Ondacinema

recensione di Matteo Zucchi
7.5/10

Mad Fate


In un'edizione del Far East Film Festival che ha visto non poche sorprese, siano esse positive o negative, poter avere delle certezze è comunque importante. E poche certezze sono più solide del fatto che nessuno, anche qui nel bene e nel male, faccia film thriller come Soi Cheang, maestro del noir/thriller hongkonghese dai toni più cupi e violenti, il quale pare essere tornato, dopo una lunga parentesi di film ad alto budget nella Cina continentale, a girare stabilmente nella ex-colonia britannica e in lingua cantonese. Da questo punto di vista "Mad Fate" sembra quasi il gemello diverso del precedente "Limbo", brutale poliziesco che si distingueva per un ricercatissimo bianco e nero molto contrastato, qua rovesciato in una cangiante palette di colori estremamente saturi, pur producendo alla fine risultati piuttosto simili dal punto di vista sensoriale, in modo che quasi si sentano gli odori e i sapori di questa Hong Kong crepuscolare e lurida. Il film sembra riprendere dal film precedente anche il medesimo schema di personaggi, mettendo assieme due protagonisti che più diversi non potrebbero essere e opponendoli a un misterioso e perverso omicida di prostitute e donne in condizioni di grande fragilità sociale.

Ma ovviamente vi sono anche da questo punto di vista considerevoli differenze e allora alla coppia di poliziotti, uno giovane e metodico, l'altro esperto e umorale, si oppone l'improbabile duo composto da un fattorino probabilmente psicopatico, con una certa passione per le lame e l'uccisione di animali, e un plausibilmente psicotico maestro di feng shui, convinto della possibilità di cambiare il destino delle persone e perciò deciso a modificare il suo destino di follia e quello di morte e incarcerazione del giovane. Va anche aggiunto che è stato proprio il fallimento del suo precedente tentativo di cambiare il futuro di una giovane prostituta ad aver fatto incontrare i due sulla scena dell'omicidio della donna. Ed è così che viene introdotto anche il personaggio del poliziotto, stavolta esterno al duo protagonista (e come potrebbe essere altrimenti, nella storia di questi due inverosimili personaggi) e fungente da antagonista principale del giovane psicopatico. Alla narrazione monolitica e focalizzata su una manciata di personaggi si contrappone di conseguenza un racconto più ampio e sfaccettato, che riflette così la ricca palette di colori che contrasta "Mad Fate" a "Limbo".

Entrambi i tipi di narrazione, così come ambedue le estetiche adottate, sono però finalizzati alla creazione di un'atmosfera apocalittica e fatale, qua tematicamente ancora più centrale rispetto al film precedente alla luce del focus sulla predestinazione e la prevedibilità del futuro portato dal personaggio dell'indovino e maestro di feng shui chiamato solo "il maestro", interpretato da Lam Ka-tung, già detective vendicativo e psicolabile in "Limbo". La Hong Kong messa in scena da Soi è difatti un luogo brulicante eppure desolato, in cui i vicoli sono pieni di gente ma tutte le persone sono alla fine abbandonate al loro fato e ignorate dalla folla, dinamica resa a livello musicale dal contrasto fra il sound design certosino e assillante dei suoni della città e il ricorso a brani di musica classica (di Beethoven, in primis) riarrangiati e remixati come commento extradiegetico dei drammi individuali, andando a comporre una colonna sonora che è degna controparte del sovrabbondante lato visivo. Fra i continui effetti speciali digitali che alludono alla realtà alterata dei protagonisti, in primo luogo del maestro, le scenografie stratificate ed espressive e la marcata saturazione dei colori l'assalto sensoriale ai danni di chi guarda passa anche per la vista, non lasciando mai tregua allo spettatore grazie anche a un uso nervoso del montaggio, composto principalmente da campi medi, primi piani e dettagli, dando raramente coordinate visive per permettere agli spettatori di inquadrare bene l'azione.

Se la creazione di realtà fantasiose o deformate ha sempre avuto un ruolo nel cinema di Soi, partendo dal celebrato "Dog Bite Dog" fino ai recenti blockbuster fantasy, è soprattutto con il recente ritorno a Hong Kong e al thriller che sembra aver ottenuto un ruolo centrale nella visione dell'autore, portandolo a concentrarsi quasi maniacalmente (come i suoi protagonisti ossessivi, si potrebbe aggiungere) nel creare quella "sensazione da abitare" che è la (post)apocalittica Hong Kong dopo l'entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale. Se in effetti un tratto centrale in buona parte del cinema hongkonghese contemporaneo, anche e soprattutto quello dei giovani cineasti (si pensi, nella stessa edizione del FEFF, al bell'esordio "A Light Never Goes Out"), è la struggente malinconia per un passato diverso, più libero e carico di speranze, Soi Cheang descrive invece il passato come la distesa di orrori che ha portato i suoi sventurati protagonisti a fronteggiare le tragedie del presente. Nel cinema recente del regista hongkonghese il passato non è, o, più frequentemente, è un tempo da cui ci si vuole distanziare per quanto possibile. Ne risulta una Hong Kong distorta e irriconoscibile (lo era ancor più nel più astratto "Limbo"), una dimensione di mezzo fra realismo e visionarietà, passato e presente, feng shui e tecnologia, in cui i suoi racconti archetipici (per gli standard di un film di Soi i protagonisti sono qui notevolmente approfonditi) possono svolgersi in tutta la loro radicalità.

Pur lasciando qualche volta gli spettatori perplessi per via delle repentinità di alcuni snodi narrativi (come la guida nervosa per le strette strade dell'ex-colonia, verrebbe da dire) e finendo occasionalmente per stuccare con i suoi continui assalti sensoriali, soprattutto nella parte finale della pellicola, "Mad Fate" spicca rispetto all'apparentemente più controllato "Limbo" proprio per la propria sovrabbondanza di stimoli e spunti, che si addice più all'iperbolica quête per cambiare il destino di un maestro di feng shui e un aspirante serial killer che a un noir in bianco e nero. Da questo punto di vista i molti sottofinali che dipartono proprio dall'apparente risoluzione del mistero del serial killer di prostitute finendo solo per rendere ancora più confusa la narrazione sono un peccato veniale per rendere pienamente, anche dal punto di vista narrativo, il senso di questa realtà disgregata e che aggredisce costantemente i sensi, come forse solo una metropoli asiatica può sembrare. D'altro canto proprio perché il cinema di Soi è, a suo modo, post-apocalittico vi è infine la speranza di poter effettivamente cambiare il proprio fato, ora che si può mettere questo mondo spezzato e irriconoscibile alle spalle. Spalle piene di cicatrici e guardate a distanza da poliziotti, ovviamente.


28/04/2023

Cast e credits

cast:
Lam Ka-tung, Lokman Yeung, Berg Ng, Ng Wing-sze, Peter Chan, Birdy Wong, Bonnie Wong, Ko Tin-lung, Yuen Yee-man


regia:
Soi Cheang


titolo originale:
Mihng on


durata:
108'


produzione:
MakerVille Company, Noble Castle Asia, Milkyway Image


sceneggiatura:
Yau Nai-hoi, Melvin Li


fotografia:
Cheng Siu-keung


scenografie:
Bruce Yu


montaggio:
Allen Leung


musiche:
Chung Chi-wing, Ben Cheung


Trama
Dopo aver fallito nel tentativo di proteggere una prostituta a cui aveva previsto che sarebbe stata assassinata, un innominato indovino decide di provare a cambiare il fato di morte di un inquietante ragazzo conosciuto sulla scena del crimine, ovviamente volendo prevenire anche il proprio destino di follia. La lotta contro il fato, e gli istinti umnai, si rivela prevedibilmente difficile.