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recensione di Matteo De Simei

Prima che in Russia Vertov impugnasse la sua "macchina da presa", prima che l'avanguardia francese regalasse a Gance il monumento di "Napolèon", la Germania fu la prima protagonista del Vecchio Continente ad avanzare un movimento artistico radicale.
È il 1920. Il popolo teutonico, uscito sconfitto dalla Grande Guerra, è pronto a risollevarsi e a rinascere sotto il segno dello sviluppo economico e culturale. Paradossalmente è proprio l'istanza della guerra appena conclusa ad influenzare notevolmente il pensiero e l'ideologia del nuovo corso intellettuale: l'Espressionismo nasce come corrente soprattutto pittorica e teatrale (come "espressione" di insurrezione alle certezze e al materialismo della borghesia liberale all'interno della Repubblica di Weimar) ma che trovò grande riscontro anche nel neonato cinema, i cui protagonisti provenivano spesso dal mondo del teatro stesso.

In quegli anni il cinema fioriva solamente dall'altra parte dell'oceano grazie al miracolo Griffith. Proprio Hollywood si avviava ad intraprendere una politica sistematica di accorpamento delle innovazioni e dei talenti europei (tra cui Wiene) che avrebbe guidato la produzione cinematografica del periodo ad anticipare il movimento di globalizzazione economica degli ultimi cinquant'anni.
Grazie anche all'appoggio americano, la nuova Germania espressionista avvicendava alla descrizione oggettiva della realtà (si pensi al comune melodramma griffithiano) una trasmissione di impulsi e turbamenti soggettivi capaci di suscitare nel pubblico intensi effetti emotivi, servendosi semplicemente di schemi stilistici deformati e anticonvenzionali.
"Il gabinetto del dottor Caligari" rappresenta in questo senso il capolavoro assoluto di tale movimento artistico (e altresì del cinema tutto), il progenitore per eccellenza del genere fantasy ed horror, l'editio princeps di futuri capolavori firmati dalla penna di altri due grandi protagonisti del cinema espressionista, Murnau ("Nosferatu", 1922) e Lang ("Metropolis", 1926).

Il film, diretto dall'esordiente Robert Wiene e sceneggiato dal duo Mayer-Janowitz, inscena una parabola gotica e fantastica incentrata sul potere oscuro dell'ipnotismo. Il sonnambulo Cesare (appesantito profondamente dal trucco quasi fosse un mimo) è divenuto oggi un personaggio memorabile del panorama cinematografico mondiale. Caligari è stato il primo vero "mostro cattivo" nella storia della settima arte: cappello a cilindro, bacchetta, occhiali, guanti a completare al meglio l'indole del personaggio interpretato da Krauss, perfetto ad inoculare allo spettatore il suo sguardo diabolico e malato (solo Murnau riuscirà - due anni dopo in "Nosferatu" - ad innalzare l'immagine del personaggio - interpretato da Max Schreck - al più alto grado di intensità espressiva).
Ambizioso ed avanguardistico (e perciò coraggioso), la pellicola è realizzata in studio e con fondali dipinti in assenza di prospettiva. E infatti uno dei segreti principali del "Das Kabinett des Dr. Caligari" è costituito dalla scenografia, ad opera di pittori (perché pittura e cinema costituiscono un'arte totale e inscindibile) e scenografi espressionisti: Herman Warm, Walter Reimann e Walter Rorhig, artefici di una stilizzazione antinaturalistica ed antigeometrica caratterizzata da improvvise (quanto immotivate) tracciati diagonali o distorti (simili a ghirigori ornamentali).
Manifestata ai massimi livelli è anche la dimensione "plastica" ed artificiosa dell'immagine. Le inquadrature insistono abbondantemente su una materialità non figurativa che prende forma in sovraimpressioni, angolature insolite, flou, mascherini ed altre tecniche di montaggio significative.
La recitazione è palesemente teatrale e caricata. Il forte contrasto tra bianco e nero privilegia l'assenza di profondità, caratterizzando ancora di più i movimenti e le gesta dei personaggi, vere e proprie marionette nelle mani di uno psichiatra assassino.
Erich Pommer, produttore del film (e della Decla Film, la stessa casa produttrice di "Faust" e "Metropolis") nonché fervente espressionista, è anche l'autore del labirintico finale, scritturato diversamente nella sceneggiatura originale di Mayer, e capace di gettare lo spettatore in un limbo tra allucinazione e realtà.

È impressionante come il capolavoro di Wiene (a novant'anni dalla sua nascita!) riesca oggigiorno a mantenere intatta la sua freschezza visiva, per non parlare delle forti ripercussioni e influenze sul cinema odierno. Si pensi solamente alle creature e alle atmosfere gotiche nate dal genio di Tim Burton e soprattutto all'animazione informe di "Nightmare Before Christmas" (1993) di Henry Selick (ma prodotto e sceneggiato dallo stesso Burton). O ancor prima alle atmosfere fantastiche de "Il fantasma del palcoscenico" (1974) di Brian De Palma, fino all'horror puro dei morti viventi di Romero, risvegliati dalle loro bare proprio come Cesare il sonnambulo.

Caligari, nella sua maestosa importanza cinematografica, scaraventa così lo spettatore in una nuova esperienza visiva ed emozionale. La messa in discussione della realtà è appena cominciata.


27/10/2009

Cast e credits

cast:
Werner Krauss, Conrad Veidt, Friedrich Feher, Lil Dagover, Hans Heinrich von Twardowski


regia:
Robert Wiene


titolo originale:
Das Cabinet des Dr. Caligari


durata:
78'


produzione:
Rudolf Meinert, Erich Pommer


sceneggiatura:
Hans Janowitz, Carl Mayer


fotografia:
Willy Hameister


scenografie:
Walter Rohrig


Trama
Un losco imbonitore da fiera che si è identificato con un ipnotizzatore del Settecento, fa compiere azioni delittuose a un sonnambulo di cui controlla la volontà. E se invece tutto fosse solo l'allucinazione dell'ospite di un manicomio?