Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
6.5/10

Autori e protagonisti di "Fino a qui tutto bene" hanno presentato il loro film, nei titoli di testa e nelle interviste, come una "produzione garibaldina", cioè come una coraggiosa avventura indipendente, un'autoproduzione che ha racimolato il minimo indispensabile di budget e che con l'aiuto di amici e parenti è riuscita a portare a termine un progetto sentito e un'esperienza cinematografica che li ha coinvolti intimamente, lasciando un pezzo di cuore nell'appartamento pisano che i personaggi del film si accingono a lasciare per sempre.

"Fino a qui tutto bene" ci fa pensare a quanto poco il nostro cinema si dedichi ai giovani o alle nuove generazioni, tentando di guardare alle loro vite in modo diretto, senza il filtro del tono bonario e paternalista di un regista in là con gli anni o degli stucchevoli buonismi della neo-commedia italiana simil-"Immaturi", e senza le pastoie di un discorso sociale o civile. Se negli anni 90 vi erano state alcune prove che avevano suscitato molto interesse, come "Cresceranno i carciofi a Mimongo" di Fulvio Ottaviano e "Tutti giù per terra" di Davide Ferrario (e anche il primo Gabriele Muccino), il filone generazionale è diventato sempre più intermittente con rari exploit come sono stati, sebbene in modi differenti, "Dieci inverni" di Valerio Mieli e "Smetto quando voglio" di Sydney Sibilia. Il quarantenne Roan Johnson, qui alla sua opera seconda dopo "I primi della lista", si è lanciato insieme alla sua troupe nella realizzazione di un film molto sentito, dopo aver iniziato un documentario commissionatogli dall'università di Pisa per il quale ha intervistato diversi studenti, raccogliendo aneddoti e lacerti di vita vissuta, delusioni ma anche tante speranze.

Il gruppo di cinque amici che si appresta a dividersi è così composto: Ilaria (Silvia D'Amico) che, a causa di una gravidanza inaspettata, ha deciso di tornare dai suoi genitori a Frosinone rinunciando al completamento del dottorato; Vincenzo (Alessio Vassallo), vulcanologo siciliano che ha la possibilità di trasferirsi a Reykjavík, la cui università gli ha assegnato un posto da professore associato; questi è in rotta con Francesca (Melissa Anna Bartolini), la fidanzata, che vorrebbe invece trasferirsi a Milano dove ha qualche contatto e dove spera di poter fare l'attrice, sogno coltivato col laboratorio "I poveri illusi" al quale partecipavano gli altri inquilini; Andrea (Guglielmo Favilla) vuole raggiungere un amico in Nepal per allontanarsi dal bruciante fallimento della sua esperienza di teatrante; Cioni (Paolo Cioni), studente fin troppo fuori corso, torna a casa dai genitori che abitano nelle vicinanze per finire la tesi. Su questi amici aleggiano le ombre di Michele, ex-coinquilino morto in un incidente stradale di cui però si sospetta il suicidio, e Marta (Isabella Ragonese), ex di Andrea che è ora diventata un'attrice professionista, suscitando nel ragazzo un misto di invidia e rimorso.
Johnson filma aneddoti e ricordi tra malinconia e goliardia, mostrando che non esistono convivenze senza spine, senza rancori, senza improvvisi scoppi d'ira e di disappunto che poi possono essere superati ma di cui permane una traccia sotterranea pronta a ripresentarsi in ogni momento di tensione: perché alla fine tra chi resta, chi si trasferisce e chi parte per sempre, si cela la visibile linea tra chi ce l'ha fatta e chi sente di aver mancato il bersaglio.

Straordinario il pezzo iniziale sulle difficoltà di lavare i piatti quando lo scarico del lavabo è intasato oppure la ricetta della "pasta col nulla", cioè, come condire la pasta raschiando il fondo del frigorifero; meritevoli anche l'attacco isterico di Ilaria e la sadica scommessa dei cinquanta euro a testa ove il Cioni fosse riuscito ad accoppiarsi con un'anguria. Oltre alle gag, non mancano momenti più seri e desolanti, trattati senza edulcorazioni.
"Fino a qui tutto bene" non è comunque esente da difetti. Insieme ad alcuni innegabili pregi, tra i quali bisogna ascrivere una lingua viva e finalmente parlata, che riesce a schivare il bozzettismo regionalista tipico della commedia nostrana, bisogna considerare qualche limite strutturale, quale è la ripetizione nello schema di una narrazione volutamente episodica; e anche alcune scene che mostrano una patinatura pubblicitaria nella fotografia del pur bravo Davide Manca - il quale, grazie all'uso del pianosequenza, dona veridicità agli scambi-scherzi-improvvisazioni del quintetto. E uno dei punti di forza del film consta nella spontaneità d'interazione dei giovani interpreti, fisici genuini che sembrano effettivamente aver convissuto per tanti anni, coltivando la pancetta da pastasciutta e birra e indossando le magliette stinte dalle troppe lavatrici, segni distintivi di ogni studente fuori sede che si rispetti.

La casa che i protagonisti lasciano è come la Rimini dei "vitelloni" felliniani, uno spazio protetto e conosciuto, lontano dall'inferno del mondo vero dove - come dice Vincenzo - ci si scanna senza pietà: per questo non appena si allontaneranno da un porto sicuro, i disorientati protagonisti rimarranno simbolicamente bloccati. Ma non per questo si arrenderanno... 


21/03/2015

Cast e credits

cast:
Alessio Vassallo, Paolo Cioni, Silvia D Amico, Guglielmo Favilla, Melissa Anna Bartolini, Isabella Ragonese


regia:
Roan Johnson


distribuzione:
Microcinema Distribuzione


durata:
80'


sceneggiatura:
Ottavia Madeddu, Roan Johnson


fotografia:
Davide Manca


montaggio:
Davide Vizzini, Paolo Landolfi


musiche:
I Gatti Mézzi


Trama
L'ultimo weekend di cinque ragazzi che hanno studiato e vissuto nella stessa casa, dove si sono consumati sughi scaduti e paste col nulla, lunghi scazzi e brevi amplessi. Ma adesso quel tempo di vita così acerbo, divertente e protetto, sta per finire ed è il momento di assumersi delle responsabilità. Chi rimanendo nella propria città, chi partendo per lavorare all'estero...