Tarsem Singh è uno dei più celebri registi pubblicitari e di videoclip della nostra epoca. Alcuni suoi spot per la Nike o la Coca Cola hanno lasciato il segno, lo stesso si può dire di certi video musicali che portavano la sua firma. Come per molti registi con simile
background, anche nel suo caso le sirene del cinema non si sono lasciate attendere e nel 2000 arriva "The Cell", sorta di ibrido fra "Viaggio Allucinante" e "Il Collezionista di Ossa" nel quale la star (oggi un po' appannata) Jennifer Lopez interpretava una psicologa (è il cinema...) che trovava un modo per introdursi (letteralmente) nella mente di un serial killer per cercare di carpire l'ubicazione del nascondiglio dove era tenuta l'ultima vittima. Ovviamente il luogo si rivelava essere tutto meno che tranquillo. Se la storia non brillava particolarmente a impressionare era invece l'estro creativo mostrato dal regista che tra l'altro immaginava i luoghi della mente attraverso tutta una serie di set ispirati all'arte contemporanea (Giger, Hirst e i fratelli Quay gli autori più citati). Nonostante critiche contrastanti, il film ottiene successo e riceve persino una candidatura agli Oscar nelle categorie tecniche, imponendosi come un risultato certo non completamente riuscito ma sicuramente più curioso dei soliti blockbuster sfornati da Hollywood. Malgrado questo fortunato esordio, per Tarsem non è stato facile continuare a lavorare all'interno degli studios: negli anni si è visto togliere progetti affidati poi a registi più facilmente controllabili (Contatine), mentre altri sono stati cassati (il rifacimento di "Westworld" o "Nautica", ispirato ai personaggi di Verne) o rinviati all'infinito (una versione dell'"Amleto" ambientata in India da far interpretare a divi di Bollywood come Shahrukh Khan o Hrithik Roshan). Anche per questo è tornato alla pubblicità, prendendosi il suo tempo prima di ritentare l'avventura cinematografica, decidendo però di prodursi il successivo progetto. Il risultato di tanta attesa è questo "The Fall", presentato al festival di Toronto 2006 e premiato a Sitges come miglior film l'anno successivo. Uscito nei circuiti d'
essai durante il 2008 (non in Italia però...) il film ha avuto il patrocinio di autori come David Fincher e Spike Jonze (altri due signori che hanno imparato che non è semplice imporsi nel sistema cinematografico a stelle e strisce) e si è guadagnato la recensione entusiastica di Roger Ebert, il più influente fra i critici americani.
Girato nell'arco di quattro anni in locations appartenenti a 18 paesi (ma c'è chi dice che in realtà sono più di venti e fra queste si riconosce anche piazza del Campidoglio a Roma), "The Fall" si ispira ad un film bulgaro dei primi anni 80 ed inizia in un ospedale californiano negli anni venti dove una bambina di origine europea, Alexandria, e uno
stunt man, Roy, entrambi ricoverati a seguito di una caduta (più grave quella del secondo, avvenuta sul set di un film, che lo ha inchiodato a letto), stringono una strana amicizia. L'uomo convince la bambina a rubare per lui tranquillanti, in cambio le racconterà una storia dalle coloriture fantastiche e avventurose che entusiasma la piccola.
Questo meccanismo alla mille e una notte con ruoli invertiti (l'uomo racconta e la donna/bambina ascolta) viene rappresentato attraverso la
mise en abyme del racconto che consente ancora una volta a Tarsem di mettere in mostra il suo straordinario estro visionario. Pochi altri film in questi ultimi anni possono vantare una serie di immagini emozionanti tali da poter competere con "The Fall" e se è un peccato non avere potuto vedere tanta magnificenza sul grande schermo, ci si rende conto di quanto il formato blue ray sia necessario per poter apprezzare pienamente prodotti di questo tipo.
Nel racconto (anticipato da un preambolo che vede al centro Alessandro Magno, immaginato nel deserto con la sua truppa di fedelissimi) si narra delle avventure di cinque straordinari guerrieri e del loro tentativo di deporre un crudele usurpatore; come nel classico "Il Mago di Oz" i personaggi della vicenda sono dei doppi di quelli che si vedono nella realtà; quindi dottori, infermieri, parenti, persino l'ex fidanzata del cascatore hanno tutti una seconda vita nel mondo esotico evocato da Roy, da qui anche un doppio casting, al quale non si sottraggono neanche i due protagonisti (che nel racconto diventano padre e figlia a rimarcare lo stretto legame che si è venuto a stabilire fra loro).
Anche se la storia è frutto della fantasia di Roy e può essere analizzata come un'allegoria della sua situazione, lo sguardo attraverso cui ci viene restituita è però quello della bambina, ecco dunque che le scenografie sono fantasiose (scenari svariati si alternano senza una logica apparente), i costumi (di Eiko Ishioka, già premio Oscar per il "Dracula" di Coppola) sono quanto di più eye popping si possa immaginare e le atmosfere sono chiaramente iperrealiste (il direttore della fotografia Colin Watkinson ha un grande merito nella riuscita del film, non è ancora fra i nomi più celebrati ma meriterebbe di avere l'agenda fitta di impegni); se "The Cell" ci mostrava come poteva essere la mente di un folle, "The Fall" ci mostra di che è capace la fantasia di una bambina. Alexandria è completamente conquistata dalle avventure dei suoi eroi e attraverso la sua immaginazione ci vengono restituite in chiave ancor più iperbolica; in questo il film potrebbe sembrare una metafora dell'ascoltare storie, dell'andarle a vedere al cinema, ma anche dell'amarle, del lasciarsi sprofondare in esse (la caduta del titolo dunque potrebbe non avere un significato solo letterale) completamente.
Il fatto che il "cuore" del film sia visto attraverso la bambina, non vuol dire che "The Fall" sia per forza (o comunque completamente) un film per bambini, dato che non mancano le situazioni drammatiche, viene persino fatto ricorso alle marionette in stop motion dei gemelli Lauenstein per descrivere uno dei passaggi più cupi. Sono struggenti i momenti in cui la piccola si rende conto che i suoi eroi sono destinati ad una brutta fine e la sua ostinatezza a imporre un finale alternativo all'autore non può non strapparci il sorriso (anche se potrebbe essere vista come una versione più bonaria di quella situazione ricorrente nel sistema in cui al regista viene tolto il final cut, l'ultima parola sul suo film...). Catinca Utaru è semplicemente sbalorditiva, neanche dieci anni al tempo delle riprese, diretta con pazienza dal regista, riesce ad attraversare la pellicola con impressionante naturalezza e la chimica che dimostra col co-protagonista (il bel Lee Pace) riesce a far sì che il fascino di "The Fall" non si esaurisca nei pregi figurativi; non mi sento di dire, come ha fatto qualcuno, che ci troviamo di fronte alla migliore performance da parte di un'interprete bambino ma sicuramente fa piacere vedere come Catinca sia in grado di essere tenera ma non leziosa e intensa senza strafare.
Se "The Fall" è appunto un gesto d'amore verso chi racconta storie e chi le ascolta, cavallerescamente e prevedibilmente viene data alla settima arte un'importanza particolare, come testimonia l'omaggio finale ai cascatori del passato, presentati attraverso un montaggio di sequenze in cui si vede anche Roy, di nuovo in piedi (o forse sono immagini prima dell'incidente, la magia del cinema...). I numeri mirabolanti degli stunt man dei tempi del muto che corrono, saltano, prendono al volo scalette attaccate ad aerei e, ovviamente, cascano (appunto, ancora la caduta...) ci riportano ad un periodo in cui il cinema sapeva sbalordire anche senza effetti speciali e l'arte e l'impegno di questi professionisti riusciva a regalare ai film quella magia che gli spettatori continuano ad aspettarsi ogni volta che entrano in sala.
29/09/2009