Caro Monsieur Clair - E il film?...
Quando?... Il tempo passa (& non ripassa
).
Ho la "fifa" di essere dimenticato da Lei. Sì... Mi invii al più presto i dettagli del suo meraviglioso lavoro. Grazie di cuore.
Il suo ESQuando Satie redige queste poche righe, è il 23 Ottobre del 1924 e manca appena un mese alla prima di "
Relache", balletto simbolo della cultura dell'istantaneismo patrocinato dall'isolato Francis Picabia, i cui slanci di fervore anarchico mal si conciliavano con i severi indirizzi artistici tanto dei surrealisti di Breton, quanto dei dadaisti di Tzara. In quell'autunno la partitura del maestro di Honfleur per la coreografia era già ultimata, ma Satie non aveva ancora avuto modo di vedere le riprese effettuate da René Clair per il tradizionale intermezzo che avrebbe dovuto accompagnare i due atti del balletto e sarebbe, poi, divenuto uno dei più celebri corti d'avanguardia della storia del cinema.
Non meno valida è la colonna sonora del film, capace di dare forma musicale alla furia iconoclasta di un discorso poetico, (dis)organizzato sull'incerto filo di temi-evento, che troppo deve alla cultura dell'istantaneismo per creare anche solo un'illusione di struttura. Le teste di caucciù che si gonfiano, i guantoni da pugilato che ritmano le fasi di un'astratta schermaglia, le architetture sfocate e dissolte nelle proprie geometrie, la danza dei fiammiferi, i volteggi di una figura danzante, non costituiscono i prodromi di un intreccio, ma l'irrisione del senso, della logica concatenazione degli eventi in una struttura convenzionale. Ed è sull'apparente (ir)razionalità del gesto
nonsense che Satie, cogliendo il senso del progetto oltre la sua esibita gratuità, organizza l'architettura musicale, frammentando, cioè, il discorso armonico e conglobando frasi e sviluppi nella concisione di molteplici cellule ritmiche, i cui temi, spesso ribaditi in ostinati di quattro o otto battute e sconnessi l'uno dall'altro, replicano l'assurda svagatezza di cui si nutre la trama indicibile del cortometraggio.
In questa operazione, mantenendo l'unità ritmica della partitura con l'indicazione costante di un Pas trop vite in 2/4, Satie, che ha l'accortezza di rifiutare l'appiattimento dello score a mero commento musicale (con l'unica eccezione delle scene di danza, in cui l'irruzione di un tempo in 3/4 denuncia l'asservimento del ritmo alla forma dell'evento), rende manifesta la continuità di un progetto, in cui la disgregazione della struttura si accompagna alla riedificata coerenza "intuitiva" di un racconto, che procede per libere associazioni.
Si è spesso chiamata in causa, per formalizzare questa escursione cinematografica di Satie, la
musique d'ameublement, eppure gli unici, effettivi punti di contatto tra la due esperienze del maestro risiedono nell'idea di una musica funzionale, cioè applicata, ma laddove il "Prélude en tapisserie" o le estenuanti reiterazioni di "
Vexations" annullando, di fatto, il tempo, si disperdono nelle geometrie dello spazio come insinuanti forme di arredamento, "Cinéma", la partitura per fiati, archi e percussioni scritta per "Entr'acte", crea il tempo, organizzando le forme musicali secondo un discorso ritmico che dialoga con un montaggio già dato, con una cadenza, cioè, preesistente.
Per capire quanto più ampi siano gli orizzonti di "Cinéma" rispetto all'
ameublement musicale, basti citare la seconda parte del cortometraggio di Claire, l'unica in cui (pur con le inevitabili concessioni al gusto dada) sia possibile individuare una traccia narrativa. Mentre un corteo funebre si raduna attorno ad una carrozza cinta di salumi e trainata da un cammello (!), Satie vira in 4/4 il commento musicale e traspone in la minore la
Marche funèbre dalla "
Sonata op. 35" di Chopin, beffeggiando, con fare allusivo, la consueta pratica degli accompagnatori del cinema muto, che spesso proponevano, nelle loro esibizioni, frammenti di musica colta in grotteschi collage. Lo spirito dissacratorio è evidente; bastano, infatti, poche battute e l'insinuarsi di un breve contrappunto che richiami le precedenti cellule melodiche perché l'originaria citazione venga inglobata nel tessuto circense di "Cinéma", nelle volute di una partitura geniale e sconnessa, che oltrepassa i generi muovendosi tra Chopin e selvagge cellule
Ragtime, stile noto a Satie per via della lunga pratica cabarettistica che lo vide impegnato come pianista accompagnatore presso lo
Chat Noir di Montmartre.
In commercio sono disponibili numerose versioni della partitura; l'edizione qui consigliata vede al pianoforte il pianista Bojan Gorisek e comprende anche i brani realizzati per Picabia ("Relache") e Tristan Tzara. Ciò nonostante, per gustare appieno la carica rivoluzionaria di un'opera, che, abbandonando l'andamento leitmotivico, il mediocre romanticismo e le tante citazioni classiche in voga all'epoca, si applica, per la prima volta, alla consapevole costituzione di un'arte congiunta alle immagini, consigliamo senz'altro di riascoltare (e rivedere) la
versione originale.