Ondacinema

recensione di Simone Loi
8.5/10

"La lotta più dura è rimanere nella propria terra"

(Basel Adra, dal trailer di "No Other Land")

Masafer Yatta è una regione collinare semi-desertica a sud di Hebron, in Cisgiordania, costituita da una dozzina di villaggi abitati principalmente da contadini e pastori arabo-palestinesi sin dal XIX secolo. Tra di loro c’è anche Basel Adra, giovane avvocato e giornalista, che ha deciso di dedicare la propria vita a documentare la barbarie che lo circonda sin dall’infanzia. Infatti, dopo la Guerra dei sei giorni del 1967, Masafer Yatta è divenuta oggetto dell’occupazione israeliana fino ad essere dichiarata, nei primi anni Ottanta, area di addestramento militare ‒ la cosiddetta Firing Zone 918 ‒ e fungere da terreno fertile per l’espansione coloniale dello Stato ebraico. Una graduale, subdola e deflagrante attività di espropriazione forzata, legittimata nel 2022 da una sentenza della Corte Suprema di Israele e messa in pratica sistematicamente da più di cinquant’anni, attraverso ordini di demolizione degli immobili e un asfissiante controllo militare della circolazione stradale.

In un contesto del genere non sorprende che anche l’informazione venga ostacolata dai soldati, rendendo il lavoro di attivisti e stampa internazionale estremamente difficile da portare a termine. Per questo motivo Basel sceglie di ergersi a voce narrante di un’intera popolazione, mostrando dall’interno una realtà altrimenti destinata a rimanere sconosciuta. "No Other Land" si presenta dunque prima di tutto come uno strumento divulgativo e di denuncia verso le operazioni distruttive del governo di Netanyahu. Un reportage composto da un poderoso quantitativo di video, girati tra l’inverno 2019 e l’autunno 2023 dallo stesso Basel con il telefono o una piccola videocamera, che rievoca a gran voce – per l’inevitabile artigianalità delle immagini e il loro complementare effetto travolgente – l’acclamato "20 Days in Mariupol" di Mstyslav Chernov, raffigurazione dei primi giorni di invasione russa nei territori ucraini. Tuttavia, per quanto intensa e impressionante possa apparire tale dimensione, limitarsi ad essa rischierebbe di vanificare le potenzialità del cinema, specie nell’epoca in cui un effetto di sensibilizzazione ben più esteso e pervasivo può essere ottenuto attraverso la condivisione degli stessi video sui social network. "No Other Land" sembra però esserne pienamente consapevole e trova una strada diversa per arricchirsi e giustificare la sua presenza sul grande schermo.

Basel smette presto di essere un solitario protagonista e viene affiancato da Yuval Abraham, attivista e giornalista investigativo israeliano, giunto in Cisgiordania dalla vicina città di Be’er Sheva per dare il suo contributo nell’opposizione all’occupazione. Con la sua presenza si delinea un flusso di intermezzi che dipingono la costruzione di un rapporto intimo e collaborativo, dove la differenza etnica si annulla in totale contrapposizione con la fattualità dell’ambiente circostante. Il binomio Yuval-Basel diviene allora catalizzatore delle diverse possibilità concesse in base alla nazionalità ‒ Yuval può muoversi liberamente e uscire dall’area rurale, al contrario di Basel – e parallelamente abbattitore del manicheismo generalizzante, che nelle narrazioni contemporanee spesso semplifica il dualismo Israele-Palestina in un’antitesi inconciliabile. Un legame di militanza vitale, dove senso di sopravvivenza e voglia di giustizia si intersecano e travalicano l’empiricità del racconto, sintesi di un’unione simbolica che si estende ulteriormente a livello metacinematografico. Questo perché dietro la macchina da presa gli stessi Basel e Yuaval sono fiancheggiati da altri due colleghi, il fotografo palestinese Hamdan Ballal e la dop e montatrice israeliana Rachel Szor. I quattro costituiscono un collettivo di giovani esordienti, decisi a convogliare nel mezzo cinematografico tutta l’urgenza di creare un atto di resistenza civile.

I registi mettono saggiamente le proprie prospettive e visioni artistiche al servizio dell’ostinata sopportazione comunitaria, edificando un tassello identitario della radicata resilienza non violenta cisgiordana. La scelta è quella di non indugiare esclusivamente sulla violenza subita dagli abitanti di Masafer Yatta, sfruttando abilmente il montaggio per mostrarne soprattutto le conseguenze. I filmati di repertorio di Basel e Yuval si alternano ai ritratti di quotidianità degli abitanti, che proseguono la propria vita muovendosi tra le macerie fisiche e psicologiche lasciate dalla parassitaria ferocia militare. Non solo, attingendo agli archivi famigliari di Basel si scava nella storia del territorio per sottolineare la ripetizione ritmica dell’orrore e qualificarne la più completa stratificazione. Ci viene mostrata l’ipocrisia del governo israeliano che sospende temporaneamente le demolizioni dopo la visita di Tony Blair, gli stratagemmi escogitati dagli abitanti per poter costruire una scuola per i propri figli, la strutturazione di un sistema di apartheid manovrato con le targhe delle auto per distinguere ebrei e arabi. Il tutto enfatizzato dalla penetrante colonna sonora di Julius Pollux Rothlaender, fatta di note essenziali e distribuita con parsimonia in modo da generare un’atmosfera nostalgica, come se tutto fosse sospeso in una distopia apocalittica, ancor più lacerante nel rendersi conto che in questa storia non c’è nulla di fantascientifico.

Grazie ad un’interessante varietà di accenti, "No Other Land" riesce così a erigere una voce unica, in grado di far luce su una realtà sfiancante e sul totale abbandono in cui è ricaduta l’intera comunità, rimasta stoicamente presente non avendo nessun’altra terra che la possa ospitare. Le eco del passato e le grida delle nuove generazioni si fondono inscindibilmente nel rigetto della difesa armata, nel nucleo di una cultura ereditaria che si riflette sugli oppressori fino a renderne oggettivamente ingiustificabili le azioni e l’insensibilità. E Masafer Yatta diventa un paradigma riassuntivo della disumanità che la nostra specie è stata in grado di concepire nei secoli: il colonialismo, la gentrificazione, la segregazione, la sostituzione etnica, l’appropriazione indebita, il genocidio. Tutto scorre davanti agli occhi dello spettatore senza didascalismo, nella sempre più angosciante fisiologia degli eventi.

Quello che resta dopo il passaggio dei bulldozer israeliani sono solo le ombre di corpi martoriati dalla fatica di lottare per conservare il diritto alla propria casa, sagome offuscate che dopo decenni continuano a mantenere vivo il miraggio di non essere rasi al suolo. Nel finale, Basel e Yuval dialogano nel chiaroscuro della notte, tra riflessioni su cosa possano fare per cambiare le cose e sogni utopici di una convivenza non più necessariamente legata alla sopraffazione. E dopo aver visto per quasi novanta minuti l’estrinsecazione della malvagità umana articolarsi sullo schermo, anche noi spettatori finiamo per essere trasportati dai loro discorsi trasognanti, fino a voler credere che la pace non sia davvero una chimera. Ma, come detto, questo film è stato girato prima del 7 ottobre 2023. L’epilogo ci riporta quindi brutalmente alla realtà, con le immagini dei coloni israeliani che si uniscono ai militari per vendicarsi sugli incolpevoli abitanti agresti degli attacchi di Hamas, nel vortice di una spirale persecutoria tendente all’infinito.

"No Other Land" non è solo un documentario, ma il segnale di vita di una comunità che non si è ancora arresa, con il grande pregio di non forzare mai l’empatia o ricattare emotivamente lo spettatore. Non ha bisogno di inutili fronzoli per accentuare il proprio linguaggio, perché il reale è già di per sé abbastanza eloquente. Un’opera capace di elevarsi all’apice della forma documentaristica, completando simultaneamente un lavoro di informazione, coinvolgimento, responsabilizzazione e fissazione del tangibile come monito per l’avvenire, attraverso una viscerale onestà e senza alcuna sterile retorica politica. Una devastante bellezza cinematografica, totalmente intrisa della rabbia e del dolore impliciti nella sua stessa esistenza.


14/01/2025

Cast e credits

cast:
Basel Adra, Yuval Abraham


regia:
Rachel Szor, Hamdan Ballal, Basel Adra, Yuval Abraham


titolo originale:
No Other Land


distribuzione:
Wanted Cinema


durata:
92'


produzione:
Yabaybay Media, Antipode Films


sceneggiatura:
Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor


fotografia:
Rachel Szor


montaggio:
Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor


musiche:
Julius Pollox Rothlaender


Trama
Il documentario firmato da un collettivo israelo-palestinese mostra le violenze e i tentativi di espulsione forzata perpetrati dall’esercito israeliano nei confronti della comunità rurale di Masafer Yatta, nella Cisgiordania occupata. Tra le demolizioni e gli abusi in corso da più di cinquant’anni, due giovani attivisti e giornalisti, il palestinese Basel e l’israeliano Yuval, uniscono le forze in un’alleanza improbabile contro gli orrori del conflitto.
Link

Sito ufficiale

Sito italiano