Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
4.5/10

Quasi quarant'anni dopo i suoi esordi all'interno di quel movimento non organizzato che fu il cinéma du look, Besson è ancora attento alla forma visiva e alle formule narrative. Infatti, come altri lavori precedenti del regista, anche "DogMan" lavora consapevolmente all'interno di canoni precisi e consolidati, esplorando la personale via per un super/antihero movie e trovando in Caleb Landry Jones un mattatore assoluto.

Nelle prime battute del film, il protagonista (che scopriremo chiamarsi Douglas) viene arrestato mentre guida vestito in drag: dentro il suo furgone c'è una numerosa muta di cani. Chi sia, da dove venga e perché abbia tutti quei cani sono misteri che una psichiatra è chiamata a dirimere. Opportunamente stimolato dalla donna, Doug inizia a raccontare la sua vita, prima per abbozzi e poi per lunghi episodi che entrano nel merito dei suoi traumi, delle sue riflessioni personali e svolte esistenziali. In principio c'è l'infanzia segnata dalla perfidia del fratello maggiore e dalle botte del padre violento, organizzatore di combattimenti clandestini tra cani. Dopo l'ennesima trasgressione alle severe regole paterne, il ragazzino viene punito con la reclusione in gabbia insieme ai suoi adorati cani, animali solo da lui compresi e difesi e, per questo, compreso e riamato a sua volta. La seconda parte della formazione di Doug avviene nell'istituto per minori in cui cresce scoprendo la sua vocazione artistica di performer grazie a una giovane attrice piena di entusiasmo che gli fa conoscere la bellezza delle opere teatrali di William Shakespeare. Divenuto maggiorenne, il ragazzo cerca di sbarcare il lunario dirigendo un canile che il governo locale sopprime; l'itinerario esistenziale del protagonista si chiude rispondendo all'annuncio di un night club dove viene assunto per esibirsi in raffinati drag show. I soldi guadagnati servono a sistemare un casermone abbandonato dove si insedia insieme alla sua famiglia canina ma, poiché i soldi non bastano mai, Doug inizia a ideare delle rapine sfruttando le doti dei propri amici a quattro zampe e, al contempo, a difendere gli innocenti dalle vessazioni dei criminali di quartiere. 

È forse presente una connessione tra il degrado della provincia del New Jersey e l'emersione di questo soggetto bizzarro, ma tale suggestione è lasciata alle location e non approfondita dal film poiché "DogMan" è di fatto l'ennesimo ritratto di Besson di un antieroe posto ai margini della società. Come molti dei suoi personaggi, un incontro, un caso, un potere spinge il protagonista a rischiare tutto pur di riscattarsi, consacrandosi a una missione da compiere. Non è però chiaro a cosa si consacri questo protagonista che dall'inizio alla fine non fa altro che soffrire snocciolando una serie pressoché infinita di aforismi esistenzialisti e cinofili alla psichiatra, a sua volta sempre più sbalordita dalle continue trasformazioni del suo paziente: vittima sin dall'inizio, poi attore dilettante, giustiziere e carnefice, vigilante e criminale, diva dei drag show
Sin dalla descrizione grossolana e priva di sfumature degli aguzzini - il padre e il fratello sono caricature
white trash, lui è sensibile e inerme - appare evidente come la chiave scelta da Besson sia la formula dell'origin story di Douglas, il cui superpotere consiste nella totale connessione coi cani, sua vera famiglia d'elezione che lo accoglie, lo ama e fedelmente ubbidisce a ogni suo ordine. Besson rielabora tale formula del filone supereroistico calandola in una cornice urbana che ricorda, piuttosto che il Marvel Cinematic Univers, l'opera di M. Night Shyamalan, anche per il sottotesto simbolico di derivazione cristiana; per non parlare del trucco e di un gradiente di istrionismo dell'interpretazione di Jones che inevitabilmente ricorda ora Heath Ledger, ora Joaquin Phoenix nei panni del Joker. Quando Doug entra timido in un night club, di cui diverrà principale attrazione, inizia l'aborto di un film queer in cui il protagonista trova il suo vero sé nelle esibizioni in drag. In questa proliferazione di sottotrame, ve n'è una ulteriore di stampo noir in cui un zelante agente delle assicurazioni riesce a intuire che dietro numerosi furti vi sia un particolare genio criminale. 

Viene in mente una vecchia intervista a David Cronenberg durante la quale, a proposito di Quentin Tarantino, diceva - vado a memoria - di aver visto tutti i film usati dal collega e che non erano belli nemmeno all'epoca. La provocazione entrava nel merito dell'ingenerosa e ormai superata accusa rivolta a Tarantino di realizzare né più né meno che patchwork di altri film."DogMan" sembra però assemblato più che costruito, seguendo proprio la logica del patchwork: all'innestarsi di un subplot, si coglie di volta in volta uno spostamento di temi e ambienti cuciti e tenuti insieme dalla cerniera fornita dalla presenza di Caleb Landry Jones. Besson sembra infatti essere partito dall'ideazione di scene madri intorno a cui sviluppare la narrazione; pertanto, si assiste alla commovente performance di "Non, je ne regrette rien", in un calco perfetto di Édith Piaf, allo stesso modo in cui si vede un clan di gangster latinoamericani fare irruzione nel rifugio di Doug, che ha una reazione che può rammentare contestualmente sia "Rambo", sia "Mamma, ho perso l'aereo", mentre si ha più difficoltà a seguire il fil rouge di ogni evoluzione del protagonista. Soprattutto quando riemerge il côté religioso e Doug prega per un intervento divino che lo aiuti a trovare la propria redenzione: qui Besson prepara una detonazione melò, rischiando di rincorrere l'ultimo Aronofsky sul terreno dei suoi ricatti.

L'identità di Douglas, abbreviato Doug la cui pronuncia è simile a "dog", è legata a doppio filo ai suoi cani; Doug crede però in Dio (God) ed è forse per questo che il suo destino di uomo della Provvidenza ha a che fare con la fede nel racconto. Della pura affabulazione Besson non ha sufficiente fede, così affastella, rilancia ed esagera finché ogni sottotrama sembra andare per conto suo e di questo racconto non ci si fida più. 


03/09/2023

Cast e credits

cast:
Caleb Landry Jones, Jojo T. Gibbs, Christopher Denham, Clemens Schick, Grace Palma


regia:
Luc Besson


titolo originale:
DogMan


distribuzione:
Lucky Red


durata:
114'


produzione:
LBP, Europacorp, TF1 Films Production


sceneggiatura:
Luc Besson


fotografia:
Colin Wandersman


scenografie:
Hugues Tissandier


montaggio:
Julien Rey


costumi:
Corinne Bruand


musiche:
Eric Serra


Trama
Doug fin da bambino è vittima delle violenze del patrigno. Ha una fedele muta di cani come suoi unici amici e confidenti. Diventato un adulto tormentato, userà lo stretto legame con i suoi cani per vendicarsi dei torti subiti.