Ondacinema

recensione di Diego Capuano
6.5/10
Bastano degli attimi, pochi movimenti concitati e una furia che parte in quinta. Il passato è un dettaglio: la rabbia della quindicenne Mia non ha bisogno di spiegazioni. Comincia a passo elevato e prosegue con il medesimo spirito. Ma finirà, forse, con l'apprendere il perché di questa ira e una fiammella di speranza (non per questo riconciliatoria) potrebbe apparire all'orizzonte.

Esordiente al cinema con "Red Road", chirurgico, ambizioso e dogmatico (nel senso di seguire il filone danese di von Trier e soci) lungometraggio, l'inglese Andrea Arnold, con il suo secondo film da una parte sembra abbassare le ambizioni, ascrivendosi al cinema di denuncia sociale che vede il connazionale Ken Loach come punto di riferimento, dall'altra è alla ricerca di uno sguardo più urgente, che forse meglio le si addice (parente dei suoi precedenti cortometraggi), e dunque più efficace. La regista segue, spesso con una mdp a mano, la sua protagonista lungo i margini di una grigia periferia (non lontana da Londra), tanto che per stile potrebbe sembrarci una variazione delle modalità registiche dei Dardenne, senza possedere comunque un'ampia visione dell mondo e sull'uomo propria dei fratelli belgi.

Le barriere familiari sembrano abolite: i ruoli, di madre /figlia / padre/ amico/ amante, sono ridotti a mere etichette. Lo sguardo di Mia protesta contro l'ambiente e contro chi gli gira intorno. Lei stessa è totalmente inglobata nella plumbea e immobilizzata atmosfera che regna sovrana: la regista, difatti, non usa armi per renderla simpatica allo spettatore. Vittima, forse, ma con un'empatia che non supera la solidarietà. La sua figura è una conseguenza di ciò che c'era e ciò che c'è.

Quando nella vita della ragazza irrompe il nuovo fidanzato della madre, Connor, gli equilibri, che già abitualmente seguivano traiettorie irregolari, svaniscono nel nulla.

La conquista dell' uomo agli occhi di Mia assume più valenze (consce o inconscie che siano): l'uomo di casa che non c'è (la figura paterna), una sfida e rivalsa nei confronti di una madre infantile, egoista e poco in grado di assurgere un ruolo materno, un'alternativa sociale  alla desolata vasca per i pesci in cui è intrappolata (attenzione alla sequenza del lago: simbolica, forse troppo), l'esplosione dei primi turbamenti sessuali, finora celati dietro ad un atteggiamento quasi mascolino.

L'intensa progressione drammaturgica non tradisce le attese, anche se qua e là si sente la programmaticità della costruzione, vagamente in conflitto con la libertà etico-estetica espressa nelle prime sequenze del film. Libertà rappresentata dalla passione per la danza hip-hop che, insieme all'amore per una cavalla incatenata e malata, formano un piccolo grande microcosmo nel quale fuggire ed evadere, in solitaria, dalla realtà quotidiana.

"Fish Tank", dopo la mancata tragedia finale, sembra sfumare, in contrapposizione con l'apertura aggressiva. E se la carica eversiva va a fasi alterne, la ridondanza è tenuta sempre alla larga.
L'esordiente Katie Jervis, pescata in una stazione dei treni durante un litigio con il suo ragazzo, riesce a donare alla sua Mia un'acqua della vita capace di renderla un personaggio forte, da non dimenticare.


26/07/2010

Cast e credits

cast:
Katie Jarvis, Michael Fassbender, Charlotte Collins, Kierston Wareing, Harry Treadway


regia:
Andrea Arnold


titolo originale:
Fish Tank


distribuzione:
One Movie


durata:
123'


produzione:
BBC Films, Kasander Film Company, Limelight, UK Film Council


sceneggiatura:
Andrea Arnold


fotografia:
Robbie Ryan


scenografie:
Helen Scott


montaggio:
Nicolas Chaudeurge


costumi:
Jane Petrie


Trama
Gran Bretagna: Mia ha 15 anni, un carattere impetuoso, nessuna amica, una madre coetanea, eccetto per l'anagrafe, una sorellina specializzata in turpiloquio e una grande passione per la danza hip-hop. Per lei ogni giorno è uguale all'altro, fin quando in casa non compare un amichetto occasionale della madre, Connor. L'aitante giovane porterà l'amore in famiglia. E non solo