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recensione di Rudi Capra
4.0/10
Fu nel secolo decimo ottavo che il Romanticismo scoprì nell’arte un veicolo per l’Assoluto, suggerendo altresì un occulto legame fra produzione artistica ed esoterismo. A tale suggestione si ispira "La settima musa", l’ultimo prodotto horror (in realtà, più un thriller soprannaturale) di Jaume Balaguerò, regista spagnolo noto ai più per il filone di "Rec" e per il convincente "Bed time". Se ci lasciamo sedurre dal paradigma romantico, troviamo un corposo e secolare legame tra arte e mondo esoterico. Un aspetto che "La settima musa", tratto dal romanzo di Somoza "La tredicesima dama", indaga rivisitando il mito greco delle sette muse e chiamando all’appello la tradizione letteraria e poetica occidentale, da Shakespeare a Blake, da Milton a Neruda.

Sono infatti sette creature femminili a tormentare Samuel Solomon (Elliot Cowan), brillante professore di letteratura che ha conosciuto il tracollo, professionale e psicologico, in seguito al brutale suicidio dell’ex-fidanzata. La premonizione, avvenuta in sogno, di una barbara uccisione, lo spinge a recarsi sulla macabra scena del delitto, dove incontra la spogliarellista Rachel (Ana Ularu), tormentata dai medesimi incubi. Da quel momento, un vertiginoso gorgo di disgrazie e supplizi lo trascina al centro di una contesa soprannaturale per il possesso di un misterioso artefatto chiamato "imago", che rappresenta, almeno in apparenza, l’oggetto del desiderio delle muse. L’intreccio, che si dipana attraverso claustrofobici interni e i suggestivi, pioviferi paesaggi irlandesi (Dublino, Cork, Dunquin e il Ring of Kerry), invita lo spettatore a partecipare alla soluzione dell’enigma mediante una capillare disseminazione di indizi e un serrato ricorso a dialoghi esplicativi. Tuttavia le numerose incognite, in parte dovute a una sceneggiatura sforacchiata e frettolosa, edita a quattro mani, scoraggiano ogni forma di coinvolgimento psicologico, rendendo di fatto inefficace l’elemento giallo della storia.

Lo spettatore rimane quindi in balia dell’elemento horror, che consiste più che altro in una serie di manipolazioni e distorsioni corporee (alla Cronenberg, pour s’entendre), declinate in un vasto campionario: stigmate spontanee, facce strappate, felini squartati, sgozzamenti rituali, blatte che entrano ed escono da piaghe sanguinanti e via discorrendo. Ovviamente non mancano, per dare un tono all’ambiente, bambine assatanate, tetre magioni di campagna, vasche piene di sangue e manicomi abbandonati. Luoghi ed eventi del film sono dunque infestati da una refrattaria specie di cliché, che si estende a tecniche di regia e scelte estetiche ormai abusate: un profluvio di jump-cut, plongée (e contre), primissimi piani, tutti proverbialmente montati su una handy cam lunatica e ondeggiante. Perlomeno, nella vertigine dell’azione ci vengono risparmiati gli assidui, verbosissimi dialoghi, dai quali impariamo, ad esempio, che "Un verso di Kavafis può causare pustole purulente", e che "Una poesia di Neruda può esplodere come una bomba nucleare: bum!"

Purtroppo si tratta di un’occasione sprecata per Balaguerò, che inquina uno spunto promettente lasciandoci rimpiangere i fasti del passato, quando ammiravamo il suo talento fresco e ispirato. Oltre ai numerosi difetti e al vago aroma di misoginia che traspare dalla pellicola, ciò che rende "La settima musa" davvero imperdonabile è la vanagloria con cui il film snocciola citazioni dantesche e riferimenti classicheggianti per poi rimanere vittima degli stilemi più triti del genere. A ben vedere, in questo macabro pasticcio l’autentica vittima è la povera letteratura, all'apparenza macchiata da attributi che in realtà sono propri soltanto del film: ridondanza, superficialità e sciattezza.

25/08/2018

Cast e credits

cast:
Elliot Cowan, Franka Potente, Ana Ularu, Joanne Whalley


regia:
Jaume Balagueró


titolo originale:
Muse


distribuzione:
Adler Entertainment


durata:
107'


produzione:
Castelao Pictures, Fantastic Films, Filmax Entertainment


sceneggiatura:
Jaume Balagueró, Fernando Navarro


fotografia:
Pablo Rosso


scenografie:
André Fonsny


montaggio:
Guillermo de la Cal


costumi:
Catherine Van Bree


musiche:
Stephen Rennicks


Trama

Dopo il suicidio della fidanzata, a Samuel Solomon, poeta e professore, non rimane che la letteratura. Fino a quando strani incubi lo trascinano in una contesa soprannaturale fra creature mitologiche.

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