Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
8.0/10

Le pellicole di Alain Resnais, come "L’anno scorso a Marienbad" (1961), "Cuori" (2006), o "Amori folli" (2009), o quelle di John Cassavetes si caratterizzano per un testo filmico privo di una trama lineare, ben definita e che conduca a una conclusione univoca, procedendo invece come un flusso che può assumere un andamento circolare allo scopo di esprimere soprattutto il pensiero dei personaggi più che le loro azioni. Ciò che conta in queste opere è come sono i loro protagonisti più che cosa fanno. È ispirandosi a questi autori più che alla pièce teatrale "Je revien de loin" di Claudine Galea che il regista Mathieu Amalric ha realizzato "Stringimi forte".

Il film è incentrato sulla improvvisa e apparentemente inspiegabile scomparsa di Clarisse, una giovane madre che un mattino esce di casa abbandonando il marito e i due figli. L’impegnativa sfida della trasposizione dal testo teatrale a quello filmico è legata al fatto che già in nuce al lavoro della Galea i personaggi che si interrogano sull’assenza della protagonista sono delineati in modo tale da sembrare essi stessi il frutto di una proiezione onirica o dell’immaginazione della protagonista. In apertura del film, Clarissa, nel chiuso di una stanza, guarda delle vecchie foto di famiglia e le accoppia ripetendo convulsamente "Ricominciare! Devo ricominciare!". L’inquadratura seguente mostra il padre che fa colazione con i figli prima di accompagnarli a scuola. Successivamente, Clarisse, fatto rifornimento risale in macchina e ascolta con attenzione un nastro degli esercizi al piano eseguiti dalla figlia. A questo punto inizia una sequenza in cui il figlio più piccolo appare triste e sconsolato: potrebbe essere il primo indizio della percezione dell’anomala assenza della madre. Dopodichè si vede Clarisse scattare foto lungo la spiaggia e, con un brusco flashforward, eccola parlare da sola al bancone di un bar. La mezzora iniziale del film scorre lenta, e tutte le informazioni che ci aspetteremmo di ottenere o vengono rimandate o arrivano col contagocce. Vediamo che Clarisse è una guida turistica ed è estremamente vulnerabile e sensibile, al punto da scagliarsi contro uno cliente reo di aver maltrattato il proprio figlio. E la famiglia della protagonista che fa? Sporge denuncia per la scomparsa? Niente affatto. I figli si lamentano “Hai rotto la mamma! Hai buttato i trucchi della mamma!”. E lo spettatore continua a interrogarsi. In verità più del consorte di Clarisse! Ecco il cinema di Amalric: seminare qualche indizio qua e là, suscitare interrogativi ma non dare risposte. Trascinare il pubblico in un universo narrativo alternativo in cui i piani temporali appaiono del tutto sfalsati. A giudicare dal montaggio (sopraffino) la vita della protagonista e quelle dei familiari non si incrociano mai, tanto che cadiamo nella stessa tentazione di interpretare le sequenze agìte dal marito e dai figli come immaginate da Clarisse. Lei lamenta il fatto di non essere stata chiamata. Ma se fosse davvero scomparsa è plausibile che Marc non le avrebbe telefonato? Altra domanda senza risposta… La solitudine di Clarisse, gli interminabili silenzi che fanno da contorno ai suoi pasti sbigottiscono le cameriere quanto gli spettatori.

Lunga sarebbe la sequela di donne in fuga nella storia del cinema, ma nessuna di esse ha davvero a che fare con la protagonista del film di Mathieu Amalric: la recente Frances MacDormand de "Nomadland" (2021) non ha infatti abbandonato alcuna famiglia; il duo dialogante de "Thelma e Luise" (1991) non è costituito da monadi o criptiche sfingi; neppure la Shirley de "Non torno a casa stasera" (1968) era così enigmatica, in quanto l’inattesa gravidanza costituiva una ragione evidente per la sua fuga. "Stringimi forte" è un dramma psicologico a tutti gli effetti. È una discesa inquietante in un animo troppo fragile per resistere agli scossoni della vita, il cui vagabondare da un bar all’altro ricorda piuttosto certe figure del cinema di Lars von Trier, come la Bess de "Le onde del destino" (1996). Il twist introdotto nella seconda parte del film (e che non riveliamo) prima tinge il film di giallo e poi, nonostante la soluzione, ci lascia ancora a interrogarci. Nel film di Amalric, ogni cosa, perfino la musica, che gioca un ruolo centrale nella sensibilità della protagonista, può diventare asincrona rispetto alle immagini moltiplicandone le chiavi interpretative: la figlia, ad esempio, sale le scale per raggiungere il pianoforte e già si sentono le note. La giovane musicista sta dunque veramente salendo le scale o è la nostalgia della madre a sovrapporre musica e affetti? Una delle sequenze finali, quella di Clarissa impegnata con le stesse fotografie dell’incipit, ci conferma che forse anche noi non siamo mai usciti da quella stanza, che tutto ciò cui abbiamo assistito non è stata una successione lineare di eventi, ma un movimento lungo il nastro di Moebius dell’inconscio della protagonista.

Concludendo, "Stringimi forte" si iscrive a pieno titolo nell’universo cinematografico della narrazione debole esasperando le tendenze già presenti in "Tournèe" (2010). Una menzione merita anche Vicky Krieps, la valente attrice protagonista già ammirata al debutto in "Il filo nascosto" (2017) e più recentemente ne "Sull’isola di Bergman" (2021). Siamo di fronte a un film in qualche modo impressionista, che dice ma non circostanzia, che mostra ma non rivela, che interroga ma non risponde.   


14/02/2022

Cast e credits

cast:
Vicky Krieps, Arieh Worthalter, Anne-Sophie Bowen-Chatet, Sacha Ardilly, Juliette Benveniste, Aurèle Grzesik


regia:
Mathieu Amalric


titolo originale:
Serre-moi fort


distribuzione:
Movies Inspired


durata:
97'


produzione:
Les Films du Poisson


sceneggiatura:
Mathieu Amalric


fotografia:
Christophe Beaucarne


montaggio:
François Gédigier


costumi:
Caroline Spieth


Trama

 

Clarisse, una giovane madre, abbandona senza ragione apparente la propria famiglia iniziando a vagare senza meta sospinta dai ricordi e dalla nostalgia degli affetti.


 

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