Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
5.5/10

"Una ballata del mare salato", prima di essere un film, è stato un romanzo e soprattutto un celeberrimo fumetto di Hugo Pratt che, nel lontano 1967, fece per la prima volta conoscere al mondo Corto Maltese, un personaggio destinato a una lunga fortuna.
La trasposizione cinematografica condotta da Richard Danto e Liam Saury deve dunque fare i conti con un mostro sacro dell’arte e della penna prattiane, una vera e propria pietra miliare del fumetto. A opinione di chi scrive l’anime esprime solo a tratti le suggestioni trasmesse dai due antecedenti, cui niente aggiunge rivelandosi un prodotto commerciale e privo dello spessore tanto del fumetto quanto del romanzo.

Già l’incipit, decisivo ai fini del coinvolgimento del pubblico in ogni opera che si rispetti, diverge da quello dei due antecedenti: mentre nel fumetto, dopo l’omaggio all’editore Ivaldi, si immagina che i discendenti di Cain e Pandora hanno lasciato dei documenti a Pratt affinché egli ne racconti la storia, nel romanzo si parla di un giovanissimo Corto Maltese che, sbucato dalle colonne della Mezquita di Cordova, incontra la madre, una gitana, che sembra predirgli un futuro infausto per il fatto che la sua mano sinistra sia del tutto priva della linea della fortuna. Per tutta risposta, Corto pratica con un rasoio paterno una lunga incisione sul palmo della propria mano.

Orbene, per una serie di ragioni, entrambi gli incipit sono circonfusi di un’atmosfera di mistero ed esotismo.
Nel caso del fumetto perché si fa solo vagamente menzione della vicenda che si sta per narrare, celando, ad esempio, il mistero del Monaco, un pirata già vecchio nel 1914, ma inspiegabilmente vivo svariate decine di anni dopo; a contornare il corpo del testo sono poi immagini apparentemente incongruenti: alcune maschere della tradizione figiana e maori, un sommergibile e una misteriosa figura incappucciata di cui non si intravede il volto. L’abilità nel dire e non dire, mostrare e nascondere è propria dei grandi scrittori e ha, come in questo caso, la funzione di tenere avvinto il lettore.
Passando al romanzo, il lettore viene rapito dal caleidoscopico universo prattiano in apparenza più eurocentrico rispetto al fumetto: l’Andalusia, geograficamente, ricade nel vecchio continente, ma è un territorio che storicamente ha assorbito molti aspetti della cultura araba, e la Mezquita di cui sopra ne è la riprova. Ma non basta. L’ascendenza gitana di parte materna, confermata dalla pratica della chiromanzia, proietta su Corto un fascio di esotismo e mistero già dalla sua presentazione. Esotismo che è suggerito dai taciti riferimenti alla "Carmen" di Bizet, notoriamente ambientata in quest’area della Spagna, tramite l’accenno al cosiddetto canto della Petenera, ovvero della donna tradita e vendicativa. Questo fatto spiega perché pur essendo “Una ballata del mare salato” ambientata nei mari del sud, un’area nella quale notoriamente la Spagna non vantava domini coloniali, il nome dell’isola intorno alla quale si dipana la trama sia ispanico: Escondida. A completare il quadro del romanzo, vi è la menzione del torero Lagartijo, che rimanda indirettamente all’universo delle tauromachie di Hemingway, una delle tante fonti ispiratrici di Pratt, l’autore che ha fatto del mare un personaggio. Proprio come Hugo Pratt nel romanzo in questione. Ma di tutto questo nell’anime di Richard Danto e Liam Saury non c’è traccia. Tra l’altro, anche qui il mare viene presentato, o meglio si presenta, come un personaggio, giacchè l’Oceano Pacifico parla, tra l’altro pronunciando le stesse parole del fumetto; ma lo fa con un’oleografica inquadratura dall’alto, rivelando quindi una marcata incoerenza tra il parlante e il suo punto di vista. Nel fumetto viceversa lo stesso episodio è caratterizzato dalle parole dell’Oceano che accompagnano la barca del capitano Rasputin inquadrata dal basso.

Nell’anime Pandora introduce la vicenda come un flashback, ponendosi in tal modo su un piano superiore rispetto agli altri personaggi, ma senza per questo diventare più sfaccettato, interessante o imprevedibile rispetto all’originale prattiano. Nelle due versioni di Pratt non esiste affatto un protagonista. Nemmeno Corto lo è, per quanto campeggi in bella evidenza sulle copertine: tutti i personaggi incarnano semmai tipi umani per così dire ossimorici, incompleti, diversi l’uno dall’altro. Corto, ad esempio, è a tutti gli effetti più un pirata che un marinaio, e tuttavia lo è a metà in quanto esercita la razzia, ma rinuncia a uccidere tutte le volte che sia possibile. Rasputin è un pirata anch’egli, è avido e violento, ma è in fondo un debole perché si accorge di non avere amici. Il Rasputin di Pratt è una figura contraddittoria, a tratti enigmatica, quella dell’anime è appena abbozzata e talvolta ridotta a macchietta. Ciò non tanto per il fatto che rispetto al romanzo alcuni episodi, come ad esempio la mortale partita a poker con Taki Jap, siano stati espunti, quanto per l’eccessiva pochezza delle sequenze riflessive: Rasputin agisce come un automa, privo di un universo interiore. Il capitano Slütter è anch’egli un personaggio scisso: catapultato in un teatro di guerra dovrebbe mettere gli interessi della Germania davanti a tutto e tutti, mentre in realtà è un idealista che combatte tutt’un'altra guerra. Invaghitosi di Pandora Groosvenore, la giovane australiana di buona famiglia rapita da Rasputin per ottenere un lauto riscatto, fa di tutto per liberarla, a costo di contravvenire agli ordini dei superiori. Slütter è sicuramente il personaggio più riuscito dell’anime: rispetto al fumetto e al romanzo il suo ritratto è fedele, rotondo, ma soprattutto convincente. In "Una ballata del mare salato", egli è un soldato germanico che pronuncia le parole più dure contro le gerarchie militari ed ecclesiastiche. Un personaggio prattiano a tutto tondo, insomma. Pandora, che, come già detto, nell’anime diventa coprotagonista, ha un nome troppo evocativo per essere ridotta a una semplice ragazza: rappresenta l’universo femminile (e infatti è l’unico personaggio femminile presente), la forza tentatrice della seduzione. Il suo nome affonda le radici nella mitologia classica, per la precisione in quella esiodea, anche se non rappresenta i mali sulla terra, quanto piuttosto l’imprevisto, il fattore x, l’imponderabile. Il Monaco, capo dei pirati ma in realtà fratello di Taddeo e Rinaldo Groosvenore, e quindi padre di Pandora e zio di Cain, è la figura che maggiormente paga il conto della trasposizione cinematografica. Infatti, l’aura di mistero che lo circonda fino a quando Corto non ne rivela la vera identità è ridotta a poca cosa a causa delle scelte di sceneggiatura. Un esempio su tutti: mentre nel fumetto (esattamente alla tavola 131), in un momento particolarmente significativo dell’intreccio, vi è una striscia costituita da due vignette in cui il Monaco inquadrato frontalmente rimane silente dopo le parole di Cain che di fatto rivelano inconsapevolmente la parentela tra i due, nell’anime il primo non viene neppure inquadrato.

Le sequenze del film animato si susseguono sovente troppo rapide e incalzanti. In altre parole mancano nell’opera del duo registico quella raffinata gestione dei tempi, quelle pause riflessive, quel senso di sospensione temporale che le languide pennellate orizzontali in stile caniffiano donavano alla superficie del mare. Sospensione temporale con la quale Pratt citava indirettamente la "Ballata del vecchio marinaio" di Samuel Taylor Coleridge, uno dei tanti autori, insieme a Melville, Shelley, Rilke, Verne e perfino Euripide, presenti nel fumetto. Se l’opera del maestro veneziano è infatti piena di libri, l’anime cita unicamente Rilke, e in un modo per giunta tanto estemporaneo da apparire goffo.

Dopo quanto detto, la metamorfosi operata su Corto Maltese, che da comprimario diventa protagonista, diventa il “tradimento” più perdonabile. Tra l’altro, neanche la vena ironica e dissacrante di Pratt emerge compiutamente. Nelle sue opere alcuni indigeni, come Sbrindolin, parlavano in dialetto veneziano, rispondendo così all’esigenza di parodiare l’etica colonialista secondo cui i popoli extraeuropei storpiano la lingua italiana. Ironia e finezza prattiane, dunque, difficilmente praticabili per un pubblico di lingua francese. Sempre per ragioni linguistiche, mancano anche alcune suggestioni poetiche del fumetto, come quella ricca di allitterazioni presente nel commiato al lettore: “Come la bianca ala dell’albatro sul monotono respiro del Pacifico, così, vagabonda per vagare, va la vela del vero marinaio”.


19/10/2020

Cast e credits

cast:
Richard Berry, Barbara Schulz, Patrick Bouchitey


regia:
Richard Danto, Liam Saury


titolo originale:
La ballade de la mer salée


durata:
86'


produzione:
Ellipsanime, Rai Fictio, Pomalux, Canal+


sceneggiatura:
Jean Pecheux


scenografie:
Frederic Blanchard, Olivier Vatine


montaggio:
Benoit Humbert


musiche:
Franco Piersanti


Trama
Poco tempo prima che in Europa divampi la Grande guerra, un marinaio di origini ispano-maltesi (Corto Maltese) arriva nel Sud Pacifico, dove insieme a Rasputin, un fuoriuscito siberiano, esercita (ai danni dell'impero britannico) la pirateria agli ordini di un personaggio misterioso che si fa chiamare "il Monaco", il quale ha scelto come base dei suoi traffici un'isola sconosciuta ai naviganti: Escondida. Qui tutti, compresi gli indigeni, gli tributano un'insolita riverenza. Fino a quando vi giungono Cain e Pandora, due giovani naufraghi australiani. Rasputin vorrebbe servirsene per ottenere un riscatto dalle famiglie, mentre Corto Maltese e il tenente Slütter si oppongono.