Ondacinema

recensione di Matteo Zucchi
7.0/10

Wendell & Wild

Negli ultimi 13 anni è cambiato molto il mondo in cui viviamo, e quello dell’animazione non è stato da meno. Al termine di un periodo che ha visto il ritorno all’egemonia della Disney, la normalizzazione della Pixar, il ridimensionamento o la chiusura della maggior parte degli studi statunitensi rivali (Blue Sky, Dreamworks, Laika, etc.), il languire della maggior parte delle produzioni europee e l’esplosione dei principali mercati asiatici, seppur in modalità molto diverse fra Giappone, Cina e Corea del Sud, è tornato uno dei più grandi protagonisti dell’animazione statunitense, Henry Selick. Regista del primo lungometraggio interamente in stop motion ad avere successo nella storia del cinema, “The Nightmare Before Christmas”, Selick ha contribuito, insieme al sodale Tim Burton, all’affermazione della tecnica di animazione “a passo uno” pur scontando una minore considerazione rispetto al più noto collega e una serie di meno fortunate pellicole dalla tecnica ibrida fra anni 90 e 2000 come “James e la pesca gigante” e “Monkeybone”. Il successo di “Coraline” è servito ad allontanarsi parzialmente dall’ombra di Burton ma ha anche dato il via a un decennio di progetti annullati e cambi di piani che finalmente è giunto a conclusione con “Wendell & Wild”, frutto apparentemente semplice e ingenuo di una lavorazione in realtà prolungata e sofferta.

Mettendo ancora una volta in scena un coming of age orrorifico al femminile incentrato sulla riflessione sui limiti dei propri desideri e di come questi possono influenzare il mondo circostante, “Wendell & Wild” si presenta come un lavoro nella comfort zone del regista, forse per la prima volta nella sua carriera. Il passaggio a Netflix d’altro canto ha comportato, forse indirettamente, una certa standardizzazione stilistica, evidente nel character design meno ricercato rispetto al passato e più vicino all’animazione per adulti di cui negli ultimi anni la piattaforma OTT si è fatta grande promotrice, pur contando su un certo numero di idee visionarie (l’inferno-luna park, i poteri della suora Helley). Una più marcata componente di critica sociale rispetto alle precedenti produzioni di Selick e l’inclusività marchiana divenuta stereotipica delle produzioni Netflix, al contrario di quella meno enfatizzata e comunque centrale dei suoi lavori precedenti, completano il quadro del contesto di “Wendell & Wild”, una pellicola chiaramente figlia del suo autore (regista, sceneggiatore e produttore come ai tempi di “Coraline”) ma che ne ridimensiona molte delle peculiarità, finendo per essere un film sull’anti-conformismo fin troppo conformista.

Anche la colonna sonora, sempre opera del talentuoso Bruno Coulais, pare meno inventiva rispetto al gioco di contrapposizioni fra mondi (e tonalità) differenti di “Coraline” così come rispetto alla stratificata partitura da musical scritta da Danny Elfman per “The Nightmare Before Christmas”, limitandosi a mescolare sonorità stereotipiche del genere con i ritmi più urbani per cui stravede la protagonista Kat. Ciononostante, la musica conserva un ruolo centrale nell’impianto della pellicola, pur adagiandosi forse un po’ pigramente sulla prevedibile commistione di brani diegetici ed extradiegetici che accompagna tutta la pellicola, una preminenza, e una permanenza, dell’elemento musicale visivamente incarnata dall’enorme boombox che Kat porta spesso con sé, d’altronde immagine della permanenza del ricordo dei propri cari. E così anche immagine della permanenza della musica come elemento centrale del cinema di Henry Selick. Questa, d’altro canto, accompagna spesso i protagonisti nei momenti in cui fanno qualcosa di rilevante per la trama, e per la loro stessa maturazione, lasciando dedurre che, pur senza sposare la forma musical, il regista abbia voluto anche stavolta fare delle canzoni lo strumento per risaltare la crescita dei protagonisti, tradendo forse anche stavolta le proprie matrici disneyane.

L’importanza del processo di maturazione è d’altronde evidenziata dal contesto scolastico in cui la storia di “Wendell & Wild” si sviluppa, pur sciorinando rapidamente la maggior parte dei cliché del coming of age scolastico per concentrarsi sull’eccezionalità di Kat e quindi sull’eccezionalità del suo percorso formativo, in cui riceverà l’aiuto di suore sovrannaturali, demoni ottusi e amici transgender. Così il film va considerato come l’ennesimo coming of age sui generis di Selick, il quale fin da “The Nightmare Before Christmas” racconta di (spesso letterali) viaggi alla scoperta del proprio posto nel mondo e dell’accettazione delle proprie peculiarità, una volta messi di fronte alla problematicità dei propri desideri, che nel cinema del regista statunitense sono sempre causa di eventi al di fuori del controllo del singolo e che spesso finiscono per schiacciarlo. Non sembra casuale che quasi tutti i protagonisti dei film di Selick siano in una qualche misura orfani, dall’assenza di una figura di riferimento per il confuso Jack Skellington alla presenza di due genitori fortemente assenti per Coraline, fino ad arrivare all’effettiva perdita di entrambi i genitori per James e Kat: quest’assenza rappresenta sia la mancanza di figure che aiutino a strutturare i propri ipertrofici desideri sia la presenza di una delle motivazioni più forti concepibili per il proprio agire, ovvero la brama di (ri)vedere le persone più care.

Solo a partire dal ritrovamento, sia anche parziale, sia anche effimero, della desiderata figura di riferimento si può comprendere finalmente la rilevanza che ha avuto quel vuoto nel proprio percorso di maturazione e la decisione di fondare su di esso la propria crescita. Così l’adolescente ribelle e con precedenti penali Kat rincontra, seppur per poco, gli amati genitori della cui morte si attribuisce la colpa e comprende così quale sia il costo del proprio desiderio e come la crescita passi in primis attraverso la messa in prospettiva di quello. D’altro canto, nelle pellicole dell’animatore statunitense è curiosamente il caso a essere dietro molti degli avvenimenti più rilevanti, che sia un incidente mortale o la fortuita scoperta di un oggetto sovrannaturale, così da ribadire la presenza, e l’importanza, di forze al di là del nostro controllo e quindi la parzialità dei propri desideri e delle proprie aspettative. Il compito che spetta ai protagonisti del coming of age è fare uso nel momento giusto della propria limitata agency per operare su situazioni contingenti e concrete, così da imprimere un cambiamento, una letterale spinta in “Wendell & Wild”, nel contesto in cui ci si ritrova, per sé e per tutti gli altri.

Avendo dalla sua la scrittura comica del produttore e co-sceneggiatore Jordan Peele, anche interprete col sodale Keegan-Michael Key del duo eponimo di demoni combinaguai, ma privato della grandeur da musical para-disneyano che ha reso leggendario “The Nightmare Before Christmas” e dell’ottima base narrativa di Neil Gaiman, “Wendell & Wild” si serve soprattutto della comicità per far proseguire il suo racconto di formazione, dedicando minori attenzioni alla componente horror, poco più di una rassegna di stereotipi e citazioni. Pur scontando una maggiore prevedibilità narrativa e una certa superficialità nell’affrontare i numerosi temi che la sceneggiatura introduce, il film conferma il talento come metteur en scene di Henry Selick, autore di una serie di invenzioni visive e situazioni comiche che mantengono la pellicola ben ritmata e le permettono di superare i 100 minuti senza che si rimanga impelagati nelle sue criticità narrative. A voler rischiare la sovrainterpretazione si potrebbe vedere in “Wendell & Wild” un sofferto, e a suo modo dovuto, ridimensionamento delle ambizioni del regista che può fungere però da base, anche in virtù della sua minore eccentricità, per un'ulteriore maturazione di Selick come autore, una riprova che il processo di crescita, anche artistica, non finisce mai.


13/11/2022

Cast e credits

cast:
Paolo Vivio, Nanni Baldini, Alessandra Cassioli, Oliviero Dinelli, Vittorio Thermes, Alessandro Rossi, Massimiliano Virgilii, Laura Lenghi, Chiara Fabiano, Lyric Ross, Gabrielle Dennis, Gary Gatewood, Ving Rhames, Sam Zelaya, James Hong, Angela Bassett, Keegan-Michael Key, Jordan Peele


regia:
Henry Selick


distribuzione:
Netflix


durata:
105'


produzione:
Artists First, Gotham Group, Monkeypaw Productions, Netflix Animation


sceneggiatura:
Henry Selick, Jordan Peele


fotografia:
Peter Sorg


scenografie:
Paul Harrod, Robin Joseph, Lou Romano


montaggio:
Robert Anich, Jason Hooper, Mandy Hutchings, Sarah K. Reimers


costumi:
Character designer: Pablo Lobato


musiche:
Bruno Coulais


Trama
L'orfana Kat viene liberata dalla prigione giovanile e mandata in una scuola religiosa per ragazze come parte di un progetto di reinserimento sociale. La scuola si trova però nella sua ormai povera e spopolata città d'infanzia, in cui i genitori persero la vita in un incidente di cui si dà la colpa. Nel frattempo due ambiziosi ma ottusi demoni che sognano di costruire un luna park fuggendo dal loro padre demoniaco si accorgono della ragazzina maledetta e, promettendole di resuscitare i genitori, vengono evocati sulla Terra. Prevedibilmente seguiranno imprevisti ed equivoci.