Ondacinema

recensione di Stefano Santoli
8.5/10

Produrre emozione attraverso una resistenza all’emozione
Robert Bresson

 

Ha una confezione apparentemente molto classica il film in costume di Céline Sciamma "Portrait de la jeune fille en feu" (questo il titolo originale), presentato in concorso al festival di Cannes 2019 dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura. Ma sotto la superficie di questa messa in scena classica, di estrema eleganza, ribolle come un magma la passione trattenuta. Ed è all’interno del quadro che, con una regia magistrale, la cineasta fa pulsare la passionalità delle sue due protagoniste, anzitutto tramite la scelta calibratissima dei campi, l’attenzione ai dettagli, l'insistenza su un primo piano o il dispiegarsi improvviso di un campo lungo, e ancora il ricorso a movimenti di macchina precisi e rivelatori. Gli elementi naturali fanno da contrappunto e amplificano sottilmente le sensazioni che dallo schermo si riversano sullo spettatore. L’oceano, ad esempio, con il rombo feroce delle sue onde. E soprattutto il fuoco, che, per tutto il corso del film, arde e crepita rumorosamente nei caminetti, richiamando con evidenza quel “feu” (fuoco) presente fin dal titolo.

Una pittrice, interpretata da Noémie Merlant, è chiamata a fare di nascosto il ritratto di Adèle Haenel, ritirata dalla madre da un convento per andare in sposa a un nobiluomo italiano che non conosce nemmeno. La pittrice, che dovrà fingersi dama di compagnia, è la protagonista delle prime sequenze: ci viene descritta come una donna insolita per i tempi e il contesto, si getta senza paura nei marosi per recuperare le sue tele finite in acqua, quindi si serve da sola al desco, beve vino, fuma la pipa e si scalda nuda al caminetto. La ragazza di cui deve fare il ritratto è prigioniera della madre, della magione e del suo destino; è piena di rabbia, rancore e non sa sorridere. Il primo ritratto la coglie così, ma non le corrisponde. Il secondo, che verrà compiuto quando la madre sarà lontana, e fra lei e la pittrice si sarà innestato un rapporto più intimo, saprà farne emergere la fierezza sopita, e destarne una vitalità prima inesplosa. Ma è la sua natura nascosta che si svela sulla tela, grazie alla sapienza dell’artista, o è stata l’arte a far emergere la passionalità sopita? O l’affezione, la passione dell’artista?

A un certo momento viene evocato il mito di Orfeo ed Euridice, che percorrerà il film sino alla fine, in continui rimandi ed evocazioni visive. Affascina il dubbio: Orfeo ha appositamente girato il volto, condannando Euridice a tornare negli inferi? L’ipotesi è che sia stato il gesto del poeta, ad aver prevalso su quello dell’innamorato. Ha preferito cogliere con lo sguardo la bellezza, perdendola per sempre, pur di fissarla sulla retina come l’artista sulla tela. La relazione fra questo mito e la storia narrata dalla Sciamma è palese, dal momento che nel mondo descritto dal film resta impossibile la relazione sentimentale che infiamma le protagoniste. Più che Jane Campion e "Lezioni di piano", che pure fa venire in mente per l’eleganza dello stile, il film ricorda Wong Kar-wai, e in specie l’amore impossibile (e perciò ancora più vivo, intenso e destinato all’immortalità) di "In The Mood For Love".

Il tema del rapporto tra realtà e sua rappresentazione, della loro reciproca influenza, percorre il film e lì ne va cercato il senso; a fare la differenza e a regalare all’opera quella marcia in più che le consente di superare la bellezza dovuta alla mera eleganza stilistica, è la sapiente tessitura di dettagli e rimandi continui, mai criptici o difficili da cogliere per lo spettatore, esattamente come quel numero "28" rivelatore che vediamo dipinto su un quadro nel finale a racchiudere il mistero e la passione segreta, proprio come la colonna in cui il protagonista di "In The Mood For Love" sussurra il proprio amore alla fine del capolavoro di Wong Kar Wai. 

Ciò per cui "Portrait de la jeune fille en feu" ci pare eccellere, in definitiva, è la magnifica corrispondenza che instaura fra ciò che mostra e come lo mostra. Ciò che mostra è una passionalità trattenuta che rimane nascosta e segreta alla realtà in cui si trova a sbocciare. Una contrapposizione speculare a quella instaurata, grazie allo stile superlativo della regia, fra una messa in scena apparentemente classica sino alla desuetudine e il divampare sotterraneo e deflagrante degli elementi interni al profilmico. Il crepitare delle fiamme, il ribollire dell'oceano: l'attenzione ai dettagli, insomma, e anche le sfumature della recitazione - superlativa - di entrambe le protagoniste.


20/05/2019

Cast e credits

cast:
Adele Haenel, Noémie Merlant, Valeria Golino, Luàna Bajrami


regia:
Céline Sciamma


titolo originale:
Portrait de la jeune fille en feu


distribuzione:
Pyramide Films


durata:
119'


produzione:
Arte France Cinéma, Hold Up Films, Lilies Films


sceneggiatura:
Céline Sciamma


fotografia:
Claire Mathon


montaggio:
Julien Lacheray


costumi:
Dorothée Guiraud


musiche:
Jean-Baptiste de Laubier, Arthur Simonini


Trama
1770. Marianne, pittrice di talento, viene ingaggiata per fare il ritratto di Héloise, una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per sposare l’uomo a lei destinato. Héloise tenta di resistere al suo destino, rifiutando di posare. Su indicazione della madre, Mariane dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di compagnia. Le due donne iniziano a frequentarsi e tra loro scatta un amore travolgente e inaspettato.