“Quando nasci nel Bronx, sei sempre nel Bronx”
Abel Ferrara, Alive in France
Forse qualcuno ricorderà le dichiarazioni rilasciate da Francis Ford Coppola a margine della presentazione di “Un’altra giovinezza”, lungometraggio girato in Romania con un budget lontano anni luce da quelli ricevuti ai tempi delle grandi produzioni hollywoodiane. In quel frangente il regista de “Il padrino” e di “Apocalypse Now” ammise di non essere più al centro delle attenzioni delle grandi major, ma di guardare a quella nuova fase di carriera come l’opportunità di ritornare alla libertà e allo sperimentalismo dei primi lavori. Pur nella differenza dei trascorsi cinematografici e senza la programmaticità insita nella parole del collega, Abel Ferrara si dimostra seguace della medesima lezione, venendo a patti più di quanto abbia sempre fatto con le regola di fare di necessità virtù e quindi di trasformare la scarsità di mezzi e l’ostracismo del sistema nella forza del proprio cinema. D’altronde, come dargli torto, se i risultati sono quelli visti in “Alive in France”, gioiello cinematografico di natura derivativa, per il fatto di nascere come appendice della retrospettiva itinerante dedicata dai cugini d’oltralpe al cineasta statunitense. Accade nella realtà, ma soprattutto sullo schermo, che Ferrara, oltre a partecipare alla presentazione della sua opera e a incontrare i tanti ammiratori, decida di accompagnare la permanenza in terra francese con una serie di spettacoli musicali messi in piedi grazie alla fattiva collaborazione di antichi sodali come Joe Delia e Paul Hipp, autori - insieme al regista - delle colonne sonore di alcuni dei cult più celebri ("The Driller Killer”, “King of New York”), e insieme a Ferrara stesso, principali protagonisti del film che testimonia quell’esperienza.
Abituato a lavorare senza compartimenti stagni, mescolando opposti culturali e assottigliando le distanze tra arte e vita, Ferrara costruisce il film a propria immagine e somiglianza per più di un aspetto. Il primo dei quali, riferito al suo modo di essere artista, discende dalla cosa più ovvia di “Alive in France” e cioè dalla presenza dietro e davanti alla macchina da presa di Ferrara, che arriva a mostrarsi (per la prima volta) nella dimensione di protagonista assoluto del suo cinema: non solo filmaker, attore e anche performer - sul palco, insieme agli altri musicisti della band - ma, addirittura, ufficio stampa di se stesso quando si tratta di andare per le vie delle città francesi e distribuire ai passanti i volantini che pubblicizzano i suoi concerti. Il secondo, più nascosto ma non meno importante, riguarda invece la maniera di concepire il cinema, ancora una volta sincronizzato sui bioritmi del regista e perciò estensione filmata delle vicissitudini e dello stato umorale dell’autore. In questo caso “Alive in France” è la quintessenza della ritrovata vitalità di Ferrara, cui di certo contribuiscono la nascita della piccola Dee Dee e la stabilità delle relazioni affettive, scandite dall’esistenza di Christina Chiriac, compagna di vita e madre di sua figlia, presente - fuori e, soprattutto, sul palco - in veste di sinuosa e silenziosa front-woman e, ancora, l’essersi allontanato una volta per tutte dal centro gravitazionale dei propri fantasmi, per il momento scacciati dalla propria vita grazie alla felice complicità di un esilio romano (nel quartiere di Piazza Vittorio che era stato al centro del film precedente) ricco di amicizie e ispirazione.
Pur con il viso segnato dal tributo dovuto alle asperità della vita, quello che vediamo in “Alive in France” è un uomo pieno di energia ed entusiasmo, sempre pronto a occuparsi di tutto e tutti, dispensando allo spettatore aneddoti, pensieri e sessioni musicali senza alcuna mediazione. Prendere o lasciare. Così è Ferrara, così è il suo cinema, ritagliato sulla fenomenologia del momento e sul sentire del suo demiurgo. E dunque leggero (camera a mano e troupe ridotta al minimo), rapsodico (simile al cut up discorsivo che il regista lascia ogni volta in sospeso per rincorrere la prossima idea), spudoratamente vero (come dimostra la volontà di montare il film senza tagliare le “invasioni di campo” da parte di tecnici e operatori). Straripante e informale alla maniera di chi vive ogni istante come fosse l’ultimo, Ferrara canta e parla a ritmo di rock, facendo di se stesso il personaggio dei propri film. Come quelli, anche “Alive in France” è sorprendente e iconoclasta.
cast:
Abel Ferrara, Paul Hipp, Joe Delia, Christina Chiriac
regia:
Abel Ferrara
distribuzione:
Mariposa Cinematografica
durata:
79'
produzione:
Nicolas Anthomé
fotografia:
Emmanuel Gras
montaggio:
Leonardo Daniel Bianchi, Fabio Nunziata
musiche:
Joe Delia Abel Ferrara Paul Hipp
Una retrospettiva cinematografica, una serie di spettacoli musicali, un unico protagonista: Abel Ferrara