Ondacinema

recensione di Giuseppe Gangi
7.5/10

La vertiginosa narrazione a ritroso del bellissimo e disperato "Peppermint candy" di Lee Chang-dong  serviva a trapassare come un dardo le viscere di vent'anni di storia coreana, partendo dalle conclusioni per risalire progressivamente alle cause. La riflessione sul tempo nel cinema coreano si è spesso collegata al ripensamento sulla propria storia, sulle proprie radici. Il regista Im Kwon-taek lungo una carriera iniziata nel 1962 si è impegnato in opere che facessero da ponte artistico tra il presente e la memoria socio-culturale del proprio paese, diventando uno dei padri putativi di questa cinematografia. In tal senso va letto anche "Beyond the years", la cui narrazione è votata al ricordo e al flashback, per disegnare la traiettoria umana e sentimentale dell'amore impossibile, ad alta intensità melodrammatica, tra Dong-ho e Song-hwa. In questa fluttuazione della memoria, in cui anche il montaggio sembra confondersi, Im usa scorci paesaggistici che sembrano proiettare lo stato d'animo dei protagonisti, una vivida scenografia che cambia col passare del tempo.

Quando Dong-ho ripercorre la strada per Seonhak comincia a rivedersi da bambino, insieme al padre Yubong Yong e alla sorellastra: si aprono davanti a lui i ricordi di un mondo passato, in equilibro armonico tra sogno e cruda realtà. Adesso, però, nella taverna vicino al villaggio non si ferma più nessuno, il lago è stato prosciugato, il pino, albero simbolo di quel paesaggio, ha ceduto.
Giunto alla taverna di Yong-taek, figlio del vecchio padrone e antico rivale in amore del protagonista, Dong-ho comincia a raccontare gli avvenimenti che l'hanno portato a quel viaggio: come contrappunto Yong-taek può offrire preziosi resoconti che lui non conosce. Il centro nevralgico dei loro ricordi è Song-hwa, la sorellastra di Dong-ho, cantante di pansori divenuta cieca, forse, proprio a causa del padre. Il Pansori (canto tradizionale che unisce voce e percussioni) è infatti un'arte la cui espressività si fa più intensa grazie alle sofferenze interiori dell'interprete: il fatto di essere cieca poteva rendere Song-hwa una cantante perfetta. Sullo sfondo non solo un paesaggio che va inaridendosi, ma una realtà distante dallo struggimento passionale dei personaggi che attraversa gli anni con intatta potenza, astraendosi da un contesto immobile e rarefatto: le sequenze di uno dei pochi momenti in cui i due amanti si ritrovano e possono camminare fianco a fianco hanno come fondali paesaggi naturali altamente suggestivi; ed è forte e straziante la scena in cui Song-hwa tenta di tonificare la voce, parzialmente rovinata, cantando sotto una cascata.

La pellicola numero cento di Im non può d'altra parte nascondere -  checché ne dica l'autore - lo stretto legame che ha con "Seopyeonje", film del 1993 di grande successo in patria, che iniziò a far scoprire in Europa quest'autore e la cinematografia coreana. Infatti al centro di entrambi i film vi sta una cantante di pansori, interpretata dalla stessa attrice, Oh Jung-hae: anche nel film del '93 un protagonista di nome Dong-ho è alla disperata ricerca del suo perduto amore. Im gioca quindi a un riposizionamento temporale delle vicende e a un confronto speculare, in un film che seppur con qualche momento di stanca vuole riassumere i nodi focali del cinema di Im. Un cinema dove l'arte sovrasta gli uomini, che cercano di aggrapparsi disperatamente ai loro sentimenti, unico rifugio in mezzo al caos e al disagio generato dalla società. La Corea qui ritratta ha infatti prodotto figli sradicati: sia Dong-ho che Song-hwa sono orfani, e quest'ultima scoprirà di aver perso i genitori dopo un'azione ritorsiva dell'esercito, per disperdere un nucleo di partigiani annidatosi in un villaggio.

Il film si chiude con la romantica illusione di poter suonare ancora il tamburo per l'amata Song-hwa, di una musica il cui suono, librandosi nell'aria,  può unire gli spiriti di due persone fisicamente separate per sempre.

"Beyond the years" è stato presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2007. Rimasto inedito, è stato trasmesso in prima visione tv l'11 Marzo 2011 su Rai Tre all'interno di Fuori orario.


13/03/2011

Cast e credits

cast:
Jo Hyeon-jae, Oh Jung-hae, Oh Seung-eun, Ryoo Seung-yong


regia:
Im Kwon-taek


titolo originale:
Cheon Nyeon Hak


distribuzione:
Bim


durata:
106'


sceneggiatura:
Im Kwon-taek; Lee Chung-Joon


fotografia:
Jung Il-sung


scenografie:
Park So-hui


montaggio:
Park Sun-duk


musiche:
Ryo Kunihiko


Trama
La struggente storia d'amore tra una cantante di pansori e un giovane, anche lui musicista: i due, pur non essendo realmente imparentati, sono stati cresciuti come fratello e sorella.