Come all'interno di un fortino Mimmo e Veronica si studiano e si mettono alla prova con la diffidenza di chi ha paura di mostrare la propria natura. A lui è stato rubato il carretto di granite con cui assieme al padre si guadagna la giornata e per riaverlo deve tenerla reclusa in attesa che il ras del quartiere ne decida le sorti. Disillusa e ferita Veronica gli si oppone con modi da sciantosa e con una dialettica da donna navigata, ma con il passare delle ore i contrasti si trasformeranno in un inaspettato cameratismo. L'argomento, impastato di bruciante attualità, e la tipologia dei protagonisti - degli umiliati ed offesi ancorché di giovane età - potevano appiattire le scelte del regista verso un immaginario forgiato ad immagine e somiglianza del ben noto film di Matteo Garrone(Gomorra,2008)oppure imbrigliare il film con la retorica del senso di colpa e dello sdegno necessarie a chi vuole lavarsi da qualsiasi responsabilità. "L'intervallo" invece pur mantenendo attaccata la spina con quel mondo e portandoselo dietro nell'evidenza di una gioventù costretta a diventare adulta troppo in fretta riesce a creare uno frattura che seppure temporanea - l'intervallo del titolo a questo si riferisce - consente ai due protagonisti di riappropriarsi del tempo perduto e nel contempo ad indicare la strada da cui deve ripartire. A dircelo durante la storia è il modo con cui Mimmo e Veronica si muovono e si relazionano, dapprima distaccato e scorbutico, fatto di reticenze e di indicazioni pratiche, di frasi che gli hanno appiccicato addosso e che servono solo a difendersi,successivamente aperto alla comprensione ed alle confidenze. I ragazzini che si fingevano grandi tornano ad essere ingenui e curiosi,ad indossare i grembiuli di una scuola che non è ancora finita. Ed è proprio in quella quiete prima della tempesta, a quelle ore che si trasformano in un regalo inaspettato che bisogna riportare le lancette della vita, per farne il punto da cui iniziare a ricostruire il futuro di una comunità che voglia ancora considerarsi civile.
Di Costanzo organizza il suo film su una costruzione drammaturgia apparentemente semplice ma in realtà complessa e stratificata: mettendo a sistema l'elemento spaziale - l'edificio vuoto ed inospitale così come il bosco adiacente ad esso, selvaggio e rigoglioso - con quello temporale - lo scorrere del tempo enfatizzato da un architettura fatiscente e dai cambi di luce che suddividono la storia in tre diversi momenti - immerge la storia in un senso di caducità che pesa sui personaggi e sulle loro azioni, conferendogli un alone di tragicità. Una tendenza quella dell'apparente semplicità che ritroviamo anche nell'utilizzo della matrice realistica, ottenuta con una recitazione aderente ma di sottrazione,in cui gli stati d'animo sono più spesso suggeriti che dichiarati, ricavati dal contrasto di luci e di ombre che caratterizza la prima parte del film, quella in cui all'incertezza sulla propria sorte si somma anche il disagio della convivenza forzata; oppure nella parte centrale, quando il film si sviluppa prevalentemente all'aperto e la luce del sole netta e decisa corrisponde allo scioglimento delle rispettive tensioni, quello in cui i due ragazzi si lasciano dietro il fardello delle proprie esistenze per offrirsi all'altro con rinnovata trasparenza. Ed ancora, nella capacità di far parlare l'ambiente con una composizione delle inquadrature che tiene conto del rapporto tra le figure e lo spazio, quest'ultimo sempre in dialettica con i personaggi mediante una frequentazione fatta di movimenti difficili, che avvengono in ambienti caratterizzati da passaggi stretti e poco illuminati, spesso desolati, chiaro indizio di una di una fatica di vivere che appartiene ai due protagonisti. Un cinema fatto di idee dunque e certamente aiutato dall'esperienza del regista, come l'Alessandro Comodin di "L'estate di Giacomo" attivo all'estero con documentari che si erano già occupati della condizione giovanile. Presentato nella sezione Orizzonti della 69 edizione della Mostra d'arte cinematografica di Venezia, "L'intervallo" ha vinto il premio FIPRESCI. A detta di molti meritevole del concorso ufficiale, il film di Leonardo Di Costanzo è senza ombra di dubbio uno dei migliori film italiani di questa stagione.
cast:
Salvatore Ruocco, Francesca Riso, Alessio Gallo, Carmine Paternoster
regia:
Leonardo Di Costanzo
distribuzione:
Cinecittà Luce
durata:
90'
produzione:
Tempesta, Rai Cinema
sceneggiatura:
Leonardo Di Costanzo,Mariangela Barbanente,Maurizio Braucci
fotografia:
Luca Bigazzi
scenografie:
Luca Servino
montaggio:
Carlotta Cristiani
costumi:
Kay Devanthey
musiche:
Marco Cappelli