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recensione di Giancarlo Usai
8.0/10

Dai tempi di "A Christmas Carol", il cinema di Robert Zemeckis si è defitivamente assestato nei territori del reale. Certo, pur sempre una realtà laterale, di confine, prossima allo sconfinamento nel fantastico, vero o presunto. D'altronde, tutta la carriera del cineasta statunitense è caratterizzata da questa compenetrazione tra immaginazione e quotidianità, tra finzione e verità. Ed è anche vero il ragionamento inverso: pur quando lo sguardo del regista originario di Chicago si posa sull'universo più propriamente fantasy, gli innesti di concretezza sono sempre presenti, quando addirittura non risultano sfumati su toni drammatici e orrorifici. Ecco perché il romanzo di Roald Dahl è un'altra fonte di ispirazione perfetta per il cinema di Zemeckis. Pur funestato da molteplici imprevisti in fase di produzione prima e di distribuzione poi, "Le streghe" vede la luce secondo criteri assolutamente personali e sarebbe davvero un peccato se lo spettatore, come diversi critici hanno fatto, lo osservasse come un'opera non riuscita, superficiale, troppo patinata. "Le streghe" è un film che assume valore solo e soltanto se si accetta che, di fronte a un autore maiuscolo come Zemeckis, ogni pellicola vada a formare un composito mosaico che acquista significato se osservato nel suo insieme. "Le streghe" è un film che ha un senso nella sua narrazione del diverso, dell'emarginato, persino della diversità fisica. Nella levità con cui suggerisce questi sottotesti, Zemeckis prosegue ancora una volta il suo viaggio in equilibrio tra originalità e sofferenza. Così si spiega la sua scelta di cambiare location e periodo della vicenda, che si sposta dall'Inghilterra decadente e gotica dei primi anni 80 descritta da Dahl all'Alabama degli anni 60, nel pieno di una società pregna di contraddizioni razziali e culturali. Ma è sempre per i motivi citati che Zemeckis, ignaro delle polemiche che avrebbe scatenato involontariamente, sceglie il registro grottesco, avvalendosi di una computer grafica forse troppo invadente, per mettere in scena le antagoniste del racconto, le streghe, per l'appunto. Il gruppo di megere capitanato da Anne Hathaway è affetto da malformazioni agli arti (sia mani, sia piedi) che hanno spinto diverse associazioni della comunità disabile a puntare il dito contro il film, colpevole, a loro dire, di assecondare ancora una volta l'equazione che mette insieme deformazione fisica e crudeltà nell'immaginario cinematografico. E se la Warner si è sentita di doversi scusare, e con lei la stessa Hathaway, non si è pronunciato sull'argomento Zemeckis che, probabilmente, resta convinto di una sua scelta visiva che risulta incomprensibile se non se ne conosce il pregresso percorso artistico.

Da sempre attratto dalla difficoltà di essere diversi in un mondo uniformato a canoni e convenzioni universali, l'autore di "Ritorno al futuro" ha sempre fatto del ribaltamento dei ruoli (il protagonista forse è l'antagonista, quest'ultimo forse non è poi così crudele) una delle sue più geniali intuizioni. Le streghe, secondo Zemeckis, sono anche loro alle prese con l'emarginazione, costrette a truccarsi, camuffarsi, nascondersi a causa della loro anormalità estetica. Ed è la stessa condizione in cui versa il giovane protagonista: nero, orfano, povero, invisibile nella società del boom economico e dell'esplosione del benessere. I buoni e i cattivi giocano una partita tutta loro, nel sottoscala di un mondo che va avanti senza accorgersi di nulla. Uno scarto narrativo, questo, genialmente riprodotto attraverso una sapiente gestione degli spazi e del montaggio, fatto poi esplodere attraverso episodi esilaranti e surreali, come i genitori del bimbo paffuto trasformatosi in topo che, invece che preoccuparsi della sorte del loro bambino, si indignano per la presenza di questi animali nell'albergo di lusso.

E allora quella che a un primo, distratto sguardo può sembrare superficialità, è invece l'inventiva di un regista che non rinuncia al paradosso di un mondo altro, popolato da invisibili che fanno della fiaba la loro regola di vita. I piccoli trasformati in ratti, la nonna del protagonista senza nome (Octavia Spencer), le streghe bianche, tutti loro sono la popolazione di un mondo sommerso che a malapena viene a contatto con l'esistenza di tutti gli altri. Pensato inizialmente per essere realizzato in animazione stop motion con la regia di Guillermo del Toro e poi proposto a Zemeckis in un secondo momento per una produzione più tradizionale ed economica, "Le streghe" ha un'altra caratteristica in comune con gli ultimi titoli della filmografia del suo autore. Emerge anche stavolta, infatti, sia dalla sceneggiatura, sia dalla messa in scena, un tono generale di alterazione del parlato che al momento non ha eguali nel cinema mainstream americano. I personaggi di Zemeckis non emulano la quotidianità, non inseguono a tutti i costi le bassezza del reale; certo, questo, per un pubblico assuefatto al prodotto medio dell'industria hollywoodiana può risultare addirittura respingente, ma è da evidenziare invece questo tentativo, quasi letterario, di preservare la scrittura per il cinema dall'involgarimento generale. E questo succede, forse in modo ancor più accentuato, quando Zemeckis è alle prese con i film "ad altezza bimbo". Innamorato dell'epoca d'oro del Dopoguerra e in generale dei meccanismi della slapstick comedy, il cineasta americano mette in scena una storia che pure non rinuncia al divertimento fine a se stesso, all'esplosione di ilarità, al gusto per la sequenza funambolica (viene in mente, una su tutte, la cena delle streghe a base di zuppa "alterata"). Il fidato Don Burgess, poi, con lui fin dai tempi di "Forrest Gump", fa un lavoro notevole sulla fotografia, che esalta i colori caldi dello Stato del Sud quando si gira in esterna e le fantasie cromatiche delle streghe quando la scena si sposta all'interno dell'albergo. E qui viene naturale tornare al gioco di rovesciamento di sensi proprio anche di questa pellicola. Autodefinitosi più fedele al romanzo originario rispetto al precedente adattamento cinematografico diretto nel 1990 da Nicolas Roeg, in realtà Zemeckis spiazza anche a proposito di questo tema, perché l'ambientazione in Alabama è quanto di più diverso possa esserci da quella Inghilterra fumosa immaginata da Dahl. In questa mossa, che spariglia tutto e toglie dal registro gotico l'opera, si nasconde ancora una volta quella rivedicazione di autonomia e libertà espressiva propria del regista: il film diventa ancor di più, così facendo, un'avventura che esalta le possibilità dell'essere periferici agli occhi del mondo, che trasforma in opportunità la sventura di essere vittima di ghettizzazione.

Deturpato da una dose eccessiva di effetti speciali di cui si poteva fare a meno, il film soffre anche di un uso smodato della computer grafica di cui si fa fatica a comprendere il senso in diversi momenti. Su questo, forse, bisognerebbe aprire un capitolo a parte: uno straordinario mezzo fornito in dote a visionari artigiani del cinema sta rischiando di rendere superfluo lo sguardo personale dell'artista. Anche ne "Le streghe" avvertiamo questo pericolo, evitato per fortuna dalla personalità e dall'esperienza di un grandissimo autore.


04/03/2021

Cast e credits

cast:
Anne Hathaway, Octavia Spencer, Stanley Tucci, Jahzir Kadeem Bruno, Codie-Lei Eastick


regia:
Robert Zemeckis


distribuzione:
Warner Bros.


durata:
106'


produzione:
Warner Bros., ImageMovers, Double Dare You, Esperanto Filmoj, Necropia Entertainment


sceneggiatura:
Robert Zemeckis, Kenya Barris, Guillermo del Toro


fotografia:
Don Burgess


scenografie:
Gary Freeman


montaggio:
Ryan Chan, Jeremiah O'Driscoll


costumi:
Joanna Johnston


musiche:
Alan Silvestri


Trama
1968. Dopo essere rimasto orfano un ragazzo afrodiscendente va a vivere con l’amata nonna a Demopolis, una piccola cittadina dell’Alabama. Qui diventa ben presto la preda delle streghe, all’apparenza donne dell’upper class ma in realtà demoni che bramano la distruzione di tutti i bambini del mondo. Per sfuggire alle streghe la nonna porta Bruno in una sfarzosa località balneare, ma caso vuole che le megere, sotto la guida della Strega Suprema, abbiano organizzato proprio nell’albergo la loro congrega...