Eccolo, il potenziale cult dell'anno. Se solo non fosse arrivato con tre stagioni di ritardo, se solo la distribuzione ci avesse creduto di più...quel suo affrontare la questione giovanile con piglio frizzante e stile libero (visto che c'entra anche il nuoto) da cinema indipendente Usa (o, perché no?, francese) fa di "Medianeras", opera prima di Gustavo Taretto (che nel frattempo ha sfornato la seconda) un possibile successo di portata generazionale.
Una vicenda, anzi due vicende più o meno universali, che il regista vuole da subito contestualizzare nello spazio. Siamo a Buenos Aires, una città triste, che volta le spalle al proprio fiume. Le ipertrofie urbanistiche, mastodontiche ma variegate, belle e orrende, presentateci in sequenza in apertura dalla
voice over, rispecchiano il disordine dell'animo degli abitanti.
Tra le milioni di persone che popolano la metropoli, ci si concentra su Martin e Mariana, due animi solitari che il destino vuole unire, se è vero che si incrociano e sfiorano di continuo senza mai accorgersi l'uno dell'altra. Il congiungimento arriverà, ma sarà più ritardato del previsto.
Se lo spazio, abbiamo visto, è ben collocato, il tempo è solo un po' più vago. Intravvediamo una scritta che, nominando Cristina Kirchner, conferma l'ambientazione contemporanea annunciata dall'impiego delle più avanzate tecnologie di massa da parte dei protagonisti. Per i quali le odierne difficoltà economiche - con cui i nostri media ci bombardano ciclicamente - non sono nulla rispetto alla crisi del 2001, spesso rievocata.
Siamo dunque, dicevamo, in piena era Internet: è questo che più conta e che dà al film connotati universalistici. Martin lavora per il proprio psichiatra di cui cura il sito Internet, realizzando pure programmi informatici di svago. È in cura per un problema di psicosi, ma in via di guarigione. Così almeno ci dice l'insistente voce narrante. Esce poco di casa, caricandosi sulle spalle uno zaino pesantissimo contenente, tra le altre cose, tre film di Tati. I più attenti noteranno, in cima alla mini pila, il DVD di "Playtime", il lungometraggio dell'ossessione urbanistica e architettonica del comico francese.
Per stare in tema, anche Mariana è architetto, costretta però ad arrabattarsi, allestendo vetrine di negozi con manichini con cui ha un rapporto morboso. Dimenticavamo: è claustrofobica, oltre a palesare altri svariati disturbi della psiche.
Entrambi, insomma, sono single e sociopatici. Tristi come i palazzi della città e la loro
medianera: una facciata inutil(izzabil)e, senza finestre, in cui vengono appesi manifesti pubblicitari scarsamente attraenti. Non basta fare illegalmente un buco su queste pareti, un po' alla maniera del film omonimo di Tsai Ming-liang, per vincere la solitudine. Soprattutto se si va a perforare un poster nelle parti intime (una delle tante sequenze simpatiche senza essere prevedibili).
A proposito di psicosi, il film è...bipolare. Alterna le vicende dei due, ognuno col proprio monologo interiore, facendole convergere solo in extremis, nonostante Martin e Mariana siano fatti per piacersi. E il lieto evento è rinviato pretestuosamente, inanellando imprevisti senza la minima pretesa di verosimiglianza. L'obiettivo è solleticare le emozioni e la fantasia dello spettatore, non certo convertirlo a un'idea o convincerlo dell'inattaccabilità del copione. Se dunque il "messaggio" finale, per cui i giochi dell'infanzia sono migliori e più utili per socializzare rispetto ai siti di incontri, è un po' da vecchi tromboni, la resa è così surreale (tra sequenze animate e inserti di
computer graphic) da non badarci affatto. Anzi, ben venga la parodia delle
chat, se regala momenti di autentico spasso come l'appuntamento di Martin con la ragazza poliglotta dal curriculum sterminato. E se viene comunque implicitamente evidenziata l'importanza dell'online nel facilitare le relazioni dei più timidi, anche quando ci si imbatte in siti che sono un ricettacolo di spostati.
"Medianeras" in sostanza riflette sulla modernità in maniera atipica ma al passo coi tempi, con sguardo contemporaneo e fieramente "alternativo" (al limite della maniera). Sa essere controllato e spiazzante allo stesso tempo... e si è liberi di consideralo onesto o furbetto, ogni taglio critico è legittimo. Ha in ogni caso, innegabilmente, il pregio di non cercare la risata facile, pur restando lontano anni luce dalla seriosità di
"Shame", altro film sulla solitudine ai tempi del web. E riesce a dare spessore alle vicende vissute dai due personaggi (come nell'episodio di Mariana con lo psicologo nuotatore) e conseguentemente a loro stessi, scongiurando i pericoli della farsa e delle macchiette.
Modelli sospetti: Wes Anderson e Aki Kaurismaki. Modello citato:
Woody Allen.
03/10/2014