Il grande Jean-Patrick Manchette definiva il noir come la storia della rivolta di uomo solo contro un sistema corrotto e dell’inevitabile fallimento di questa rivolta. “5 è il numero perfetto” è un noir da manuale[1]. E’ anche il miglior noir italiano da parecchi anni a questa parte.
Quello che colpisce fin dalla prima scena è l’estrema cura tecnica, rara nei film di esordienti, rara nei film italiani. Le scenografie sono stupende: in una Napoli che è sia ben collocata negli anni 70 che fuori dal tempo come un luogo della mente, ogni palazzo, ogni vicolo, ogni antro, ogni tetto è non solo uno sfondo ricco di dettagli, ma uno spazio nel quale i personaggi si muovono plasticamente come in uno spettacolo teatrale, grazie anche a un uso sapiente dei movimenti di macchina. Questo risulta cruciale anche nell’allestimento delle scene d’azione per le quali Igort si è avvalso della consulenza di un grande del genere “sparatorie danzate” come Johnnie To. E’ una Napoli, infine, in cui si bilanciano bene caratteristiche identitarie (il ricorrere della Madonna, il caffè usato per scandire i tempi e dilatarli) con luoghi comuni rovesciati (invece del paese del sole abbiamo una pioggia violenta continua che si abbatte su tutto e tutti).
Il casting è fenomenale. Carlo Buccirosso dimostra di potersi liberare dai personaggi meschini che gli vengono regolarmente assegnati e Valeria Golino con la sua interpretazione regala a Rita uno spessore che nell’opera originale forse non aveva. Ma il film è sostanzialmente un pezzo di bravura di Toni Servillo – Peppino Lo Cicero. Non a caso. “5 è il numero perfetto” è una graphic novel diventata istantaneamente un classico, con un serrato procedere di pagine che pare fatto apposta per essere trasposto in un film, eppure senza la determinazione di Servillo forse non sarebbe mai diventata un film. E il motivo è chiaramente il fatto che voleva diventare Peppino Lo Cicero. Non stiamo a stupirci della mimesi fisica – supportata da trucco e costumi impeccabili – dato che in fondo stiamo parlando dell’attore che ha interpretato con eguale efficacia Andreotti e Berlusconi, ma proprio della realtà che riesce a dare a Peppino, un uomo mosso solo in superficie dal desiderio di vendetta e in realtà guidato da motivazioni ben più stratificate e contraddittorie.
Il leader di successo è quello che dirige uomini più bravi di lui e bene ha fatto Igort ad affidarsi alla fotografia di Nicolaj Bruel, David per la fotografia di "Dogman", che ne meriterebbe un altro per il lavoro fatto qui. La campagna pubblicitaria del film, infatti, punta molto sull’effetto "Sin City", ma qui siamo di fronte a un approccio meno radicale e più maturo. Il livello di contrasto delle immagini è sapientemente modulato in modo da variare il livello di naturalismo dell’immagine e di tono della storia. Durante i confronti tra guappi di notte, Peppino e il sodale Totò diventano a volte pure silhouette d’ombra – confrontandosi con Rita o col barbiere diventano personaggi reali. Si può quasi dire che le linee del contorno di Peppino sono tanto più nette quanto più duro il vecchio guappo deve costringersi a essere. Ma se la gestione delle luci è l’aspetto più prezioso della messa in scena, non è l’unico degno di nota. Si fa ricordare in particolare per la sua poesia una inquadratura larghissima nel pre-finale in cui la resa dei conti è per un momento quasi invisibile di fronte allo splendore della città e del mare, quasi a ricordare la fragilità dei nostri piani rispetto alla complessità del tutto.
Insomma: guapparia, lacreme e maestria formale – andate a vedere "5 è il numero perfetto".
[1] SPOILER: in realtà è addirittura una evoluzione di questa struttura. La rivolta apparentemente è successo, salvo scoprire, nel fulminante ultimo atto, che non solo il sistema è rimasto, ma che si è stati manovrati come una pedina tutto il tempo.
cast:
Toni Servillo, Valeria Golino, Carlo Buccirosso
regia:
Igort
distribuzione:
01 Distribution
durata:
100'
produzione:
Jean Vigo Italia
sceneggiatura:
Igort
fotografia:
Nicolaj Bruel
scenografie:
Nello Giorgetti
montaggio:
Esmeralda Calabria
Durante una “fatica” (cioè un omicidio su commissione) il figlio del vecchio killer in pensione Peppino Lo Cicero viene tradito. Peppino rifiuta di accettarlo e si rimette in gioco per scoprire la verità, ricorrendo ai vecchi ferri del mestiere e amici in fondo mai dimenticati.