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recensione di Rudi Capra
6.0/10

Tra intervalli di riflessione e distribuzioni perdute, la firma di Arcand manca dal 2007 nel panorama cinematografico nostrano. Peccato, perché lo sguardo caustico del regista canadese si è rivelato acuto e incisivo nella disamina della società occidentale fino almeno dai tempi de "Il declino dell’impero americano" (1986), passando per l’eccellente "Le invasioni barbariche" (2003, Oscar come miglior film straniero, miglior sceneggiatura a Cannes) e il più recente "L’età barbarica" (2007). Temi come il nichilismo valoriale, l’amore liquido e il rapporto tra benessere economico ed esistenziale nel quadro di un neoliberismo sfrenato tornano prepotentemente attuali ne "La caduta dell’impero americano", che l’estensione di un coerente fil rouge cuce in una ideale tetralogia.

Il protagonista è un uomo dei nostri tempi, un trentaseienne che dopo un brillante dottorato in filosofia si mantiene lavorando come fattorino. Esemplare di una borghesia istruita che accumula umilianti frustrazioni in una società che venera solamente il capitale e talvolta chi lo detiene ("Imbeciles worship cretins"), Pierre-Paul ha una chance di applicare le proprie teorie etiche quando capita nel posto sbagliato al momento giusto e sottrae dalla scena di una rapina due borsoni gonfi di dollari. Se come sostiene Pierre-Paul il denaro è un linguaggio, il grisbì gli procura parecchi interlocutori: boss del crimine, mobs, avvocati, escort di lusso, nel solco plausibile di Bresson ("L’argent", 1983).

Potrebbe essere l’inizio di una intrigante contaminazione fra individui di diversa estrazione sociale, moralità e attitudine, ma Arcand preferisce celebrare una prospettiva eticamente impermeabile che espone la corruzione endemica del diktat neoliberista senza compromettersi, con un nitore affine al semplicismo (si potrebbe dire "alla Frank Capra"). Di registro dolceamaro, "La caduta dell’impero americano" si configura come misurato adattamento di una sceneggiatura ponderata e puntuale, che una preponderanza di dialoghi rispetto all’azione spinge ben presto in una placida abulia. Infatti non vengono sviluppate a sufficienza le premesse noir e heist verso le quali il film, per lunghi tratti, ammicca.

Se questo episodio appare insomma di opaca ispirazione nel quadro solitamente brillante del discorso arcandiano, bisogna pure riconoscergli una lucidità satirica grazie alla quale funge, rispetto alla società occidentale contemporanea, da acuta e penetrante diagnosi. E con l’ambito clinico condivide, peraltro, anche il tono: scientifico, inappellabile, compiaciutamente asettico.


25/04/2019

Cast e credits

cast:
Maxim Roy, Alexandre Landry, Maripier Morin, Pierre Curzi, Yan England, Remy Girard


regia:
Denys Arcand


titolo originale:
La chute de l'empire américain


distribuzione:
Parthenos


durata:
129'


produzione:
Cinémaginaire Inc.


sceneggiatura:
Denys Arcand


fotografia:
Van Royko


scenografie:
Patrice Bengle, Michèle Forest


montaggio:
Arthur Tarnowski


costumi:
Sophie Lefebvre


musiche:
Mathieu Lussier, Louis Dufort


Trama
Pierre, dottore in filosofia che lavora come fattorino, si trova fra le mani la refurtiva di una rapina finita male. Le sue decisioni avranno conseguenze mirabolanti
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