La stessa settimana in cui la famiglia Affleck festeggia la vittoria di Casey agli Oscar per la sua interpretazione in "
Manchester by the Sea", nei nostri cinema arriva "La legge della notte", quarto film da regista di Ben, quello che finora è stato il più famoso fra i due fratelli. Ben, classe 1972, e Casey, classe 1975, hanno cominciato a lavorare nel mondo del cinema da giovanissimi e, a differenza di altri parenti nel mondo del cinema hollywoodiano, sono molto uniti, anche se le loro ultime fatiche professionali hanno avuto fortune alterne. Infatti la trasposizione del libro di Dennis Lehane "Live by Night", vincitore del Premio Edgar, che per Ben Affleck era un vero "passion project", si è rivelato un sonoro insuccesso al botteghino. Il protagonista di Batman come regista era abituato finora a ben altri risultati. Anche la critica aveva ben accolto i suoi lavori, al punto da spingere molti ad affermare che dietro la macchina da presa il giovanotto si comportasse meglio di quanto non facesse davanti, ma di fronte a questo
gangster movie ambientato ai tempi del proibizionismo l'accoglienza non è stata benevola. Forse l'eccessiva esposizione mediatica dell'attore in questi anni non ha giovato o forse la Warner ha sbagliato a imporre una post-produzione accelerata (il film inizialmente era previsto per l'autunno 2017 ma i piani sono stati cambiati per timore che Affleck, impegnato con "Justice League", potesse non avere tempo da dedicare al progetto), fatto sta che passare dai trionfi di "
Argo" a questi esiti nel giro di un solo film non deve essere stata una cosa piacevole. La rinuncia a dirigere un film dedicato all'uomo pipistrello, notizia lanciata con entusiasmo la scorsa primavera alla vigilia dell'uscita di "
Batman V. Superman", è la dimostrazione lampante che un tale insuccesso ha lasciato degli strascichi.
Ad onor del vero, "La legge della notte" raggiunge esiti non troppo diversi da quelli di un film come "
The Town" e conferma il talento del regista nel girare sequenze d'azione e nel guidare un cast corale. Inoltre la ricostruzione storica, grazie al contributo di Jess Gonchor alle scenografie è riuscita, e come sempre l'apporto di Robert Richardson alla fotografia è notevole. Affleck non solo dirige e sceneggia ma interpreta anche il personaggio principale (qualcuno non apprezza questo aspetto nei suoi film ma va detto che probabilmente è una scelta che lo ha aiutato ad avere il via libera da parte delle case di produzione), quello di Joe Coughlin, un criminale di origine irlandese che durante il proibizionismo a Boston conquista la fiducia di un boss locale. Purtroppo,
cherchez la femme, conquista anche la di lui ragazza, Emma (Sienna Miller), e al capo la cosa non va per niente a genio. Il padre poliziotto lo toglie dai guai ma il fuorilegge deve comunque farsi qualche anno di galera, mentre la ragazza scompare nel nulla. Una volta fuori, si mette al servizio di un malavitoso italiano (con il volto del nostro Remo Girone) che lo incarica di occuparsi dei suoi traffici di liquori in Florida. Gli affari nel giro di qualche tempo cominciano ad andare bene e Joe incontra un nuovo amore, Graziela (Zoe Saldana), con cui dimenticare le amarezze passate. La donna è anche la sola ad apprezzare il fatto che nonostante una vita nel crimine lui non si sia una persona veramente crudele e non ami neanche considerarsi un gangster. I due tentano di aprire un casinò, ma una campagna moralizzatrice, capitanata dalla giovane predicatrice interpretata da Elle Fanning mette loro i bastoni fra le ruote. Poi, naturalmente, ci saranno i conti in sospeso del passato da regolare una volta per tutte.
Ben Affleck continua a seguire la via del maestro Clint Eastwood, realizzando stavolta un noir che lo porta in territori vicini anche al cinema di
Michael Mann, di
Sergio Leone o dei
fratelli Coen. Però forse il film di cui fa più piacere ritrovare l'influenza è, nella sequenza del sermone, "Il figlio di Giuda", capolavoro del 1960 di Richard Brooks, con una magnifica Jean Simmons che interpretava Sorella Sharon Falconer, qui emulata dalla Fanning. Attore più maturo rispetto ai tempi di "Gigli", è anche generoso nel valorizzare la partecipazione di veterani come Chris Cooper e Brendan Gleeson, senza dimenticare il ruolo di spalla, assegnato a Chris Messina, anche se a spiccare alla fine è soprattutto il terzetto di signore che accompagna il protagonista nel suo percorso. Forse a fare difetto a "La legge della notte", più che la regia o la scrittura dei personaggi, è la mancanza di una dimensione realmente drammatica che rende anche i momenti più importanti stranamente poco emozionanti. Non che un film per essere valido debba per forza evitare le tinte fredde, anche perché il cinema più autoriale non si è mai curato di questo, ma lasciare allo spettatore la sensazione di aver visto un film, malgrado sparatorie, inseguimenti e pestaggi, "inesploso", anche se magari almeno in parte ricercata, probabilmente non è una cosa troppo positiva.
03/03/2017