiane soltanto nel 2021, ripescato dal calderone delle uscite trascurate dalla distribuzione nostrana. Meglio tardi che mai, si suol dire, perché "Amazing Grace" è un autentico gioiello, che inizia in sordina, apparentemente simile a uno dei tanti documentari musicali dell’epoca, per poi acquisire, minuto dopo minuto, un’aura mistica, una forza dirompente che non può essere giustificata dalla sola straordinaria voce di Aretha Franklin. Il disco omonimo registrato in quell’occasione fu un enorme successo commerciale, diventando l’album gospel più venduto della storia. E nel film possiamo assistere alla sua formazione, alla sua genesi, all’atmosfera che si respirava in quella chiesa alla presenza di un non numerosissimo ma emotivamente molto coinvolto pubblico in cui si era intrufolato pure Mick Jagger, catturato in alcuni frame dagli operatori coordinati da Pollack.
La voce di Aretha Franklin è miracolosa, come lo è il suo modo di interpretare quegli spirituals che in alcuni casi sono diventati veri e propri inni di fede e di speranza. Aretha è una dea, di una bellezza soave ed eterea, vera e propria casta diva, stella del firmamento che si è tramutata in messaggero celeste.
A un certo punto sul palco sale il padre di Aretha, che fornisce l’unica possibile lettura, l’unica (ir)razionale interpretazione alle emozioni che si stanno provando: "that intangible something that is hard to describe". È difficile descrivere quel qualcosa di intangibile. Proprio così.
cast:
Aretha Franklin
regia:
Sydney Pollack, Alan Elliott
distribuzione:
Adler Entertainment
durata:
87'
produzione:
40 Acres & A Mule Filmworks, Al's Records And Tapes, Rampant
montaggio:
Jeff Buchanan