Ondacinema

recensione di Stefano Santoli
9.0/10

“Here” di Robert Zemeckis porta sul grande schermo una celebre pietra miliare delle graphic novel, l’opera omonima firmata da Richard McGuire. Il regista ne conserva le peculiarità adattandole al linguaggio cinematografico. Assistiamo a un film girato da uno solo point of view, una sola prospettiva fissa, non soggettiva, collocata per gran parte del film all’interno di un soggiorno (fatta cioè eccezione per i frammenti che visualizzano epoche passate, in cui non era ancora stato costruito l’edificio all’interno del quale la stanza si trova). Le vicende che “Here” racconta – o, meglio, su cui apre squarci – abbracciano più generazioni, spaziando su un arco temporale plurisecolare. All’interno della medesima inquadratura si aprono di volta in volta, in maniera del tutto libera, nuovi quadri che creano split screen di diverse dimensioni, collocati in punti diversi dello schermo. In tal modo Zemeckis ricalca fedelmente la fonte letteraria da cui il film trae spunto, con l’aggiunta però fondamentale, cinematografica, delle transizioni. Queste ultime, a seconda dei casi, ampliano ciò che era parziale, anticipano la scena successiva, oppure trattengono quella precedente, arricchendo l’esperienza visiva e narrativa. Trasformandola in Cinema.

“Here” è un film in un certo senso sperimentale, che a partire dalla forma finisce per essere significativo su più livelli di lettura. In primo luogo, dal punto di vista squisitamente stilistico, presenta novità sotto il profilo del linguaggio cinematografico, convertendo in cinema - grande cinema - il potenziale cinematografico latente nel materiale d’origine. In secondo luogo, apre una riflessione sul Tempo: su quello del racconto, certamente, ma anche sul Tempo in quanto tale - il tempo della vita. Pur coprendo più generazioni, “Here” si concentra soprattutto sulle vicende di un personaggio, Richard, interpretato da Tom Hanks (il quale, comparendo in diverse età della vita e dunque anche da giovane, appare spesso ringiovanito con la tecnica del de-aging). Il film ne racconta l’intera vita, contestualizzandola nel flusso temporale di ciò che la precede e che la segue. In questo modo, “Here” invita a riflettere sull’esistenza individuale in forme che azzardiamo a definire una sorta di “minimalismo massimalista”. Ed è qui, secondo noi, che si cela il livello di senso forse più originale del film.

Procediamo con ordine. Sotto il profilo stilistico, l’elemento distintivo del film è rappresentato proprio dalle transizioni innovative legate all’uso di finestre, riquadri che si aprono nello schermo, attraverso i quali il racconto procede per stacchi, avanti o indietro nel tempo. Si generano diversi e spesso inediti significati a seconda dell’effetto di transizione usato: espansione di una finestra in schermo intero o viceversa, utilizzo di finestre per unire personaggi colti in età diverse o per accostare eventi analoghi appartenenti a epoche diverse... Oppure ancora, al contrario, la finestra può essere usata per segnare discontinuità, suggerire interruzioni, presagire una fine, dividere personaggi che stanno per separarsi. Ad esempio, in una scena, un personaggio “persiste”, da solo, in una porzione dell’inquadratura che in precedenza riempiva tutto lo schermo, e in cui compariva ancora la compagna di una vita. Ridotto quel quadro a finestra interna a un quadro più ampio, si preannuncia un abbandono imminente.

La riflessione sul Tempo risulta suggestiva e coinvolgente grazie alla particolarità del linguaggio visivo escogitato. Il tema della persistenza e della ricorrenza si sviluppa attraverso legami che attraversano i secoli, evocando assonanze e rimandi tra esistenze individuali lontane, parentele segrete in grado di suggerire il travalicamento della solitudine (quasi richiamando alla memoria, per certi versi, “La doppia vita di Veronica” di Kieslowski). Ma ciò è vero più agli occhi dello spettatore che non per i personaggi, per i quali invece il tema dello smarrimento della memoria è preceduto dal suggerimento costante allo spettatore dell’inconsapevolezza del senso più profondo del nostro esistere in cui si svolge nel quotidiano la vita di ciascuno. O più semplicemente, dell’inconsapevolezza di quanto siano simili, le nostre vite, rispetto a quelle dei nostri simili: siano essi i nostri affetti, siano gli estranei che ci hanno preceduto o ci seguiranno nel tempo. Ognuno, nel film, viene colto in un frammento di presente, in cui è - come tutti noi - privo di coscienza di vivere in un luogo, certamente ordinario, eppure carico di eventi e di memorie, che risuonano dal passato, e forse persino dal futuro.

Il film si conclude con l’unico cambio di prospettiva dell’intera opera, una liberazione dello sguardo che coincide con un’apertura e un’inversione di campo che richiama formalmente il finale di “Professione: Reporter" di Antonioni. La macchina da presa esce finalmente dal soggiorno, si eleva in un dolly vertiginoso, finendo per inquadrare l’intero edificio e il quartiere circostante. Questo movimento sigla la definitiva mise en abîme dell’individuale nel collettivo, e suggella il rispecchiamento della vicenda dei personaggi di “Here” in una dimensione più ampia.

Poc’anzi abbiamo introdotto la formula ossimorica di “minimalismo massimalista”. Vogliamo dire che il film è costituito all'apparenza da una prevalenza di “scene madri”, ma queste scene in realtà svelano un'essenza minimalista. “Here” mette in scena, alla fin fine, gli eventi più ordinari della vita. Si concentra sì sui più classici momenti da album di ricordi: nascite, morti, compleanni… Ma questi momenti sono messi in scena in modo molto poco spettacolare. Non si afferma che questi momenti siano le cose più significative della vita; al contrario, il film suggerisce che i momenti più significativi vissuti da ciascuno si collocano non "Qui", ma “altrove”. Fuori campo. E fuori dal tempo del racconto. In un film che si concentra sul "qui", finiscono per risultare fondamentali le ellissi. Un bel paradosso.

Ne discende un'ultima osservazione. Dal singolare approccio alla narrazione adottato dal film possiamo far discendere una riflessione sulla narrazione cinematografica e sulla sua relazione con la serialità televisiva. Il film addensa la sua intensità nei suoi 100 minuti di durata: è l’unico modo di concentrare ed esprimere il suo senso profondo. Proviamo a immaginarne una versione estesa, in forma di serie televisiva. Dove si raccontino tutti gli eventi che nel film sono semplicemente sottintesi. In una tale operazione ogni significato si disperderebbe, verrebbe banalizzato. La fruizione risulterebbe piatta, monotona, stucchevole. “Here” apre perciò anche a una riflessione cruciale sulla sopravvivenza del cinema, in forme e tempi del racconto che siano originali e inusuali, concisi e diametralmente opposti a quelli distesi che il pubblico "da divano" sembra prediligere.


08/01/2025

Cast e credits

cast:
Tom Hanks, Robin Wright, Kelly Reilly, Paul Bettany


regia:
Robert Zemeckis


titolo originale:
Here


distribuzione:
Eagle Pictures


durata:
100'


produzione:
Miramax, ImageMovers


sceneggiatura:
Eric Roth, Robert Zemeckis


fotografia:
Don Burgess


montaggio:
Jesse Goldsmith


musiche:
Alan Silvestri


Trama
"Here" racconta la storia di un singolo luogo e di ciò che vi è accaduto nel corso del tempo, con una narrazione che procede per salti temporali avanti e indietro nel tempo. Zemeckis si concentra sul XX secolo, entro i confini di un soggiorno che è unica ambientazione di gran parte del film, e sulle vite dei suoi inquilini.