Albert Serra, regista di "Afternoons of solitude" (o "Tardes de soledad" in spagnolo) - che prometteva scandalo e alla fine si è portato a casa meritatamente la vittoria al San Sebastian Film Festival -, non è certo un nome nuovo del panorama cinematografico europeo: negli ultimi anni, per esempio, ha ottenuto il Grand Prix della giuria a Cannes nella sezione "Un certain regard" per il dramma erotico "Liberté"; il Pardo d’oro a Locarno per la personalissima rivisitazione del mito di Dracula in "Història de la meva mort"; il prestigioso premio Lumière per "Pacifiction – Un mondo sommerso". In questo caso, a San Sebastian, ha presentato i protagonisti più controversi della storia spagnola, toro e torero. Si tratta, infatti, di quasi due ore di non-fiction sulla vita quotidiana del torero cileno Andrés Roca Rey.
Il riferimento del titolo è presto detto: Hemingway, lo scrittore che più di tutti ha raccontato il tema delle corride, da "Fiesta" a "Per chi suona la campana", fino, appunto, al romanzo-saggio "Morte nel pomeriggio". Serra, da questo punto di vista, ha cristallizzato i pomeriggi del torero cileno, prima, dopo e durante la corrida: un lavoro di montaggio impressionate, monumentale, che segue Roca Rey in ogni azione lontano e vicino al toro. L’obiettivo, dichiarato, è quello di realizzare una fenomenologia del dettaglio e della tauromachia, che faccia da controparte empirica agli "echi di Garcia Lorca", come ha dichiarato Serra, ontologici alla corrida stessa.
"Afternoons of solitude" è un’opera monumentale, monolitica, quanto il suo status nella società spagnola – nonostante l’accesissimo dibattito che è in corso proprio in questi ultimi anni nel paese, soprattutto in Catalogna, dove è nato Serra -, che affida alla forma documentaristica uno sguardo asettico, che seziona turbamenti umani e animali; "l’anatomia di un pomeriggio" di Serra, parafrasando il grande romanzo di Javier Cercas sul golpe in Spagna del 23 febbraio 1981, è un affresco irrefrenato e irrefrenabile, una sorta di soliloquio in cui il fenomeno e l’epifenomeno sono sezionati da una mania per l’insert maniacale, che talvolta trascende la "semplice" messa in scena documentaristica. E, come mai prima d’ora, la camera di Serra si sofferma anzitutto sul toro, ne registra la respirazione, l’abuso subito, il sangue e lo sguardo una volta a terra, massacrato. Insomma, Serra ha realizzato una prigione visiva, panottica, in cui siamo costretti ad assecondare la violenza, la battaglia (impari) tra toro e torero. Non c’è alcuna citazione della tradizione, ne uno sguardo al futuro: "Afternoons of solitude" cataloga, scheda un presente sovraesteso, un’uccisione in presa diretta, ripetuta e ripetuta.
Serra, che ha lavorato al documentario per quasi cinque anni, filmando in oltre quattordici differenti corride, seppur pubblicamente non abbia dichiarato che "Afternoons of solitude" sia una pellicola "antitaurina", pare che in definitiva abbia raggiunto l’obiettivo, forse nascosto in principio, di ribaltare l’idea hemingwayana secondo cui la morte del toro è un evento metafisico. Serra, volente o nolente, condanna la corrida alle sue conseguenze, all’atto artistotelico, che non è oltre la "physis". Come il pubblico, che è attorno alla scena, mai inquadrato, aleggia, incombe sulla scena: perché la gente va a vedere la corrida? L’altra domanda che Serra, in punta di piedi, abbozza tra le righe.
cast:
Jordi Ribas Surís
regia:
Albert Serra
titolo originale:
Tardes de soledad
durata:
125'
produzione:
Tardes de Soledad AIE, Lacima Producciones, Ideale Audiences
sceneggiatura:
Albert Serra
fotografia:
Artur Tort Pujol
montaggio:
Albert Serra, Artur Tort Pujol