Mai come in "Arancia meccanica" il sonoro è centralizzante. A cominciare dalla musica che ricopre i tre quarti dell'intero film e proseguendo con l'uso futuristico e anticonvenzionale del parlato.
Il capolavoro "violento" di Kubrick ruota attorno alla dissacrazione impertinente della musica classica (rielaborata da Walter/Wendy Carlos) di Rossini, Beethoven, Purcell, accostata a quella più leggera e recente di "Singin' in the Rain" e dello stesso Carlos. Derisione causata dal conflitto manicheo tra istinto e ragione, tra individuo e società (Alex è il prodotto di una società e di una cultura da abolire).
Il dinamismo musicale della pellicola è trainante: la nona sinfonia di Beethoven apre le danze con un'espressione di gioia incontrollata e vitale, Rossini mantiene alto il dinamismo ma con connotazioni diverse: "La Gazza Ladra" è magistrale nelle sincronizzazioni a video e il "Guglielmo Tell" è riproposto in una schizzata versione accelerata per accompagnare un amplesso orgiastico a dimostrare ancora una volta frenesia, carica ironica, vita. E mentre Rossini soddisfa il suo istinto animale e ingovernabile (la violenza, il sesso) tocca a Beethoven distendere il nostro tra accattivanti desideri onirici e morbose fantasie.
La "Elegy on the Death of Queen Mary" di Purcell (in
Dies Irae), usata spessissimo nel corso del film, associa la sua galleria di istantanee sonore alle peripezie del giovane drugo. L'elegia di "Pomp and Circumstance" di Elgar si affaccia invece imperiosa come espressione di potere e fedeltà alle istituzioni.
Cerimoniali formali presto interrotti da note ben più lievi come la scherzosa "I Want to Marry a Lighthouse Keeper" di Erika Eigen, e la voluminosa "Timesteps", l'unico brano originale del disco che riproduce effetti in bilico tra musica e rumori per dare consistenza allo sgradevole trattamento clinico ricevuto da Alex.
Dopo tante odissee sonore (compresa quella di
2001) è ancora l'illogica ad avere la meglio, a trionfare assieme al potere, che incoraggia e gratifica violenza e sopraffazione. La chiusura del "cantando sotto la pioggia" di Gene Kelly, che incornicia la visione erotica di Alex, ne rappresenta la dimostrazione più lampante, quella che ci lascia sinistramente e con l'amaro in bocca.