I segreti familiari sono alla base di molte condotte nevrotiche già dai tempi di Freud. E se a questa problematica aggiungiamo l'
hikikomori, una sindrome depressiva di cui è vittima una buona percentuale di giovani asiatici, ecco che la faccenda si complica in maniera esponenziale.
Soo-na sembra vivere in una favola, ma presto il suicidio della sua amica, sottoposta alle angherie di una compagna di classe, la spinge di colpo in un incubo.
La causa della morte di Ha-jung è da ricercarsi nella sua incapacità a fronteggiare le cattiverie delle compagne, ma la momentanea assenza di Soo-na farà da catalizzatore della catastrofe, che si compie tutta nel momento in cui lei è fuori portata del telefonino dell'amica.
La ragazza che con le sue angherie spinge Ha-jung al suicidio finisce per assistere alla sua morte e a sua volta si toglierà la vita, vinta dalla colpa e dalla maledizione che Ha-jung le lancia prima di morire.
Ma a questo punto la storia acquisisce una complessità addirittura eccessiva. Dal momento che, quello che sembrava un racconto sul bullismo prima, e una storia di fantasmi poi, diventa di colpo un intero capitolo di un trattato di sociologia.
Il segreto familiare circa le reali origini di Soo-na fa da sfondo ad una storia di vendette e maledizioni che finisce per affogare nel sangue ogni tentativo di comprendere quello che accade. Ad un certo punto i morti superano i vivi e lo spettatore ha un momento di scoramento. Non è certo possibile che esistano vite così sfortunate! O forse si, e di solito se si sopravvive, nella migliore delle ipotesi si finisce col finanziare il college al primogenito di uno psicoanalista.
Ma tant'è, in Corea a volte l'epressione dei sentimenti prende una piega piuttosto eccessiva, e gli obblighi familiari finiscono per sommergere ogni volontà di evitare la degenerazione.
La storia che è dietro l'apparente vita spensierata di Soo-na è di quelle vecchio stampo, con la nonna che prende le decisioni per tutti e il resto della famiglia che ne paga le conseguenze fino all'ultimo rimasto. Ma non è tanto la reale implicazione che le vendette non hanno mai fine che finisce per disturbare lo spettatore, quanto l'assoluta mancanza di speranza che emerge insieme all'incredibile portata di una decisione presa, in definitiva, da una sola persona.
Il tutto procede inesorabile verso la catastrofe finale, che rivelerà la portata dell'ingerenza della nonna nelle vite dei familiari, e le conseguenze che questa ha avuto su tutti i personaggi esterni coinvolti.
L'ammiccamento alla storia di fantasmi, ancora di moda e sempre efficace, non salva lo spettatore dal senso di soffocamento per una sorte disperata che finisce per avvolgere tutti. E se il desiderio del regista era quello di turbare, prima ancora di intrigare lo spettatore di una tale incredibile concatenazione di eventi, si può dire che sia perfettamente riuscito. Un po' meno possibile forse è il reale coinvolgimento circa le sorti di personaggi, che si avvertono condannati già dai primi fortogrammi, e per cui nessuno sano di mente oserebbe sognare un lieto fine.
28/11/2008