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recensione di Livio Marciano
Il nuovo film di Pupi Avati è il seguito di un suo bel film del 1986, "Regalo di Natale". Stessi protagonisti (naturalmente incanutiti e invecchiati), stessa ambientazione (Bologna), stessa passione per il gioco.
Qui tuttavia si esauriscono le affinità con la precedente pellicola. E' necessario premettere che il nuovo lavoro non ha la forza di "Regalo di Natale", non ne possiede la pessimistica poesia e neppure la capacità di rimpiangere un passato che non c'è più.

I protagonisti appaiono cambiati, fisicamente, ma soprattutto moralmente. Ognuno di loro è peggiorato, esasperando le caratteristiche negative già abbozzate nel precedente film.
Franco appare molto più sicuro di sé, disilluso e infinitamente più ricco, cinico e scaltro.
Lele è sempre più frustrato dopo aver perduto il posto da critico cinematografico e essere costretto a lavorare in un ufficio del comune, visionando vecchie videocassette.
Stefano, altrettanto infelice e insoddisfatto, ha dichiarato ormai la propria omosessualità e convive con un uomo che lo mantiene.
Ugo prosegue il suo excursus all'Inferno fino ad essere ridotto a svolgere mansioni di cameriere in un ristorante africano, con datori di lavoro extracomunitari.
Infine l'avvocato Santelia, sempre alle prese con le sue frenesie sessuali, appare decisamente meno incisivo del personaggio che si era apprezzato in "Regalo di Natale".

Questo il quadro dei protagonisti. I tempi sono cambiati e forse, i diciassette anni intercorsi tra i due film, non rispecchiano la loro effettiva distanza temporale. "Regalo di Natale" sembra riferirsi ad una realtà molto più lontana. Sono trascorsi neppure due decenni, ma quanta malinconica differenza c'è tra i due periodi!
Nel primo film i protagonisti erano legati ad un passato di amicizia, di comune condivisione che le differenti strade avevano allontanato, ma intimamente si sentivano legati da un vincolo, da qualcosa che fosse simile ad un sentimento.
L'esperienza del gioco veniva vissuta come esperienza tutta maschile, rispetto alla quale "l'immagine della donna (Martina) assumeva la consistenza di un sogno".1

Ne "La rivincita di Natale" non è neppure presente quel sogno giovanile di vita, di felicità, di gioventù, costituito dai flashback della donna. La donna è solo una squallida prostituta assoldata ai fini di un gioco marcio e malato con cui ingannare sé stessi e gli altri.
Certo, l'invecchiamento dei protagonisti e lo spostamento temporale non favorisce rimpianti sul tempo che fu, ma si può dire che per i cinque giocatori della partita di "La rivincita di Natale" i sentimenti, le emozioni, l'amicizia, siano finite proprio quella notte di Natale del primo film.

La disillusione, l'avidità, l'inganno, la voglia di pareggiare i conti col destino, hanno sostituito ogni minimo ricorso al sentimento, all'amicizia. Sono tutti contro tutti, gli accordi non esistono più in virtù dell'amicizia, bensì solo in forza di un potenziale guadagno.
Il regista ricorre nuovamente alla metafora del poker per rappresentare i profondi cambiamenti della società italiana di questi ultimi quindici anni. Certo il quadro che ne scaturisce è decisamente tragico e privo di speranza.
In "Regalo di Natale" il messaggio pessimista di rimpianto, della nostalgia di valori perduti era bilanciato dal desiderio e dalla voglia di recuperare.
I tempi attuali, secondo Avati, sono invece caratterizzati da freddo cinismo, in cui non c'è posto per l'amicizia, per i sentimenti e neppure per il rimpianto.

Il discorso cinematografico è sviluppato in maniera coerente e riflette con piena maturità la società attuale. Più farraginoso invece appare in fase di sceneggiatura, dove la vicenda risulta spesso farraginosa, troppo sbilanciata sul colpo di scena finale e eccessivamente macchinosa nel suo dipanarsi. Certamente il film è ben girato, ben interpretato, l'ambientazione è sempre curata, però manca qualcosa, qualcosa che in "Regalo di Natale" invece c'era e la cui assenza si avverte facilmente ma è difficile comunicare con le parole.
La mancanza fortemente percepita è riferita all'emozione, certo non imputabile a carenze intrinseche del film, ma alla nostra società attuale, al nostro mondo cinico e impoverito che, nel rincorrere effimere ricchezze, ha perduto quel romanticismo che i flash-back ripetuti di "Regalo di Natale" sottolineano con piena consapevolezza.

NOTE
1 ALDO VIGANO' COMMEDIA ITALIANA in cento film, Genova, Le Mani, 1995


05/06/2008

Cast e credits

cast:
Gianni Cavina, George Eastman, Carlo Delle Piane, Alessandro Haber, Diego Abatantuono


regia:
Pupi Avati


titolo originale:
La rivincita di natale


distribuzione:
Medusa


durata:
99'


produzione:
Italia 2004


fotografia:
Pasquale Rachini


Trama
Franco Mattioli (Abatantuono), Ugo Cavara (Cavina), Lele Bagnoli (Haber), Stefano Bertoni (Eastman), Antonio Santelia (Delle Piane), si ritrovano, dopo diciassette anni, attorno ad un tavolo verde, sempre nella fatidica notte di Natale, per consumare una vendetta che avrà risvolti ben diversi dal precedente "Regalo di Natale".