È diretto da Jonathan Levine, regista indipendente che aveva a suo carico un lungometraggio, "Fa' la cosa sbagliata" (un lavoro non proprio riuscito che però aveva riscosso un discreto successo al Sundance Film Festival del 2008), e qualche corto e mediometraggio. In questo film dimostra la stoffa di un cineasta audace ed entusiasta che, prima di ogni altro elemento, si concentra sulla storia e su coloro che la animano. Non ha paura di sembrare prevedibile e non rinuncia anche a qualche clichè, ma fa tutto con un garbo e una delicatezza tali da non intaccare minimamente l'efficacia del racconto. Anzi, concede ai suoi personaggi un gran calore umano, elemento intelligibile in ogni immagine del film, dall'inizio alla fine.
L'apparato visivo non manca di vivacità e inventiva, in particolare si segnala un uso molto arguto delle panoramiche che, al posto di allontanare il punto di vista dello spettatore da quello del protagonista, servono a descrivere gli spazi in cui si muove. Questo apparente distacco diventa pretesto di inclusione anche di varie implicazioni sociali e politiche sulle paranoie dell'America post crisi che arricchiscono indubbiamente la capacità descrittiva della pellicola.
Il punto di forza di "50/50", comunque, resta la caratterizzazione dei personaggi: un campione d'umanità vario e profondamente credibile. Nello script non ci sono forzature o eccessi caricaturali, solo tanto equilibrio e un sincero affetto per le circostanze tragiche o buffe in cui essi incappano. Oltre a un Joseph Gordon Levitt particolarmente bravo, anche perché perfetta antitesi del maschio virile, tutto il cast d'appoggio è validissimo: da Philip Backer Hall (il padre malato di Alzheimer) a Anjelica Huston (madre iperprotettiva), fino all'emergente Anna Kendrick che avevamo già avuto modo di apprezzare in "Tra le nuvole". È, però, Seth Rogen a rubare prepotentemente la scena e, con un'interpretazione spassosa e sopra le righe (aiutato probabilmente anche dalla natura del suo personaggio), alleggerisce molte situazioni che altrimenti avrebbero rischiato di cadere nel già visto.
L'ironia è l'altro elemento catalizzatore di una sceneggiatura fresca e movimentata, ricca di momenti molto esilaranti che si alternano sapientemente a frangenti decisamente drammatici, senza però mai ridurre il loro potere emotivo. Un'ironia scorretta, pungente e spesso squisitamente sboccata che fa della sua immediata semplicità un' altra condizione di immersione totalizzante nella realtà psicologica dei personaggi.
Il finale, in silenzioso crescendo, regala emozioni potenti e sincere, producendo un teso e affettuoso raccoglimento intorno al protagonista e provocando un po' di sana e onesta commozione. Un coinvolgimento che, nella sua prevedibilità, non ha niente a che vedere con le dinamiche della "lacrima a comando" di certi drammoni strappalacrime hollywoodiani.
Bellissima colonna sonora in cui non mancano pezzi dei Pearl Jam e dei Radiohead.
cast:
Serge Houde, Andrew Airlie, Matt Frewer, Philip Baker Hall, Anjelica Huston, Bryce Dallas Howard, Anna Kendrick, Seth Rogen, Joseph Gordon-Levitt
regia:
Jonathan Levine
titolo originale:
50/50
distribuzione:
Summit Entertainment
durata:
100'
produzione:
Evan Goldberg
sceneggiatura:
Will Reiser
fotografia:
Terry Stacey
scenografie:
Annie Spitz
montaggio:
Zene Baker
costumi:
Carla Hetland
musiche:
Michael Gioacchino