Ondacinema

recensione di Giancarlo Usai
4.0/10

Facciamo un elenco di nomi: Paul Thomas Anderson, Wes Anderson, Darren Aronofsky, Sofia Coppola, David Fincher, Todd Solondz. Sono gli alfieri di quel cinema americano "indipendente" che ha saputo rialzare la testa negli anni 90, contagiando frotte di giovani cineasti a cavallo del nuovo millennio. Insieme a gente come Richard Linklater e Steven Soderbergh, il gruppo di nomi citato poco fa ha saputo trasformare una definizione astratta, e originariamente di natura solo economica (il celeberrimo film a bassissimo budget), in un concetto artistico, un'idea di cinema, di messa in scena, di scrittura, di scelta dei luoghi e dei temi, diventata poi una sorta di genere cinematografico a sé.

Che cosa resta di tutto ciò, oggi, nel 2017? Se dovessimo affidare la risposta a "Wilson" del carneade Craig Johnson, dovremmo concludere che quell'età dell'oro della provincia indie è finita da un pezzo. Non tanto perché non si fanno più film come "Slacker" o come "Sesso, bugie e videotape". E neanche loro evoluzioni verso il mainstream come "Boogie Nights" o "I Tenenbaum". No, quell'età dell'oro finisce perché i nuovi registi si limitano a un calco fuori tempo massimo, un lavoro da ufficio da bravi osservatori di chi li ha preceduti. Prendete la storia, appunto, di questo cinquantenne con gravi problemi di socialità, con un passato fatto di depressione e solitudine, un drammatico rapporto con il lutto paterno. Scopre che la sua ex aveva vissuto una gravidanza indesiderata anni prima e per questo aveva dato in adozione la loro figlia. Ora, per tentare di rimettere a posto le cose della sua vita, rintraccia entrambe per provare a stabilire un legame familiare.

In "Wilson" ci sono tutti gli elementi di quel tipo di cinema americano che dicevamo, eppure non c'è traccia di quel cinema. Ambientazione di provincia, colori pastello della fotografia, colonna sonora affidata a Jon Brion (già compositore per "Ubriaco d'amore" di Anderson e per "Synecdoche, New York" di Charlie Kaufman). E come ciliegina definitiva, i due attori in disarmo, Woody Harrelson e Laura Dern, due carriere votate proprio a una Settima arte alternativa, spesso relegati a ruoli secondari e ora con libertà di azione sul registro brillante di questa commedia.

Nonostante ciò, l'opera(zione) risulta terribilmente fuori fuoco. Tratta da una graphic novel di Daniel Clowes, che ha firmato anche la sceneggiatura, il film è ben distante dall'altra pellicola basata su un romanzo a fumetti dello stesso autore, quel "Ghost World" di inizio millennio che, invece, fu capace di ricanonizzare quelle regole del cinema indie, adattandole a un'epoca nuova, un'America diversa, un linguaggio cambiato nel corso del tempo. "Wilson", invece, non si adatta, non ha interesse a portare avanti un discorso complesso fatto di scelte artistiche e tematiche affrontate. È una pellicola minore messa nel congelatore nel 2000 ed estratta dalla Fox, che la distribuisce con ben poca convinzione in Europa, diciassette anni dopo. Sarebbe cambiato qualcosa con un cineasta più carismatico sul set? Sarebbe anche lecito chiederselo, dato che il progetto era stato inizialmente affidato ad Alexander Payne, ovvero un altro moschettiere di quella generazione di registi indipendenti in grado di abbracciare sia le istanze più lontane dall'industria hollywoodiana, sia le necessità più commerciali del cinema dei grandi numeri (e delle grandi star). La risposta è: sì. Perché troppo spesso, in questi anni frenetici di produzioni a rotta di collo, si sottovaluta l'importanza di un elemento fondamentale nell'evoluzione dell'arte cinematografica: lo sguardo dell'autore. È ciò che fa la differenza: una visione, il polso che si dimostra di avere durante la lavorazione, il coraggio di decidere che cosa mettere in scena e che cosa lasciare fuori dall'inquadratura. Tutto ciò che il povero Johnson non fa e tutto ciò che un film come "Wilson", colpevolmente, dimentica.


24/04/2017

Cast e credits

cast:
Woody Harrelson, Laura Dern, Isabella Amara, Judy Greer, Cheryl Hines


regia:
Craig Johnson


distribuzione:
20th Century Fox


durata:
101'


produzione:
Ad Hominem Enterprises


sceneggiatura:
Daniel Clowes


fotografia:
Frederick Elmes


scenografie:
Ethan Tobman


montaggio:
Paul Zucker


musiche:
Jon Brion


Trama
Woody Harrelson è Wilson, un uomo di mezza età, solitario ai limiti della misantropia, ossessivo e nevrotico ma anche onesto e divertente, che scopre di avere una figlia, ormai teenager, di cui non conosceva l'esistenza. Nel suo modo bizzarro e un po' contorto, con l'aiuto della ex moglie (Laura Dern), cerca di trovare dei punti di contatto con lei.